Nei giorni scorsi è stato raggiunto un accordo tra Unione Europea e Germania che, pur derogando all’obbligo – già di per sé stabilito dal Parlamento UE in vista del 2035 – della sola nuova produzione di autoveicoli a motore elettrico nell’Unione, impone che i nuovi motori a combustione interna impieghino esclusivamente “combustibili sintetici”. Resterà pertanto escluso l’impiego di biocombustibili sostenuto dall’Italia. Abbiamo chiesto al Professor Gianfranco Pacchioni – docente di chimica all’Università Milano-Bicocca – di chiarire, specie dal punto di vista dell’impatto ambientale, i termini della questione e della disputa. Le domande sono poste da Giordano Cavallari.
- Professore, può spiegare cosa sono i combustibili sintetici?
I combustibili sintetici, o e-fuels, sono prodotti da reazioni chimiche in impianti di catalisi industriale partendo da CO2, che va in qualche modo recuperata da processi di combustione o produzione industriale (acciaierie, cementifici, ecc.). La CO2 viene fatta reagire con idrogeno verde, H2, ossia idrogeno ottenuto per idrolisi dell’acqua utilizzando fonti rinnovabili.
La caratteristica degli e-fuels è che l’input energetico necessario per convertire la CO2 in combustibili deve provenire da fonti rinnovabili o da riutilizzo di calore prodotto nell’impianto, in modo che tutto sia alla fine a tasso di emissioni CO2 pari a zero o comunque molto basso.
Se i combustibili così ottenuti vengono poi riutilizzati in motori termici, è chiaro che viene comunque rilascia CO2 nell’ambiente, ma il tutto avviene all’interno di un ciclo chiuso, oggi diremmo di economia circolare. Ovviamente ciò non migliora – anche se non peggiora – la qualità dell’aria, stante che i gas di scarico prodotti sono sostanzialmente gli stessi determinati da gasolio o benzina.
Le tecnologie per produrre e-fuels ci sono e sono migliorabili, ma al momento attuale sono molto energivore per cui i combustibili prodotti per questa via sono anche 10 volte più costosi di quelli ottenuti partendo da combustibili fossili. Ma attenzione: in questi conti economici non viene mai considerato quello ambientale, che per i combustibili fossili è molto elevato, mentre per gli e-fuels sarebbe vicino a zero.
La produzione di un litro di combustibile sintetico richiede fino a 27 kWh di elettricità, cinque volte di più rispetto all’utilizzo diretto dell’elettricità. Le auto elettriche raggiungono l’80% di efficienza, mentre gli e-fuel raggiungono il 10-15%. In altre parole, le batterie sfruttano meglio l’energia. Ma anche le batterie vanno prodotte, le materie prime di cui sono fatte vanno estratte, le infrastrutture per alimentare un miliardo e mezzo di autoveicoli al mondo vanno create: insomma, si tratta sempre di calcoli difficili, se si vogliono considerare tutte le variabili.
- Perché la Germania ha insistito per i combustibili sintetici?
Perché la Germania abbia molto spinto su questa via posso solo dire che la stessa ha grandi impianti industriali e capacità produttiva in questo settore grazie a una industria chimica sviluppatissima. La Germania è in pole position per la transizione verso questi prodotti, avendo a disposizione tutta la filiera.
Ma dietro questa scelta c’è soprattutto l’industria automobilistica, non solo tedesca ovviamente, che in Germania ha una dimensione considerevole e che così avrà più tempo per sviluppare nuovi modelli di auto elettrica.
- Cosa sono invece i bio-combustibili?
I biocombustibili sono ottenuti dalle biomasse: olio di palma, grano, mais, canna da zucchero, ecc. Per fermentazione o trasformazione catalitica possono essere ottenuti diversi tipi biocarburanti, bioetanolo, biodiesel, olii vegetali, biogas. Il problema è che il biocombustibile, per essere prodotto, necessita di ampie aree destinate a coltivazione agricola, un processo che compete con quello della produzione agricola-alimentare.
La via è dunque quella di produrre biocombustibili solo da scarti di lavorazione: legname, residui di coltivazioni, scarti vegetali o alimentari. Le tecnologie per questo tipo di processi ci sono, anche se vanno migliorate. Ma proprio perché si parte da scarti di lavorazione, la produzione di biocombustibili non è facilmente scalabile verso l’alto, ossia verso produzioni più massicce.
- Perché l’Italia insiste sui bio-combustibili?
La scelta italiana credo sia legata alle scelte dell’ENI che ha investito molto in questo settore. Per esempio nel 2019, a Gela, è stato inaugurato un impianto con una capacità di lavorazione fino a 750.000 tonnellate annue di bio-combustibili, capace di trattare oli vegetali usati per produrre biocombustibili per aerei.
La bioraffineria di Venezia, a Porto Marghera, in funzione dal 2014, è il primo esempio al mondo di conversione di una raffineria di petrolio in bioraffineria per la produzione di biocarburanti idrogenati. Da fine 2022 questi sono ottenuti solo da materie prime di origine biologica di scarto, mentre sino ad allora veniva utilizzato olio di palma.
- Perché, sullo sfondo del confronto, viene sempre evocata la Cina? Cosa c’entra la Cina?
Posso immaginare che le tecnologie degli e-fuels, in cui i Paesi europei sono più avanti, possano ridurre la dipendenza da altre fonti in cui i cinesi hanno il primato, come la produzione di batterie o di altre tecnologie, o dare più tempo agli europei di sviluppare una loro industria di auto elettrica. Ma è solo un’ipotesi.
- Qual è la sua personale valutazione, i termini di benefici ambientali, dell’accordo?
Come dico spesso, non mi convincono i fautori delle soluzioni radicali: solo questa o quella tecnologia. Penso invece che ne andranno sviluppate molte, parallelamente, e che ognuna possa dare il proprio contributo, più o meno grande. Non credo che vedremo gli aeroplani volare grazie alle batterie: per quel tipo di trasporto serviranno gli e-fuels, oppure, un giorno, l’idrogeno.
Se poi faremo viaggiare anche un po’ di automobili con motore termico, non ci vedo la “fine del mondo”: basta che queste non diventino l’alibi per non procedere sulla via di una progressiva e determinata sostituzione dei combustibili fossili. Il rischio è che dietro queste scelte ci siano spinte per rimandare operazioni costose o impopolari. Questo, ovviamente, va evitato in tutti i modi, per il bene dell’ambiente.
Quello su cui dobbiamo comunque puntare senza esitazioni è la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Di questa continueremo ad avere sempre più bisogno, e solo se ne produrremo in quantità sufficiente potremo alimentare altre filiere, incluse quelle per l’autotrasporto a basse emissioni.