Il problema attuale della Tunisia viene da lontano e dalla vecchia contesa europea e in particolare tra Francia e Italia sul Nord Africa. Ma quella storia non c’è più, mentre ne è cominciata un’altra completamente diversa che ha bisogno di soluzioni e di idee anche diverse.
La Francia occupò la Tunisia in contrasto con le ambizioni italiane alla fine dell’800. Roma allora si sentì tradita dalla Francia poiché la presenza a Tunisi italiana e in particolare siciliana, era molto maggiore e più antica di quella di quella francese. Ma in quel frangente la Gran Bretagna, che occupava Malta strappata al regno delle due Sicilie durante le guerre napoleoniche, appoggiò le mire di Parigi. Londra temeva che Roma controllando Tunisia e Sicilia avrebbe messo in difficoltà il suo stesso possesso di Malta, per secoli parte del dominio siciliano e da meno di un secolo in mano britannica.
In compenso nel 1911 all’Italia venne concesso di occupare la Libia e il Dodecanneso strappandolo all’impero turco. La disputa sul Nord Africa non finì lì perché le ambizioni italiane in Libia si allargarono durante il regime fascista mettendo sotto pressione sia la presenza francese a ovest sia quella inglese in Egitto ad est.
La fine della seconda guerra mondiale segnò anche la fine dei sogni coloniali italiani. Mentre così la presenza italiana in Libia si diluiva con gli anni, quella francese in Tunisia e in Algeria rimaneva forte. In Nord Africa e in tutto il Medioriente in quegli anni cominciava anche il grande gioco del petrolio dove l’Italia era in ritardo e giocava con l’Agip un ruolo inseguitore.
La lotta di indipendenza dell’Algeria dalla Francia negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso fu importante. La Francia vinse militarmente la guerra in Algeria ma la perse politicamente poiché fu costretta alla fine a concedere l’indipendenza. L’Italia in quel frangente si mosse in modo ambiguo, appoggiando ufficialmente la Francia ma anche sostenendo gli indipendentisti algerini. Con il senno di poi probabilmente il ritiro dall’Algeria fu forse una fortuna per Parigi. Con l’Algeria ancora parte della Francia, i voti algerini di oggi sarebbero dominanti nella democrazia francese e di fatto la Francia si sarebbe governata da Algeri.
Tutto questo è però storia antica, quando contese tra pochi Stati europei determinavano il futuro di tutto il mondo. Oggi il Mediterraneo non è più un lago dei giochi europei occidentali. In Africa settentrionale si è riaffacciata la Russia, dopo oltre vent’anni di assenza dalla fine della guerra fredda. A distanza praticamente di un secolo la Turchia è tornata a guardare a occidente il Mediterraneo, non solo a est e nord verso l’URSS come aveva fatto per tutta la guerra fredda.
Ankara ha ristabilito una sua presenza in Siria, che aveva perso con la prima guerra mondiale ed è anche tornata in Libia, da cui era uscita nel 1912.
La Cina per le sue Vie della seta si interessa per la prima volta nel Mediterraneo. L’Africa Sub Sahariana, modestamente arricchita dai nuovi investimenti cinesi nel continente e più popolosa grazie a politiche sanitarie efficaci, cerca di attraversare il deserto e il mare per approdare in Europa.
In questa situazione il perdurante caos libico è una fonte di instabilità profonda e gravissima per tutti i paesi della regione. Non possiamo prenderci in giro: la crisi tunisina di oggi deriva dal caos libico perdurante da anni. Le infiltrazioni di milizie libiche a sud della Tunisia, i traffici di ogni genere che passano per il confine poroso tra i due paesi inquinano da anni la stabilità della fragile democrazia tunisina. Non possiamo meravigliarci dei disordini in Tunisia oggi. Dobbiamo meravigliarci e congratularci per la capacità della Tunisia di resistere fino ad oggi.
Né possiamo illuderci che la sfida alla democrazia e alla stabilità tunisina finisca lì. L’instabilità della Tunisia è destinata come una malattia infettiva, come il Covid, a contagiare i paesi vicini. Il primo della lista è senza illusioni l’Italia, perché a differenza della pur debolissima Algeria, è nel mezzo di una profonda crisi di identità.
L’Algeria sta combattendo ormai da decenni con forme insurrezionali islamiche e sembra aver trovato, pur in una tensione interna continua, una forma comunque di stabilità. L’Italia invece è percorsa da tensioni profondissime e contagi tunisini di varia natura ne metterebbero a repentaglio il fragile quadro istituzionale e democratico.
Occorre quindi pensare a un piano per salvare la Tunisia insieme a Francia e USA perché lì si salva l’Italia. Ma questo non si limita né si può limitare alla sola Tunisia. Bisogna ripensare la geografia politica del Nord Africa.
Un pezzo di questo ragionamento è anche ripensare il futuro di quel territorio che in Italia si continua a chiamare Libia ma che oggi è frantumato in decine di spazi mobili come le milizie peregrinanti che lo controllano.
Questa ridefinizione non può essere compiuta dall’Italia o dalla Francia da sola. Occorre un’idea complessiva dell’Europa sul futuro del Nord Africa che dia un’occasione a paesi fondamentali della regione come Egitto, Tunisia o Algeria, di pianificare un futuro, un futuro stabile.