Li abbiamo chiamati «danni collaterali» (qui): sono gli effetti, non privi di ambiguità e di problematicità, della guerra sulle Chiese cristiane in Ucraina.
Il primo dicembre il presidente ucraino, Volodymir Zelensky, ha annunciato la volontà del governo di controllare e di limitare le attività religiose di comunità e Chiese legate in qualche modo alla Russia che ha invaso il paese.
L’intento delle disposizioni è di azzerare la più importante fonte di influenza russa ancora attiva nel paese che è riconosciuta nella Chiesa ortodossa “filo-russa” del metropolita Onufrio. Con le decisioni contenute nel decreto «garantiamo l’indipendenza spirituale dell’Ucraina» ha detto Zelensky. Il presidente ha cambiato il suo atteggiamento nei confronti della Chiesa di Onufrio.
Molto rispettoso e distante nel momento dell’elezione – al contrario dell’aperta opposizione del suo concorrente Poroshenko, elemento decisivo in ordine alla remissione del tomo di autocefalia alla Chiesa di Epifanio da parte di Costantinopoli – Zelensky si è convinto dei collateralismi culturali della Chiesa “filo-russa” durante la guerra.
Al bando i filo-russi
Il decreto governativo è scandito in sei punti. In essi si prevede di sottomettere al parlamento entro due mesi una legge che impedisca ogni attività in Ucraina da parte di organizzazioni religiose in qualche maniera legate alla Federazione russa.
Inoltre, si decide di legare al governo il servizio statuale delegato alle attività religiose e ai rapporti etnici, quindi non più come autorità autonoma. E, ancora, di procedere a una verifica sui fondamenti legali della gestione di chiese e monasteri, a partire della celebra Lavra delle Grotte di Kiev. Si prevede un’accurata analisi sugli statuti della Chiesa ortodossa “filo-russa” di Onufrio e un controllo sulle ambigue collaborazioni col nemico.
È possibile avviare penalizzazioni economiche a istituzioni e singoli trovati colpevoli di intesa con l’invasore. Non è la prima volta che al parlamento arriva una proposta di legge contro la Chiesa “filo-russa”. Ma ora si è messo il governo, anche sulla base di una petizione di oltre 25.000 firme che rende giuridicamente obbligatorio l’avvio di una procedura parlamentare.
Da parte del metropolita Onufrio e della sua Chiesa (considerata maggioritaria fino all’inizio della guerra) sono state prese decisioni coraggiose.
Ha denunciato da subito l’aggressione russa criticando direttamente Cirillo, ha convocato un concilio locale per affermare l’autonomia rispetto a Mosca, ha censurato quattro vescovi che si erano esposti a favore dei russi, ha modificato gli statuti e ha garantito la fedeltà alla nazione dei 10.000 preti attivi nelle sue diocesi. Fino a decidere di consacrare il sacro crisma a Kiev, rifiutando anche in questo il legame con Mosca.
I sospetti delle altre Chiese
Ma gli oltre 300 interventi della polizia segreta nazionale in molti monasteri e diverse diocesi avrebbero dimostrato contatti sistematici con i servizi segreti russi e il possesso di numerose pubblicazioni favorevoli all’ideologia del “mondo russo”, propugnato dal patriarca di Mosca e dal presidente Putin. I preti e i vescovi dei territori occupati hanno ampiamente collaborato con l’esercito invasore ben oltre il loro dovere pastorale.
Una trentina di preti sono a processo, accusati di sostegno all’invasore. In un recente sondaggio di opinione, la maggioranza della popolazione sarebbe d’accordo con la limitazione delle attività delle Chiese di Onufrio. Del resto, in alcune aree territoriali le autorità amministrative si sono già orientate operativamente in questo senso.
La tradizionale ed evidente protezione russa sulla Chiesa di Onufrio rende sospettose le altre Chiese, in particolare quella autocefala ortodossa e la Chiesa greco-cattolica.
