Il Consiglio di stato, cioè il supremo tribunale amministrativo turco, ha deciso il 2 luglio sul futuro della basilica Santa Sofia (Hagia Sophia) di Istanbul demandando la decisione alla presidenza della Repubblica, cioè a Recep Tayyip Erdogan. A parere dei giudici amministrativi, il decreto del 1943 di Mustafa Kemal Atatürk che trasformava la basilica da moschea (era diventata tale nel 1453 con l’occupazione degli ottomani del sultano Mehmet II) in museo era legittimo e la sua firma vera.
I due elementi giuridici su cui si basavano gli argomenti degli esponenti nazional-islamisti per chiedere la trasformazione in moschea non sono stati riconosciuti validi. Ma i giudici hanno contestualmente detto che l’attuale presidenza può cambiare quel decreto e quindi intestarsi la decisione. Hanno dato così luce verde a una decisione che Erdogan ha più volte auspicato.
Mettere mano al simbolo più prestigioso del cristianesimo orientale (e non solo), se ha trovato grande consenso nell’opinione pubblica turca, ha visto crescere il dissenso internazionale: dalla Chiesa ortodossa greca al metropolita russo Hilarion, dalla Conferenza delle Chiese d’Europa (KEK) all’Unesco. Le voci contrarie più recenti sono state quelle del patriarca Bartolomeo e del segretario di stato americano. Il patriarca di Costantinopoli ha ricordato che Santa Sofia (Hagia Sophia) è un simbolo di cultura universale.
I voti e il simbolo
«Ciò che supera le frontiere di un popolo e dell’epoca che l’ha creato appartiene non solo a quanti possiedono il monumento, ma a tutta l’umanità». «Come museo, Hagia Sophia può continuare ad essere luogo e simbolo di incontro, dialogo e coesistenza pacifica di popoli e culture, alimentando la comprensione reciproca e la solidarietà fra cristianesimo e islam». «L’eventuale trasformazione di Hagia Sophia in moschea deluderà milioni di cristiani nel mondo», allargando una frattura religiosa nel paese e in un mondo che ha bisogno di unità.
Concetti similari quelli espressi dal segretario di stato americano, Mike Pompeo: «Chiediamo al governo turco di continuare a mantenere Hagia Sophia nella sua funzione di museo, come esempio di impegno a rispettare le tradizioni religiose e le diversità storiche che hanno dato forma alla Repubblica turca». Gli Stati Uniti ritengono che un cambiamento di statuto toglierebbe al monumento la sua capacità di «servire l’umanità come punto indispensabile (di congiunzione) fra le differenti tradizioni religiose e culturali».
Erdogan, consapevole del consenso elettorale che otterrebbe trasformando la basilica in moschea, coltiva anche l’ambizione di diventare erede del sultano Mehmet II come difensore dell’islam e di passare alla storia come il protagonista del rovesciamento delle scelte laiche e filo-occidentali di Atatürk. La data possibile del cambiamento di statuto potrebbe essere il 15 luglio in occasione dell’anniversario del fallito golpe del 2016 che tentò di allontanarlo del potere.
Dal punto di vista pratico non dovrebbe cambiare molto. C’è chi prefigura un utilizzo cultuale dell’edificio il venerdì e un libero uso per gli altri giorni della settimana, a servizio dei turisti. Nessuna forza di condizionamento hanno le esigue minoranze religiose cristiane. Forse l’unica voce di peso potrebbe essere quella di Putin. Ma finora non si è sentita.