Nelle Filippine è in atto il tentativo da parte di un gruppo locale terrorista islamico, chiamato Maute, di creare una specie di califfato sul tipo di quello iracheno. Dal 23 maggio scorso, infatti, la città di Marawi nell’isola di Mindanao, nel sud del Paese, è diventata teatro di battaglia tra il gruppo dei terroristi e le forze governative che stanno ora combattendo, casa per casa, per cercare di liberarla.
I terroristi, che si ispirano allo stato islamico del Daesh, dopo aver occupato la città, hanno bruciato la cattedrale cattolica e una scuola protestante. Attualmente tengono in ostaggio un centinaio di persone, tra cui anche il sacerdote cattolico Teresito Soganub e numerosi operatori pastorali. Pare che il loro scopo sia di chiedere un riscatto. Ma il vescovo di Marawi, mons. Edwin de la Pena, parlando il 29 giugno scorso nella provincia di Pangasinan, nella regione di Ilocos, nella parte centro-occidentale dell’isola di Luzon, al Congresso per la solidarietà con i cristiani perseguitati, ha affermato che un dialogo con questi terroristi è semplicemente “ridiculous”, assurdo. Ha precisato che da decenni la Chiesa nella regione meridionale di Mindanao sta cercando di promuovere il dialogo con i musulmani, «ma solo con le persone bene intenzionate».
Finora, come informa l’agenzia Asianews, in un servizio del 4 luglio, le forze governative hanno tratto in salvo 2.700 civili; 300.000 sono invece fuggiti e ora si trovano nei centri di raccolta nei pressi della città.
Il governo ha affermato che i terroristi, secondo un copione ormai ampiamente esperimentato a Mosul e a Raqqa in Iraq, usano gli ostaggi come “scudi umani”.
Il conflitto ha già provocato, secondo Asianews, 299 morti tra i terroristi e 71 tra i soldati governativi.
Sui fatti di Marawi è intervenuto anche il card. Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, durante un briefing informativo sulla Conferenza filippina sulla nuova evangelizzazione che avrà luogo in questo mese di luglio, affermando che «i tentativi da parte dello Stato Islamico di far apparire come religioso il conflitto in atto è destinato a fallire», perché a Mindanao i musulmani e i cristiani si aiutano a vicenda. «Coloro – ha sottolineato – che progettano di dividere i musulmani dai cristiani non trionferanno». Ha raccontato anche alcuni “episodi di speranza” che continuano ad emergere dalle zone del conflitto, e di musulmani che si prendono cura del cristiani in pericolo e di cristiani che aiutano i musulmani.
Ha poi esortato i filippini «a fare attenzione ai segni di amore, speranza e luce» presenti in questi scontri tra le forze governative e i terroristi. E ha concluso dicendo: «Aiutiamoci a vicenda in mezzo a questo conflitto, abbattiamo i muri che ci separano… perché apparteniamo tutti alla stessa famiglia umana». A suo parere, infatti, solo la comprensione e l’unità tra musulmani e cristiani a Mindanao potrà fare da «base per il cambiamento e la ricostruzione della società a Marawi».
Intanto la Corte suprema delle Filippine ha ratificato la legge marziale proclamata dal presidente Duterte, su cui però non tutti sono d’accordo. Ma il procuratore generale Jose Calida ha affermato che questa proclamazione ha lo scopo di sventare il piano dei terroristi di voler stabilire uno Stato islamico nelle Filippine. Infatti, ha detto, ci sono tutti gli elementi per affermare che il vero scopo della ribellione a Malawi è «di impadronirsi delle Filippine».
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