Dal 31 dicembre le due chiese maggiori della Lavra di Potchaïev e delle Grotte di Kiev sono state sottratte all’autorità religiosa della Chiesa ortodossa filo-russa (non autocefala) dal ministero della cultura del governo ucraino.
Dal 1° gennaio una commissione governativa si dedicherà alla valutazione dell’insieme del complesso monastico (23 ettari e oltre 100 edifici) e determinerà anche i nuovi possibili affittuari. Le due chiese (la principale è quella della “dormizione”) non saranno a disposizione fino al termine dei lavori della commissione.
Immediata la protesta del metropolita responsabile, Pavle Lebed, che denuncia la risoluzione unilaterale del contratto. Ricorda che le due chiese sono stata ricostruite negli anni ’90 dalla Chiesa ortodossa filo-russa (allora egemone), riservando ad essa il loro utilizzo. Anche contro le pretese dell’autoproclamato “patriarcato di Kiev” del vescovo Filarete e, successivamente, dalla Chiesa autocefala del metropolita Epifanio.
Fuori dalle Grotte di Kiev
In un appello al presidente della Repubblica, Volodymir Zelenski, ricorda il comportamento di quanti, esibendo titoli di usufrutto, «arraffano le cose sante, si abbandonano alle risse, sbarrano le chiese… come se non bastassero le tristezze e le calamità del nostro popolo, costretto alla fame, al freddo e alla mancanza di energia elettrica. Volete rubarci anche la fede?».
La vigorosa invettiva rimanda alle persecuzioni della rivoluzione bolscevica: «Oggi riviviamo quanto successe nel 1917. Manca solo che si cominci ad uccidere preti, vescovi e pastori. Stiamo andando verso quell’esito».
Sono la stessa protesta e lo stesso parallelo storico formulati dal sinodo della Chiesa ortodossa russa nella sua riunione del 29 dicembre: «La crescente pressione sulla Chiesa ortodossa ucraina è stata accompagnata da una sfrenata campagna mediatica anti-ecclesiale da parte di importanti politici, funzionari governativi e personaggi pubblici nello spirito della campagna anticristiana del passato regime sovietico».
Ma né il metropolita Pavle e tanto meno i vescovi del Cremlino accennano al fatto che le tensioni attuali in Ucraina sono legate all’aggressione militare sovietica al paese e a uno stato di guerra che trovano pieno appoggio nel patriarca di Mosca, Cirillo. Pavle è uno dei 14 gerarchi colpiti da severe sanzioni amministrative, mentre 33 preti sono alla sbarra per collaborazionismo.
Chiesa non autocefala: il pericolo di scomparire
Più discreto il primate della Chiesa filo-russa, Onufrio, che nella relazione annuale al suo sinodo (14 dicembre) ricorda la doppia sfida: l’invasione russa e la sopravvivenza legale delle comunità (cf. SettimanaNews, qui).
Il dipartimento giuridico della sua Chiesa ha elaborato un lungo testo sui quattro progetti di legge, sottoposti alla valutazione del parlamento, che minacciano la sua Chiesa.
«Attraverso questi progetti c’è un piano per cancellare (n. 7403) lo statuto di organismi senza fine lucrativo delle organizzazioni religiose appartenenti alla Chiesa ortodossa (filo-russa). Poi vengono proposti “passaggi semplificati” – in realtà dei sequestri violenti – delle parrocchie della Chiesa ortodossa (filo-russa) alla Chiesa ortodossa autocefala. Si preannuncia la possibilità di cambiare la dipendenza amministrativa di monasteri e fraternità. La tappa successiva (n. 8012) prevede di togliere alla Chiesa ortodossa (filo-russa) e di trasferire alla Chiesa autocefala le lavre di Potchaïev e delle Grotte di Kiev. E, infine, il progetto di legge 8221 suggerisce l’interdizione della Chiesa ortodossa (filo-russa)».
