La chiusura dei luoghi di culto negli Stati Uniti, per evitare grossi raggruppamenti nella fase più acuta della pandemia del Covid-19, sta avendo ricadute di un certo peso sugli imam, sul personale addetto alle moschee e all’educazione religiosa della comunità, e su alcune piccole moschee locate in zone povere della nazione – col rischio di arrivare in breve tempo alla chiusura definitiva per ragioni finanziarie.
Un gruppo di imam e addetti alle moschee, in numero non ancora preoccupante ma comunque notevole, si è ritrovato senza stipendio o con riduzioni tali da mettere a repentaglio la sussistenza quotidiana delle loro famiglie. Questo è dovuto al modo di auto-mantenimento proprio alle comunità islamiche negli Stati Uniti: ossia donazioni raccolte durante la preghiera in moschea del venerdì. Chiuse le moschee si è innestato un circolo vizioso che ha interrotto la possibilità di provvedere materialmente al loro mantenimento e al sostentamento del personale impiegato in esse.
Per cercare di risolvere il problema sul nascere, quattro tra i maggiori leader religiosi musulmani americani (Z. Shakir, O. Suleiman, Y. Qadhi e S. Webb), col sostegno di enti e piattaforme digitali caritative della comunità islamica, hanno lanciato una raccolta di fondi per contenere i disagi degli imam, del personale delle moschee e di coloro che prestano il loro servizio per l’educazione religiosa all’interno delle comunità.
Per molti luoghi di culto musulmani il lockdown si innesta su una situazione che era già precaria dal punto di vista della sussistenza economica: «molte moschee americane stanno già avendo problemi di carattere finanziario, e molte persone che vi lavorano, chierici e personale, sono sottopagati e hanno un carico di lavoro eccessivo. Per la maggior parte si tratta di persone che hanno scelto questa professione non per i vantaggi economici, ma per il bene che viene nel ritornare qualcosa alle loro comunità» (Y. Qadhi).
È possibile che l’oramai imminente periodo di Ramadan possa contribuire in un qualche modo a gestire la situazione di difficoltà economica in cui si stanno trovando gli imam e le moschee nel paese. Infatti, in questo tempo i fedeli islamici danno il loro obolo annuale in proporzione al reddito e alla condizione finanziaria di ciascuno.
Da qualche tempo, accademici e studiosi musulmani negli Stati Uniti hanno messo mano, con sempre più decisione, a un’interpretazione delle indicazioni del Corano che consenta la destinazione dell’obolo del Ramadan anche alle moschee, alle scuole islamiche e alle associazioni musulmane non-profit. Non ancora chiara è l’accoglienza o meno da parte dei membri delle comunità religiose musulmane di questo possibile allargamento della destinazione dell’obolo del Ramadan.
Rimane il fatto che «i musulmani non dimenticano il loro clero e le loro istituzioni spirituali, in particolare le moschee che sono collocate in zone più povere del paese» (Y. Qadhi). Questa sensibilità diffusa potrebbe portare all’allargamento dei destinatari dell’obolo del Ramadan auspicato dagli studiosi islamici – in particolare in questo momento di emergenza.
Acuito dal fatto che le moschee e le comunità musulmane sono state tra le prime istituzioni a chiudere le loro attività, anche precedendo i decreti in merito a livello statale e federale. Gesto che rientra «nell’ethos della Legge islamica, in cui si dispone che agire in maniera preventiva è cosa migliore che rimediare a posteriori» – anche dal punto di vista della salute dei membri della comunità religiosa (S. Webb).
Invece I sacerdoti indù come se la passano?