Turchia: caccia ai profughi siriani

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Arrivano voci terrificanti: sono documentate e quindi plausibili e si collegano purtroppo ai gravissimi incidenti che hanno visto in queste ore in Turchia decine e decine di incendi appiccati a case o negozi di immigrati siriani, portando a 68 arresti nelle ore trascorse. Se questo è il sicuro contesto, le voci cui facciamo riferimento denunciano retate di profughi siriani. Con o senza documenti, i siriani verrebbero fermati e deportati nel nord della Siria controllato dai turchi, da dove Erdogan potrebbe ritirarsi sulla scorta di un accordo da siglare con Assad, ponendo così termine alla guerra che i “due” si sono ferocemente combattuti sin dal 2011: controllo siriano fino ai confini in cambio di 3 milioni di profughi.

Erdogan – fattosi paladino dei sunniti contro il despota siriano – ora li caccerebbe e si accorderebbe “alla pari” nel più abietto dei modi, mostrando al mondo che gli ha creduto che il suo trasporto per la causa sunnita era ed è soltanto un calcolo di potere.

Mediato da Putin, un accordo tra Erdogan e Assad è oggetto di chiacchiere da anni: ma ora sembra proprio che ci siamo! Il summit a due sarebbe imminente.

Le immagini che si possono vedere qui sopra, girate di sera nel deserto urbano di una terrorizzata Gazantiep, in Turchia, dimostrano l’uso di mezzi di proprietà dell’agenzia governativa che si occupa di migranti, impiegati – sembra proprio – non per soccorrerli bensì per l’orribile servizio. Certo è che ci sono appelli pubblici di numerose associazioni turche che chiedono l’espulsione di 400.000 siriani da Gazantiep.

Ci vorrebbe qualche inviato sul posto per capire cosa sta accadendo e quali siano le dimensioni del fenomeno, ma i tanti fronti bellici aperti – e la costante disattenzione al dramma siriano – rende a dir poco improbabile questa ipotesi.

Dopo aver incassato miliardi di dollari dall’Unione Europea per trattenere i milioni di siriani in fuga dalle purghe di Assad – che avrebbero avuto diritto di asilo in Europa – ora Erdogan li vorrebbe cacciare per risalire la china elettorale. La gente in Turchia – come noi europei del resto – non vuole ospitare i siriani, di fronte alle ristrettezze economiche che la folle politica economica di Erdogan ha imposto a tutti i suoi cittadini.  Ecco allora che il mondo del volontariato presente in Turchia sta preparando un appello all’Europa, ricordandole i suoi doveri, quale finanziatore della Turchia.

Un lento processo di deportazione di massa avrebbe certamente effetti a catena – di catastrofe – anche in Libano, ove altri milioni di disperati siriani hanno trovato riparo. Come ho scritto qui, alla stessa stregua, le genti del Libano vogliono rimandare “a casa” i profughi, prostrate, come sono, da anni di ruberie che hanno ridotto al lastrico un Paese che è stato ricco fino a pochi anni fa.

In Turchia come in Libano i profughi sono il perfetto capro espiatorio di due classi dirigenti scellerate, che hanno dissipato miliardi e ingenerato una guerra tra poveri che, ora, non conosce più limiti verbali e fisici, neppure quelli del più bieco razzismo. Poi, certamente, è scontato che nella marea umana di profughi, tenuti ai margini del mondo, si trovi pure il malaffare, la violenza e tanto altro.

Nel mentre, Assad – per cui la magistratura francese ha spiccato un mandato di cattura internazionale per crimini contro l’umanità (qui) –  si ritrova, coi suoi disegni, una carta preziosa tra le mani. Se l’accordo con Erdogan dovesse produrre il ristabilimento delle relazioni diplomatiche e l’apertura al rimpatrio dei profughi – sulla cui brutta fine non ci sono dubbi – sul versante libanese si giocherebbe un’altra fortunata partita, per lui: col ritorno dei profughi e l’impedimento della emigrazione verso l’Europa, potrebbero riaprirsi tutte le ambasciate europee a Damasco, sigillando la piena riabilitazione del satrapo.

Ancora si dirà che tutto avviene in funzione “antiterroristica”, parola magica con cui si è giustificata e si giustifica ogni atrocità. Eppure, proprio i terroristi, ad esempio quelli di Hezbollah, sono gli artefici e i beneficiari del traffico di esseri umani che l’Antiterrorismo – quella dei vari Paesi coinvolti – giustifica e dalla Siria promuove.

Lorenzo Trombetta, sul numero di Limes del 27 maggio scorso, ha esordito così: «I governi di Siria e Libano hanno scelto il valico di Zamrani, passaggio illegale, per favorire il ritorno in patria di duecento rifugiati siriani. Ad accoglierli, militari senza insegne o distintivi e un’istituzione sconosciuta: il probabile ruolo di Hezbollah». Il valico di Zamrani, infatti, è illegale e si trova nel cuore dell’Hezbollastan – cioé la zona tra la valle libanese della Bekaa e il Qalamun siriano – ove nulla accade se non autorizzato da Hezbollah.

La guerra di Siria, ormai da noi dimenticata per il sopraggiungere delle altre guerre, finirà, così, per sancire la vittoria dello Stato criminale che Assad-figlio incarna dal 2011?

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