Il 27 dicembre la Corte costituzionale ha riconosciuto la costituzionalità di una legge del 2018 che prevede il cambiamento di nome della Chiesa non autocefala, con l’esplicito riferimento al suo rapporto con Mosca.
Il ventre molle
Il collaborazionismo con i russi è una delle inquietudini maggiori per il governo e l’esercito ucraino, teso alla spasimo per resistere all’aggressione. La Chiesa di Onufrio rappresenterebbe il “ventre molle” della resilienza del paese. Sono oltre 300 gli interventi dei servizi di sicurezza su istituzioni ed edifici ad essa appartenenti.
Il materiale sequestrato (libri, manifesti, passaporti, registrazioni, simboli di partiti fuori legge ecc.) mostrerebbe un collateralismo inquietante con le forze di occupazione. Uno dei travestimenti più efficaci delle spie russe sono i panni dei monaci. Hanno fatto impressione alcuni casi come quello del prete Andriy Pavlenko che, mentre visitava i feriti ucraini, passava informazioni precise all’esercito invasore sui mezzi e numeri delle truppe ucraine operanti nei paraggi.
In senso opposto, un prete di Kherson, che durante l’occupazione russa non ha chiuso la mensa per i poveri, rifiutando di far confluire il servizio nei programmi di aiuto dipendenti dall’autorità russa, è stato scomunicato dalla locale autorità della Chiesa filo-russa. Un clima che appanna i contorni dei fatti e rende possibili decisioni ambigue come la rimozione della “garantista” Olena Bogdan dal ruolo di autorità indipendente per l’etnopolitica e la libertà di coscienza.
Il messianismo di Cirillo
Non contribuisce certo alla chiarezza la reiterata e inaccettabile identificazione da parte del patriarca di Mosca, Cirillo, della Russia e del potere di Putin come il nuovo «messia». Confondendo le truppe sovietiche con i principi guerrieri del passato è tornato ad affermarla nel sermone del 1° gennaio:
«Questa è la sorte che è caduta sulla nostra patria. Un tempo fu la Russia a salvare il mondo dalla terribile piaga del fascismo. Grazie alle vittime della Russia fu raggiunta la vittoria. Forse oggi il Signore, senza chiamarci a sacrifici così terribili, ci invita a fare in modo che, con la nostra vita spirituale, la nostra fede, l’unione della fede con la conoscenza, la penetrazione della fede in tutte le sfere della vita pubblica, aiutiamo anche il mondo a trovare la salvezza come abbiamo fatto noi sconfiggendo il fascismo. E, forse, il Signore sceglie di nuovo la nostra patria, verso la quale si rivolgono oggi gli sguardi rabbiosi e feroci di chi non condivide le nostre convinzioni, che ci è estraneo sia nella fede che nei principi morali della vita».
Non stupisce che in una recente inchiesta di un istituto internazionale di ricerca sociale (KIIS) il 78% degli ucraini sostenga che il governo deve intervenire in un modo o nell’altro sulla Chiesa ortodossa filo-russa. Per il 54% essa dovrebbe essere cancellata. Un altro 24% non prevede un divieto totale, ma un controllo da parte dello stato. Solo il 12% ritiene che non si deve fare nulla, limitandosi a perseguire i singoli casi di reato.
Le percentuali non sono omogenee sull’insieme del paese. Nelle aree dell’Est, tradizionalmente più prossime alla Russia, le percentuali variano. Ma anche lì rimane il 48% a sostenere il divieto totale per la Chiesa filo-russa.
La mossa di reprimere la Chiesa ucraina filorussa mi sembra ingiusto e controproducente, ance se sicuramente vanno controllati. Ho comunque un’osservazione: perché non c’è stato eguale clamore quando la Russia in Crimea ha sequestrato buona parte delle Chiese degli ortodossi autocefali ucraini in Crimea? O ha cercato di deucrainizzare i greco-cattolici in Crimea? O ha perseguitato i gruppi protestanti in Donbass, arrivando anche a massacrarne 4 a Sloviansk?