Transnistria: un nuovo fronte nella guerra in Ucraina?

di:

ruaro

Giovedì 20 giugno 2024, alle otto del mattino, orario di Chişinău, sono salita a bordo di una macchina con targa moldava e mi sono diretta verso Est.

Dopo un paio d’ore di tragitto, tra le rigogliose campagne e i pittoreschi villaggi della Moldavia, ho raggiunto una frontiera: quella tra Moldavia e Transnistria, per poi inoltrarmi nella Repubblica separatista di Transnistria, considerata una “piccola Russia” o il “buco nero d’Europa”.

La presenza russa sul territorio, le ideologie condivise tra la “piccola Russia” e la Grande Madre Russia, la volontà della Transnistria di far parte di quest’ultima e l’assenza di ambasciate sul suo territorio, dovuta al fatto che è uno Stato non riconosciuto, sono i principali motivi per i quali i Governi occidentali sconsigliano di visitare la zona. Io, però, spinta dal mio amore per queste aree e dalla curiosità, ho deciso di andarci e ora sono qui a raccontarvi.

Affascinante e indipendente

La Transnistria – in russo, Pridnestrovie – è uno dei luoghi più affascinanti che io abbia mai visitato, un luogo nel quale il tempo sembra essersi fermato e la storia cristallizzata. Questa striscia di terra di 4.163 km², situata nell’estremo est moldavo, al di là del fiume Dnestr e al confine con l’Ucraina, si configura come un museo a cielo aperto che racconta la storia dell’Unione Sovietica e della lotta che negli anni ’90 il paese ha condotto per ottenere la propria indipendenza, che però non ha mai raggiunto totalmente.

La Repubblica di Pridnestrovie, infatti, è un territorio che appartiene de iure alla Repubblica di Moldavia, e per questo non è riconosciuta da nessuno stato dell’ONU, ma è de facto uno Stato indipendente, con un suo Parlamento; una sua capitale, Tiraspol; una sua moneta, il rublo transnistriano; le sue leggi e un suo esercito.

I cittadini di questo “quasi-stato” sono per il 90% russofoni e l’intero territorio è strettamente legato alla Federazione Russa, che sostiene la Transnistria a livello militare, economico ed energetico.

La presenza russa è evidente a chiunque metta piede al di là della frontiera. Al controllo passaporti ci si trova davanti all’esercito russo, il quale lavora in simbiosi con quello transnistriano. Passeggiando per le vie delle città, si possono vedere decine di attività differenti come benzinai, supermercati, attività edili, lo stadio e la squadra calcistica, tutte riconducibili alla medesima società, la Sheriff.

Sheriff è una società fondata da due ex membri del KGB, Viktor Gushan e Ilya Kazmaly, i quali, in seguito alla dissoluzione dell’URSS, fecero fortuna proprio in Transnistria arrivando a possedere, ad oggi, più della metà delle attività del paese.

La presenza russa è, infine, suggellata dall’esistenza nel nord-est del paese, a Cobasna, del più grande deposito di armi dell’ex Unione Sovietica, nonché il più grande dell’Europa orientale, oggi appartenente alla Russia.

Una popolazione legata alle tradizioni

Sebbene quanto raccontato possa spaventare, posso testimoniare che la Repubblica di Pridnestrovie non è un luogo nel quale le persone passeggiano imbracciando un fucile e inneggiando alla distruzione del popolo ucraino, come spesso ci viene fantasiosamente fatto credere.

Nella realtà, è un luogo dove le babushke, con i loro foulard fioriti, si recano giornalmente a lasciare fiori ai piedi dei monumenti dei caduti nel conflitto degli anni ’90, o nelle splendide chiese ortodosse ad accendere candele come dono e preghiera per i propri defunti.

È un paese nel quale il souvenir più popolare è un’icona, perché l’attaccamento alle tradizioni e al sentimento religioso sono i fondamenti di questo Stato, e in cui, nonostante la sua estrema povertà, le persone amano la propria terra, la propria storia, la propria cultura e le proprie tradizioni… Non solo le amano, ma ne vanno fieri. È un luogo in cui, nonostante nel corso della propria giovane vita – poco più di vent’anni –, sia aleggiato un clima di tensione e di ostilità costante, le persone non pensano e non vogliono la guerra. Basta chiederlo ai moldavi che frequentano assiduamente l’area.

