L’Europa degli otto “falchi”

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Campo profughi

Campo profughi al confine tra Grecia e Macedonia (EPA/Yannis Kolesidis 11/3/2016)

Titolava così il quotidiano spagnolo El Mundo, mercoledì 9 marzo. Sono i governanti più duri dell’Unione Europea, quelli che lottano contro l’immigrazione. Passiamoli in rassegna.

MARK RUTTE è il primo ministro olandese dall’ottobre 2010. I Paesi Bassi hanno accolto, nel 2015, 43.035 richieste di asilo, il doppio dell’anno precedente. Rutte, del partito per la libertà e la democrazia, liberale, è un uomo rigoroso, ama l’ordine. La sua tesi è chiara. Coloro che dalla Turchia passano in Grecia non possono dirsi tecnicamente rifugiati perché nelle loro terre non c’è la guerra. Cercano solo di vivere meglio in Europa. Per questo stiano pure in Turchia. Ha esposto la sua tesi anche alla Merckel e al primo ministro turco Davutoglu.

ROBERT FICO è il primo ministro della Slovacchia dall’aprile 2012. Sabato 5 marzo, ha vinto le elezioni, ma non ha ottenuto la maggioranza. È un social democratico, si professa di sinistra, è feroce nei confronti dell’immigrazione ricorrendo a espressioni come queste: «Non permetto che venga un solo musulmano imposto dalle quote di rifugiati»; «non vogliamo musulmani». Il suo partito (SMER, centro sinistra) ha fatto comizi con lo slogan: «Proteggiamo la Slovacchia». Il paese, di circa 5 milioni e mezzo di abitanti, ha avuto nel 2015 solo 270 richieste di asilo e ne ha accolte meno di una decina. Fico continua ad attaccare il Tribunale di giustizia di Lussemburgo per il sistema delle quote, benché approvato dalla maggioranza dei paesi del Consiglio Europeo. È stato uno dei più duri contro la Grecia nei negoziati del 2015. La Slovacchia avrà la presidenza dell’Unione Europea nel secondo semestre del 2016. Ma resta l’incognita della formazione di un nuovo governo. Forse si andrà a nuove elezioni.

VIKTOR ORBAN è in carica come primo ministro ungherese dall’aprile 2010 e, in base alle elezioni dell’aprile 2014, è a capo di una coalizione che comprende l’Unione civica ungherese (Fidesz) e il partito cristiano popolare (Kdnp), di destra. È certamente uno degli uomini politici europei più discussi. Il suo messaggio non lascia adito a malintesi: «I paesi hanno il diritto di avere molti musulmani come a loro piace. A noi non piace e siamo nel nostro diritto». Ha fatto erigere un muro e, nell’estate 2015, ha bloccato migliaia e migliaia di persone per fare pressione sull’Unione Europea. Lo slogan è lapidario: «Non vengano in Europa… Il nostro obbligo morale è dirlo con chiarezza che non devono venire, che è pericoloso venire, che non possiamo garantire che vengano accettati. La Turchia è un paese sicuro, si fermino là, è meglio per le loro famiglie, i figli, non vengano in nessun modo qui». Ha sfidato apertamente la Merkel.

JOHANNA MIKL-LEITNER. È ministra degli Interni dell’Austria. La voce più severa e dura contro la Grecia: «Se non possiamo proteggere la frontiera esterna dell’Unione Europea, la frontiera greco-turca, allora la frontiera esterna Schengen dovrà venire spostata fino al centro dell’Europa». La ministra ha lanciato una curiosa campagna con autobus e altoparlanti per le vie di Kabul per dire agli afghani che per loro non c’è posto in Austria. Stressanti sono i controlli alle frontiere; un vallo di quattro chilometri protegge i confini con la Slovacchia ed è imposto un limite di ottanta richieste di asilo al giorno, limite che la Commissione europea ha dichiarato illegale.

THERESA MAY. È inglese e si occupa dell’accettazione di richieste di asilo. «Quando l’immigrazione è troppo alta, quando il ritmo di cambiamento di vita è troppo rapido, è impossibile costruire una società coesa», ha detto nell’ottobre 2015. «Vi è grande differenza tra una famiglia di siriani che fugge da Assad e uno studente che chiede asilo quando non ha conti in banca». Il suo atteggiamento condiziona molto le decisioni dei Consigli dei ministri europei.

MILOS ZEMAN. È il presidente della Repubblica Ceca in carica dal marzo 2013. È stato il regista del Gruppo di Visegrad: Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria. L’immigrazione è un’«invasione» che va frenata. «Ci troviamo di fronte ad un’invasione organizzata e non ad un movimento spontaneo di rifugiati. La grande maggioranza degli immigrati illegali sono giovani, di buona salute, non sposati. Mi domando perché questi uomini non prendano le armi per lottare per la libertà dei loro paesi e contro lo Stato islamico». Ritiene impossibile l’integrazione. «Siamo di fronte a un piano dei Fratelli musulmani finanziato da diversi paesi» per portare il caos in Europa e impiantare la sharia».

JAROSLAW KACZYNSKI. È senza dubbio l’uomo forte della Polonia . È il leader del PIS (Legge e giustizia, conservatore) che in Parlamento ha 157 seggi. La maggioranza dei polacchi crede che sia lui a fare la politica del paese, non il capo dello stato, Andrzej Duda, pure del PIS, o la prima ministra, Beata Szydlo. Nella campagna elettorale in vista delle elezioni di ottobre 2015 ha toccato il tasto della prevenzione riguardo alla salute. «Gli immigrati portano colera, dissenteria e altre malattie… Siamo di fronte a un’onda incontrollabile. Gli immigrati vogliono imporre la sharia e usano le chiese come gabinetti». Secondo il suo partito, gli immigrati vanno aiutati nei loro paesi con il denaro. Non si sognino neppure di entrare in Polonia.

LARS LOKKE RASMUSSEN. È il primo ministro della Danimarca dal giugno 2015. Il paese ha una popolazione di 5.659.715 di abitanti. Nel 2015 ha concesso l’asilo a 20.825 immigrati e impone a chi chiede asilo la tassa di circa 400 euro. Il controllo alle frontiere è severo. Le misure hanno lo scopo di indurre chi chiede asilo a fare bene i conti, sostiene Rasmussen.

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