L’Accordo di pace firmato mercoledì in Sud Africa fra il governo etiope e i rappresentanti delle forze militari del Tigray tira una chiara linea di demarcazione fra vincitori e vinti. Adis Abeba e il suo presidente Abiy portano a casa il controllo totale del Tigray e delle sue infrastrutture da parte dell’esercito federale etiope e delle forze di sicurezza.
Le forze militari del Tigray sono chiamate a deporre le armi entro trenta giorni dalla firma di un Accordo che è stato sbandierato ai quattro venti, ma non è stato ancora reso noto (il NYT ne ha ottenuto una copia). Poco prima dell’inizio di pace le truppe di Adis Abeba avevano preso possesso di diverse città della regione del Tigray, mettendo sostanzialmente i rappresentanti di quest’ultima con le spalle al muro.
Più che di pace, si potrebbe parlare di capitolazione – una capitolazione, però, che sarà difficile da far digerire a chi ha combattuto per due anni contro l’esercito etiope in una guerra che ha provocato migliaia di morti e creato milioni di profughi. Consegnare le armi, poi, a un esercito che a detta di osservatori esterni e dell’ONU ha compiuto, nel corso della guerra, atrocità che rasentano crimini di guerra, non sarà gesto facile da compiere – se qualcosa del genere avverrà effettivamente.
Se l’Accordo, con tutto il suo sbilanciamento, potrebbe garantire Adis Abeba sul versante del Tigray, il presidente Abiy si trova comunque a dover far fronte a tutta una serie di tensioni etniche che attraversano il paese e ne minano la fragile architettura federale (anch’essa modellata seguendo le etnie che compongono il paese).
Il governo federale etiope, sempre secondo l’Accordo, dovrebbe emendare la dicitura di “gruppo terrorista” per quanto concerne il Fronte della liberazione popolare del Tigray – che rappresenta la leadership politica della regione. Creando così un partner a cui riferirsi se la pace diventasse effettiva.
A destabilizzare questa prospettiva è l’assenza dai negoziati di pace di due importanti alleati del governo di Abyi nella guerra contro le truppe del Tigray: l’Eritrea e il Movimento nazionale di Amhara (regione dell’Etiopia confinante col Tigray e in conflitto con essa per via dei confini).
Una pace di cui l’Etiopia ha assoluto bisogno per riprendersi dalla crisi economica, cercare di limitare l’erosione della coesione nazionale e riacquistare un ruolo politico in questo pezzo d’Africa.