Martedì, 22 novembre, i servizi segreti ucraini (SBU) hanno avviato una perquisizione nel più importante monastero di Kiev, la Pechersk Lavra, o delle grotte, il centro religioso fondato nel 1051 e collocato sulla riva occidentale del Dnepr.
Riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità, il monastero è anche sede della Chiesa ortodossa filo-russa (metropolita Onufrio).
Qualche giorno prima, durante una liturgia, un prete inneggiava al “risveglio della Russia” con canti della tradizione del “mondo russo”, l’ideologia religiosa che accorpa in una unica comunità culturale-spirituale russi, bielorussi e ucraini.
Il sospetto è quello di collaborazionismo, d’intesa col nemico. «Coloro che, in condizione di guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina – ha detto il responsabile SBU – inneggiano al risveglio della Russia, dovrebbero capire il danno che fanno alla sicurezza e agli interessi dell’Ucraina e dei cittadini. Non lo permetteremo».
I filo-russi nel mirino
Interventi similari sono avvenuti in 350 edifici ecclesiastici, nel monastero femminile di Korets (Rovno) e di Volhynie (Sarny), nei locali amministrativi della diocesi di Sarny. Sono stati avviati 30 procedimenti penali per altrettanti preti. Tutti, istituti e persone, appartenenti alla Chiesa ortodossa del metropolita Onufrio che si oppone alla Chiesa ortodossa autocefala (Epifanio) pur condividendo la condanna della guerra russa e pur avendo preso distanza esplicita rispetto al patriarcato di Mosca.
Tre dei suoi esponenti operanti nei territori occupati dai russi hanno partecipato alla cerimonia del loro accorpamento alla Russia in uno sfarzoso evento al Cremlino.
Tre vescovi (prima della guerra erano un centinaio) sono stati dimessi e sarebbero ora in Russia. Il metropolita Jonathan è stato accusato di attività sovversive che lui nega. È stato difeso dal suo clero.
La difficile situazione della Chiesa filo-russa, a suo tempo favorita e sostenuta dal patriarcato russo, che ha cercato di prendere tutte le distanze possibili da Mosca (ultimamente anche relativamente al crisma per le ordinazioni) è indicata, nell’attuale contesto durissimo di scontro bellico, come il “ventre molle” della resistenza interna.
In un comunicato ufficiale del sinodo del 23 novembre i vescovi lamentano il sospetto del collaborazionismo e denunciano come senza fondamento le accuse rivolte alla loro Chiesa. Difendono il clero che nei territori occupati continua il proprio servizio, denunciano le prassi amministrative che facilitano il passaggio alla Chiesa autocefala e le dichiarazioni provocatorie di alcuni dirigenti amministrativi. Chiedono imparzialità nei giudizi ancora aperti e pretendono che il loro clero sia coinvolto nel servizio pastorale ai soldati in guerra.
È stato depositato in parlamento un nuovo progetto di legge che impedirebbe ogni attività per Chiese che abbiano un qualsiasi legame di subordinazione con Mosca nell’ambito canonico, organizzativo o simili. Se approvata, questa legge significherebbe la chiusura legale della Chiesa filo-russa.
Difese non richieste
A sua difesa sono sorte diverse voci – probabilmente non richieste e con esiti contraddittori – dalla Russia.
Il portavoce del Cremlino, Dimitry Peskov, ha denunciato la «catena di azioni militari contro l’ortodossia russa».
Il consigliere del patriarca Cirillo, Nicolas Balashov, si è scagliato contro il progetto di legge, accusando i suoi promotori di confondere la Chiesa con l’opposizione politica e garantendo la fedeltà dei credenti a Onufrio.
Il vicepresidente del Consiglio mondiale russo, A.V. Shchipkov, ha paragonato l’altra Chiesa ortodossa ucraina ai “novatori” che, nel mezzo della rivoluzione bolscevica negli anni ’20 del secolo scorso, promossero lo scisma, d’intesa con il potere sovietico ateo.
Il responsabile della comunicazione del patriarcato russo, V.R. Lgoyda, ha definito le perquisizioni un atto di intimidazione: «Come molti altri casi di persecuzione dei credenti in Ucraina a partire dal 2014, queste vessazioni passeranno inosservate a quanti appartengono alle sedicenti comunità internazionali dei diritti umani».