Chiese dell’Est e migrazioni

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Comunicato stampa

Ventisette anni dopo la caduta dei regimi comunisti in Europa Centro Orientale, l’Europa affronta nuove sfide. Le più grandi sono la crisi della famiglia, connessa con quella demografica, la crisi della fede e dell’identità culturale.

Ultimamente, molti paesi fanno fronte alle numerose migrazioni provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa. Nei giorni 8 e 9 settembre, i rappresentanti delle Conferenze episcopali dell’Europa Centro-orientale si sono incontrati in Slovacchia, paese che presiede il Consiglio dell’Unione Europea, per riflettere su questi temi.
Secondo i partecipanti, è fondamentale che tra gli stati europei ci sia un vero partenariato basato sull’uguale dignità di tutti i popoli e sul rispetto reciproco. Ugualmente, è importante che le strutture pubbliche, nazionali ed europee, sviluppino un vero dialogo con i rappresentanti delle Chiese cristiane o con gli esponenti di altre religioni.
I vescovi ritengono necessario risvegliare la riflessione sull’identità Europea, la quale è stata sempre connessa con la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Soltanto la società che mette al mondo dei figli è una società ricca di speranza. La Chiesa è consapevole del suo obbligo di rendere testimonianza della buona novella di Cristo nel mondo. È per questo che apprezza e aiuta la famiglia, la comunità umana fondamentale secondo il progetto del Creatore.

Sfortunatamente, alcune decisioni delle strutture europee mettono in pericolo la famiglia e la protezione della vita. Attualmente, l’Europa, prima di tutto, ha bisogno di famiglie stabili e di una politica demografica prudente. L´immigrazione non è una soluzione della crisi demografica.
I partecipanti all’incontro sono profondamente toccati dalla sofferenza delle persone che sono in fuga davanti ai conflitti bellici, soprattutto quello che devasta la Siria. Allo stesso tempo, sentono sofferenza per gli attacchi terroristici commessi in Europa, con tante vittime. Di conseguenza, ritengono giusto sviluppare una maggiore comunicazione con il mondo islamico e dedicare maggiori sforzi per aiutare i più bisognosi in base al divino comandamento della carità.

I vescovi sentono il dovere speciale di aiutare i cristiani perseguitati, ma non escludono dal loro cuore nessun’altra persona umana bisognosa di aiuto, sia nelle regioni di crisi del mondo sia nei nostri paesi.
Perseguendo questi scopi umani e cristiani, bisogna procedere con generosità e saggezza, valutando le circostanze culturali, religiose ed economiche dei popoli europei e di quelli che arrivano.

I vescovi avvertono la differenza fondamentale tra la situazione presente nei paesi europei, che sono destinatari del flusso migratorio e in quelli dell’Europa centro-orientale, che sono paesi di transito, con un tenore di vita che arriva solo al 20 % di quello occidentale. In questi paesi, i migranti generalmente non desiderano restare. L’aiuto che deve essere prestato a loro potrà richiedere azioni speciali, a volte diverse da quelle adottate da altri paesi. In tutto questo contesto, è legittimo e anche necessario riflettere su come concepire il futuro del continente europeo, su quali valori edificare la società e che posto riservare alla religione.
I vescovi pregano per tutte le vittime della violenza, della guerra e del terrorismo. Nello stesso tempo, rivolgono un serio appello ai responsabili di tutti i paesi europei affinché sviluppino una comune e profonda riflessione del futuro. Si augurano che l’Europa diventi un continente che metta al primo posto il rispetto verso la vita umana – dal concepimento fino alla morte – e anche che il sostegno alla famiglia e al matrimonio occupi il primo posto nella consapevolezza dei rappresentanti pubblici.

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