Timori fondati o eccessivi?

I timori di cui sentiamo parlare più spesso legati alla Transnistria, sono prevalentemente due:

  • il primo, è che la Russia possa aprire un nuovo fronte di guerra nel conflitto con l’Ucraina, proprio dalla Transnistria, così da accerchiare il paese;
  • il secondo, è che l’Ucraina possa attaccare la Transnistria e che, di conseguenza, il conflitto si allarghi.

Quest’ultima preoccupazione scaturisce da episodi come quello del “drone kamikaze” ucraino che qualche mese fa si sarebbe abbattuto sulla base di Cobasna, un avvenimento confermato da Transnistria e Russia e smentito dagli alti comandi ucraini.

Naturalmente, nessuna di queste due possibilità può essere esclusa a priori o con totale certezza. Ma, dopo essere stata sul luogo e aver parlato con le persone del posto, posso riportarvi il loro pensiero e, sulla base di ricerche e di studi, posso spiegare perché queste due ipotesi siano molto deboli.

Per quanto concerne la prima preoccupazione – l’apertura di un nuovo fronte –, le persone del luogo sono piuttosto scettiche, vogliono pace, sicurezza e stabilità, una verità riportata anche da altre inchieste, interviste e articoli, come quello di Ukrainska Pravda. Questo desiderio di pace è dovuto anche al fatto che molti cittadini della Transnistria hanno origini miste o parenti e amici che vivono sia in Russia sia in Ucraina.

Inoltre – ed è il secondo timore –, anche l’eventualità che la Transnistria possa attaccare le aree a ovest dell’Ucraina o la città di Odessa, in virtù della presenza dell’arsenale sovietico e dei soldati russi presenti sul territorio, è molto lontana.

Sul territorio transnistriano sono presenti due eserciti: quello transnistriano e quello russo. Il primo, com’è noto, non è adeguatamente preparato e addestrato, soprattutto a un conflitto di questa portata, con armi moderne e sofisticate.

L’esercito russo, invece, è composto da un numero ridotto di soldati, circa duemila, e la sua presenza è legata prevalentemente alla difesa della base di Cobasna e all’armamento sovietico custodito al suo interno.

L’eventualità che Mosca rinvigorisca l’esercito in Pridnestrovie mandando altri soldati è labile, poiché il processo risulterebbe complicato e comprometterebbe i rapporti con la vicina Moldavia, paese che, per quanto abbia condannato dal primo giorno gli eventi in Ucraina, ha anche sempre affermato di non voler far parte della NATO, tematica importante per la Russia.

L’ultimo fattore preso in considerazione è la presenza dell’arsenale sovietico, deposito di un armamento che – come ha dichiarato l’ex ministro della Difesa moldava, Anatol Salaru – è ormai obsoleto e inutilizzabile in una guerra moderna.

La presenza dell’arsenale sovietico

La paura, invece, che Tiraspol, la capitale della Transnistria, possa essere attaccata seriamente e su larga scala da Kiev, risulta improbabile essenzialmente per due motivi.

Il primo motivo è legato alla presenza dell’arsenale sovietico. Difatti, è vero che quelle armi sono ormai troppo vecchie per essere utilizzare in un conflitto armato, ma è altrettanto vero che costituirebbero un’enorme minaccia e un problema serio nel caso in cui un attacco colpisse la base di Cobasna. Un’eventuale, deliberata e organizzata aggressione alla base potrebbe danneggiare sì l’armamento, ma potrebbe anche portare alla distruzione l’area che lo circonda e causare enormi problemi ambientali, anche in territorio ucraino.

Il secondo motivo è legato al fatto che la Transnistria è de facto indipendente, ma de iure è parte integrante della Moldavia. Di conseguenza, un attacco alla Transnistria sarebbe a tutti gli effetti un attacco alla Moldavia, nonché un ampliamento del conflitto.

Pridnestrovie è sicuramente un avamposto importante per la Russia ed è, altrettanto sicuramente, un territorio più vicino alle ideologie di Mosca, piuttosto che a quelle di Washington, ma è anche un territorio che attraversa molti problemi: sociali, economici e di sicurezza, e che non sarebbe in grado di affrontare uno scontro armato come quello che si sta verificando in Ucraina, né per uomini né per risorse.

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