Lula e non solo

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Venerdì 4 marzo, alle sei di mattina, l’edificio in cui risiede l’ex-presidente Lula è stato circondato da duecento agenti della Polizia federale.

Lula, la moglie e i tre figli sono stati condotti all’aeroporto Congonhas nella zona sud di San Paolo. Lì, nella 24° tappa della operazione “Lava Jato” chiamata Aletheia (“verità” in greco), è stato nuovamente interrogato per tre ore dai delegati e pubblici ministeri, sospettato di aver ricevuto favori indebiti, lui e il Lula Institute, da imprese che si trovano sotto inchiesta.

L’operazione “Lava Jato”,[1] condotta dal 2014 dal giudice Sérgio Moro della Giustizia Federale del Paraná per indagare il sistema di corruzione nella Petrobrás, ha messo sotto inchiesta i direttori della Petrobrás, cambiavalute, imprenditori e 53 politici tra governatori, senatori e deputati federali di sei diversi partiti, benché il PT sia stato quello costantemente criminalizzato dai media.

I capi d’accusa, l’accusa ai capi

L’accusa è d’aver ricevuto denaro sottratto dalla Petrobrás per finanziare le campagne politiche dei loro partiti e delle loro candidature.

La Petrobrás ha dichiarato nel suo bilancio 2015 una perdita di 6.1 miliardi a causa della corruzione in atto. Tra gli accusati si trovano la terza e quarta autorità nella linea di successione presidenziale: il presidente della Camera, deputato Eduardo Cunha e il senatore Renan Calheiros, presidente del Senato federale, entrambi del PMDB, il partito del vice-presidente della repubblica Michel Temer.

494 imprese e persone si trovano sotto inchiesta o sono imputati presso il Tribunale federale del Paraná. 119 persone sono state arrestate e diverse sono già state condannate con obbligo, persone e imprese, di devolvere cifre milionarie alla Petrobrás e alle casse pubbliche. Coloro che godono di un trattamento giuridico privilegiato, come i politici che hanno cariche federali, stanno per essere processati dal Supremo tribunale federale, a Brasilia.

Il giudice Sérgio Moro, un entusiasta dell’operazione Mani Pulite in Italia, alla quale si ispira, sta usando ampiamente due accorgimenti: la delazione premiata (i pentiti, ndt) e un’ampia copertura mediatica, televisiva e di stampa, di ogni passo dell’operazione, che dura già da due anni.

La custodia cautelare dei sospetti, a volte per settimane e mesi, ha costretto alcuni di loro ad accettare accordi di delazione premiata, in cambio di riduzione del carcere e la promessa di riduzione delle pene, in caso di condanna. Sotto i riflettori della televisione, politici, grossi proprietari di imprese e banche vengono condotti ammanettati a dare deposizioni o essere arrestati, con grande dispiego di forze della polizia e tra gli applausi della popolazione.

Campagna mediatica strumentale

Per il giudice Moro, l’esposizione mediatica è un mezzo necessario per ottenere il sostegno dell’opinione pubblica nel proseguimento dell’operazione. Il trasporto coercitivo dell’ex-presidente Lula alla deposizione è stato l’apice di questo spettacolo mediatico. Intimato dal giudice, Lula aveva già prestato deposizione per tre volte, nella Polizia federale a Brasilia e a San Paolo e si è sempre messo a disposizione della giustizia.

Il trasporto coatto, assolutamente non necessario, è stato considerato un abuso dal membro più anziano del Supremo tribunale federale. Ha provocato un duro pronunciamento della presidente Dilma, che si è recata a San Paolo a esprimere solidarietà e sostegno all’ex-presidente.

Il procedimento è stato pensato per fare pressione sul presidente e la sua famiglia, esporlo alla pubblica esecrazione e dimostrare che nessuno è al di sopra della legge e della giustizia.

I movimenti della polizia, che dovevano avvenire in segreto, fin dal primo momento sono stati accompagnati dalle telecamere della TV Globo. L’emittente si trova in aperta campagna contro Lula, la presidente Dilma e il PT, diventando di fatto il primo partito di opposizione del paese.

L’ex-presidente, invece di essere condotto alla sede della Polizia federale a San Paolo, nel tranquillo quartiere di Lapa, è stato portato in una sala della polizia dell’aeroporto di Congonhas, a quell’ora del mattino gremito di dirigenti e passeggeri della classe medio-alta, entusiasti sostenitori del giudice Moro. Le immagini del presidente condotto da poliziotti hanno causato grande agitazione nazionale, ripercussione internazionale e immediata reazione pro e contro, con scontri di piazza tra manifestanti.

Effetti collaterali

Questo è stato il segnale che ha riacceso nell’opposizione la campagna per l’impeachment della presidente Dilma. I leader dell’opposizione hanno dichiarato di fare ostruzione in Parlamento, promettendo di non valutare né votare alcuno dei progetti di legge dell’esecutivo, finché non sia avviato il procedimento di impeachment della presidente Dilma.

Quella che era la più grande operazione di lotta alla corruzione iniziata nel paese è diventata oggi un elemento chiave del gioco politico che cerca di destituire il governo Dilma, con l’accusa di esser legato alla corruzione nella Petrobrás, e a rendere impossibile una eventuale candidatura dell’ex-presidente Lula.

L’operazione ha anche creato paralisi nelle opere in cui sono coinvolte le principali imprese del paese, molte delle quali con più di centomila operai e funzionari, con impedimento ad accedere ai crediti nelle banche pubbliche o a stipulare contratti con i governi municipali, statali, federali e con imprese statali. Parte della recessione economica in cui si è trovato il paese è il risultato del blocco delle imprese sotto inchiesta e della paralisi di governo, che non può più contrattarle per le grandi opere di infrastruttura come porti, centrali idroelettriche, linee di trasmissione, ferrovie e strade, esplorazione di gas e petrolio. I cantieri delle opere sono chiusi e gli operai, tecnici e ingegneri disoccupati.

L’operazione giudiziaria è sfociata nella sfera politica, ha aggravato l’impasse che si è verificato dal momento in cui l’opposizione ha rifiutato di accettare la sconfitta elettorale del 2014 e si è impegnata a destituire, a ogni costo, il governo della presidente Dilma. La crisi politica alimenta la crisi economica per l’impossibilità di approvare in parlamento i mezzi che potrebbero debellarla.

La crisi economica si è convertita anche in disastrosa crisi sociale, con l’ondata di disoccupazione che è frutto della recessione in cui sprofonda il paese.

L’episodio dell’ultimo venerdì può avere un effetto contrario a quello atteso dal giudice Moro di umiliare pubblicamente l’ex-presidente e alimentare il massacro mediatico della sua persona e del suo partito.

Il dibattito va oltre la sfera giudiziaria, parlamentare e dei media, per andare nelle strade con conseguenze imprevedibili, dal momento che l’opposizione aveva programmato grandi manifestazioni per la domenica 13 marzo, mentre i movimenti popolari, sindacati e il PT hanno programmato manifestazioni di difesa della democrazia, contro il golpe della destra, di solidarietà a Lula, il prossimo giorno 8, giorno internazionale della donna, e nei giorni 19 e 31 marzo, giorno in cui si verificò il golpe militare del 1964!


[1] Operazione iniziata nel marzo 2014, volta a smascherare uno schema di lavaggio di danaro sporco e di evasione fiscale per centinaia di milioni di reais.

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