L’organizzazione, alcuni anni fa, di enormi processioni a testimonianza della forza della Chiesa “filo-russa”, la creazione di organismi laicali finanziati a garanzia delle comunità locali, il confronto duro con la Chiesa autocefala con cui Onufrio non ha mai aperto un dialogo, la distanza rispetto alle domande di democrazia e indipendenza ampiamente condivise nella popolazione, rendono oggi molto difficile il dialogo e l’intesa.
La corsa di Onufrio per porre distanza da Mosca non convince del tutto, nonostante la sua credibilità e serietà personale. Finora non ci sono reazioni critiche rispetto alle decisioni governative da parte dei greco-cattolici e della Chiesa autocefala.
Qualche dubbio e le inaccettabili critiche russe
Ma l’intervento del governo e dello stato sulle Chiese e sulla fede di numerose comunità è fonte di inquietudine e non è privo di domande. La responsabile del servizio statale per la libertà religiosa, Elena Bodgan, ha ammonito che interventi censori a confessioni religiose potrebbero provocare la destabilizzazione sociale e si presterebbero a possibili abusi.
La comprensibile emergenza della guerra non dovrebbe arrivare a tanto, pur tenendo conto della tradizionale “intesa” fra Ortodossia e poteri locali. Inoltre, ci sono problemi giuridici complessi perché lo legge riconosce le comunità parrocchiali, ma non le istanze superiori che non hanno personalità pubblica. Saranno percorribili le vie amministrative: sospensione o annullamento di contratti di locazione per chiese e monasteri, penalizzazioni economiche a persone e gruppi, controlli amministrativi molto intrusivi ecc.
Non aiutano le sguaiate difese provenienti dalla Chiesa russa. Il portavoce del patriarcato, Vladimir Legoida, ha denunciato la «perdita di ogni buon senso» e la violazione dei diritti proclamati nella Dichiarazione universale.
Peccato che non ci sia una sola voce episcopale russa che mette in dubbio il sostegno acritico di Cirillo alla guerra d’invasione e a tutti i suoi crimini. Per l’ex presidente Dimitry Medvedev, «le autorità ucraine sono diventate nemiche di Cristo e delle fede ortodossa». E di guerra contro la fede ortodossa ha parlato il portavoce di Putin, Dmitry Peskov.
Dall’impasse dei pesanti e comprensibili condizionamenti della guerra in particolare per le Chiese dei territori aggrediti si può uscire con i riferimenti sovranazionali, cioè al patriarca di Costantinopoli e al papa di Roma.
Taraise Petrouniak, arciprete di obbedienza al trono ecumenico, decano del distretto della Spagna meridionale, si è rivolto al rappresentante di Bartolomeo a Kiev, al vescovo Michel di Cumana: «Siamo oggi testimoni di indirizzi arbitrari nei confronti della Chiesa ortodossa ucraina (non autocefala). Coloro che sarebbero deputati a garantire la sicurezza dei cittadini e il rispetto dei diritti costituzionali hanno maltrattato in queste ultime settimane non solo i laici, ma anche i preti e i vescovi. È necessario rendere omaggio all’umiltà cristiana del primate e del gregge della Chiesa ortodossa ucraina (il metropolita Onufrio) che, in tempi tanto difficili continuano a portare con dignità la loro croce con una preghiera silenziosa di azione di grazie, come i protagonisti del vangelo, ponendo la loro speranza unicamente nel Signore».
Sul versante cattolico tocca a papa Francesco sia il sincero sostegno al popolo ucraino ingiustamente aggredito (cf. SettimanaNews, qui) sia evitare di confondere la dirigenza russa con il popolo, di non demonizzare nessuno per salvaguardare il necessario dialogo, di non cancellare gli straordinari valori umanistici custoditi dalla tradizione della Chiesa ortodossa russa.
La guerra può diventare una cattiva maestra anche per coloro che l’hanno dovuta ingiustamente subire.
Dispiace molto per Onufrio, che si è subito schierato contro l’invasione e ha guidato il processo di separazione con Mosca. Spero alla fine il governo ucraino si limiti ad azioni simboliche