La plenaria autunnale dei vescovi americani è stata quasi completamente risucchiata nel vortice del Rapporto McCarrick recentemente pubblicato dalla Santa Sede. A dire il vero, senza nessuno slancio degno di nota – se non un retorico impegno affinché non accada più nulla del genere.
Fino all’ultimo momento, l’esito delle elezioni presidenziali sembrava essere rimasto un non argomento, se non per le dichiarazioni precedenti rilasciate dai singoli vescovi – con alcuni prelati affannati a ricordare che il risultato delle elezioni non era ancora deciso. Prima della plenaria, il presidente della Conferenza episcopale, mons. J. Gomez, aveva pubblicato un comunicato in cui richiamava la necessità di lavorare per l’unità nazionale ed esprimeva un augurio a Biden e alla vice-presidente Harris nel caso la loro elezione venisse definitivamente confermata.
Piccoli, ma significativi, segni del fatto che la maggioranza dei vescovi statunitensi percepisce Biden più come un problema che come un’opportunità – in fin dei conti perché è un cattolico credente e praticante, da un lato, e perché la sua visione complessiva della politica si approssima allo spirito e alla lettera dell’ultima enciclica di papa Francesco Fratelli tutti, dall’altro
Su pressione di un gruppo di vescovi, il presidente della Conferenza episcopale ha annunciato all’ultimo minuto la creazione di un gruppo di lavoro ad hoc per “gestire una situazione difficile e complessa” dovuta alla posizione di Biden rispetto ai diritti delle persone LGBT, all’aborto e alla sovvenzione pubblica per i contraccettivi. Ricordate, ma senza la stessa enfasi, le ragioni di prossimità in materia di riforma delle leggi sull’immigrazione, sui profughi e i poveri, sulla lotta contro il razzismo, sulla pena di morte e sulla questione ecologica.
Due cose sembrano chiare: la Chiesa cattolica statunitense non è in grado di contribuire a quell’auspicato processo di riconciliazione che ponga le basi per la ricostituzione di un minimo di unità nazionale, che viene accollata in toto sulle spalle della nuova amministrazione; se Biden non fosse stato eletto presidente, e se i risultati non venissero ribaltati in altra sede, i vescovi avrebbero potuto dormire sonni più tranquilli. Un esito un po’ misero per quella che era stata, decenni addietro, una delle conferenze episcopali la cui dialettica interna e la cui parola pubblica non erano mai banali – anche se non si era d’accordo.
Per documentarsi direttamente, senza preconcetti o pregiudizi di sorta, il sito ufficiale dei vescovi USA: https://www.usccb.org/events/2020/usccb-fall-general-assembly
e per apprendere le (reali) urgenze dei vescovi:
https://www.usccb.org/newsroom
Può essere che sia solo una mia opinione, temo però che per un numero considerevole di vescovi statunitensi Biden sia un reale imbarazzo. Che papa Francesco abbia telefonato a Biden è una cosa, la posizione dei vescovi USA è un’altra. Quanto a Gomez, non si tratta tanto da quale lato degli schieramenti si ponga, ma di quale leadership è capace. America stessa è tornata sul problema di rendere discriminanti in maniera assoluta uno o due temi obbliganti un intero programma politico. Se c’è una cosa che la Chiesa statunitense non può più fare è di porsi come emblema morale della nazione, facendosi misura di una buona politica.
Il titolo del pezzo rispecchia, ahimé, il contenuto, senza porsi qualche domanda, ma quanto scritto, a mio avviso, rispecchia soltanto le opinioni personali, rispettabilissime, dell’autore: tutt’altro che una cronaca o una descrizione dei fatti, come si vorrebbe far intendere.
Del resto la telefonata diretta di papa Francesco al neoeletto presidente dovrebbe fugare ogni dubbio, o forse l’autore non è così d’accordo non solo con Presidente eletto, ma neppure col pontefice?
In realtà la conferenza episcopale statunitense non è più ostaggio di quei “vescovi guerrieri” che l’avevano in mano negli anni scorsi – gli anni della presidenza Obama per intenderci con la loro feroce avversione alla riforma sanitaria (ma pensiamo solo a cosa significa l’estensione della copertura sanitaria a tutti, per noi europei una garanzia quasi scontata, certo paghiamo tutti il ricorso all’aborto nelle strutture pubbliche, ma si sono accolte pure insegnanti abortiste nelle scuole cattoliche …) – e la figura dell’arcivescovo Gomez di LA, chiamato alla guida, parla già da sé (non è stato certo eletto l’arcivescovo ultraconservatore di San Francisco …).
E’ innegabile che il tema dell’aborto e dei diritti gay sia un capitolo di divisione non da poco, ma si tratta dell’annosa questione dei pro-life che divide anche qui, anche se non in termini così dirimenti. Inviterei allora l’autore del pezzo (che si firma con una sigla di comodo …) a documentarsi su quanto detto e scritto in queste settimane – di “imbarazzo” certo, ma soprattutto per il comportamento del presidente ancora in carica … – sui maggiori media cattolici e non.
“Credo che in questo momento della storia americana, i cattolici abbiano il dovere speciale di essere operatori di pace, di promuovere la fraternità e la fiducia reciproca e di pregare per un rinnovato spirito di vero patriottismo nel nostro Paese”, ha detto l’arcivescovo Gomez, presidente della conferenza episcopale, nel suo comunicato.
Il settimanale dei gesuiti America ricorda invece un’intervista di p. Malone nel 2015 dove l’allora senatore Biden parlava del suo incontro con papa Francesco in occasione della sua visita oltreoceano del 2013: “È l’incarnazione della dottrina sociale cattolica con cui sono cresciuto”, aveva detto l’ex vice presidente. “L’idea che tutti abbiano diritto alla dignità, che ai poveri dovrebbe essere data una preferenza speciale, che da cristiani si abbia l’obbligo di raggiungere tutti ed essere inclusivi”.
Si potrebbe continuare a lungo, per allontanare la partigianeria che fa vedere altrove semplicemente le opinioni di casa nostra e in questo alcuni media ultraconservatori sono maestri, di cattiva informazione e scusate se è poco.
Gli Stati Uniti non sono l’Europa, e neppure l’Italia, troppo spesso si confondono i piani come se si parlasse qui. Un errore troppo frequente, purtroppo.