«Mi auguro di cuore che i leader europei che si riuniranno in una riunione straordinaria lunedì prossimo 7 marzo a Bruxelles, con la presenza anche del premier turco Davutoğlu, dimostrino solidarietà e riconoscano con chiarezza che l’Unione Europea ha di per sé i mezzi per agire»: questo l’auspicio conclusivo espresso dal card. Reinhard Marx, presidente della COMECE, al termine dell’Assemblea plenaria (2-4 marzo) nella quale si è discusso anche dell’attuazione degli accordi dopo la Conferenza di Parigi COP21 e delle misure contro il terrorismo.
Ma è una preoccupazione costante quella dei vescovi europei per la grave situazione in cui versa il nostro continente in un momento in cui la crisi provocata dal flusso inarrestabile di migranti e profughi sta mettendo in luce sempre più gravi tensioni disgregatrici che fanno leva sulle differenze dei valori cui richiamarsi, ma è proprio su questa sfera che si gioca il ruolo e la testimonianza dei cittadini cristiani.
La crisi e i rischi
«L’attuale crisi in cui versa l’Europa, aveva detto Marx alla prolusione del 2 marzo, è in gran parte una crisi di solidarietà e di fiducia tra gli europei». Perché se è sotto gli occhi di tutti quanto sia difficile l’attuale situazione politica – Sud contro Nord, Occidente contro Oriente, quanti si oppongono ai rifugiati e quanti si incamminano sulla strada della difesa nazionale a oltranza contro quanti cercano invece una soluzione europea, con il rischio che venga messa in discussione la libertà dell’area Schengen – il risultato è un «contesto di diffidenza e recriminazioni reciproche» che paralizza le azioni concrete che saremmo chiamati ad individuare «insieme».
Quello che stiamo mettendo a rischio, secondo l’arcivescovo di Monaco di Baviera, è la stessa idea di Unione: tra il referendum inglese e l’intensificarsi dei controlli alle frontiere sembra talvolta che tutto quanto è stato raggiunto con anni di lavoro per l’attuazione del Progetto europeo possa vanificarsi sotto la pressione di eventi di portata fino a ieri inimmaginabile. È ero che le cause di questa crisi sono da ricercare al di fuori dei confini europei, ma è altrettanto vero che un’Europa unita avrebbe tutte le carte per individuare le modalità per affrontarla e risolverla. Anzi forse non è azzardato affermare che sia piuttosto «la coesione degli europei la grande sfida del nostro tempo».
L’incontro di Heiligenkreuz
Per far fronte alle tendenze xenofobe e nazionaliste sorte un po’ in tutto il continente, una delegazione COMECE si era riunita ad Heiligenkreuz in Austria a metà febbraio alla presenza anche dei patriarchi caldei d’Oriente: un lavoro proseguito alla Plenaria – che aveva per tema «La promozione della pace, vocazione europea» – e che confluirà in un documento congiunto rivolto ai decisori politici e a tutti i cittadini dell’Unione la cui pubblicazione, secondo quanto si legge nel comunicato finale del segretario padre Daly, è prevista per la fine di marzo.
È stata soprattutto un’operazione di ascolto quella messa in campo nelle scorse settimane dai vescovi europei: ascolto dei loro confratelli in zone di conflitto – terre di provenienza dei profughi – e ascolto dei rappresentanti della politica e delle istituzioni europee, dal presidente Junker e molti altri fino all’Alto rappresentante per la politica estera della UE, Federica Mogherini, inviata anche in Plenaria.
Non sarà una lista d’indicazioni concrete alla politica, il testo predisposto dai vescovi, bensì un richiamo ai valori stessi su cui si fonda l’Unione e sul ruolo e responsabilità dei cristiani per la costruzione di una pacifica convivenza tra i residenti e quanti, a frutto di fatiche e tanta disperazione, intendono diventarlo.
La crisi dei migranti, ha spiegato Marx, è sopraggiunta quando l’Europa non aveva ancora individuato soluzioni condivise per far fronte alla crisi economica e ai gravi squilibri che si registrano all’interno degli stati con profonde sacche di povertà.
Che ne sarà ora dell’Europa?
Richiamando una frase di uno dei padri fondatori, il francese Jean Monnet («L’Europa è chiamata ad offrire il proprio contributo ad un mondo migliore»), Marx ha lasciato ai confratelli alcuni interrogativi da rilanciare nelle diverse comunità: «Che ne sarà ora dell’Europa? Come potremo guardare ancora ad un futuro insieme? Come potremo contribuire al miglioramento del mondo e alla costruzione della pace se non siamo in grado di accordarci tra noi? Quale testimonianza evangelica stiamo fornendo oggi?».
«Ciò che abbiamo realizzato in Europa – un lungo periodo di pace con la risoluzione dei conflitti interni e la riconciliazione tra le nazioni – non può essere misurato in euro e centesimi. Il valore aggiunto dell’Europa, come aveva richiamato il papa a Strasburgo, va ben al di là delle questioni economiche: stiamo parlando di valori come la pacifica convivenza dei popoli e la libera circolazione delle persone, che significa di idee, prima ancora che di merci».
«La politica e la diplomazia sono l’arte del possibile, non del desiderio», ha ricordato Marx alludendo alla necessità di trovare accordi con paesi, quali Russia e Turchia, con i quali gli Stati europei mostrano spesso divergenze di vedute, eppure l’obiettivo comune – in questo la risoluzione dei conflitti in Medio Oriente e Nord Africa – non consentono altre vie.
Del resto diverse opinioni e sensibilità si sono registrate ad Heiligenkreuz e anche a Bruxelles, ma questo non ha impedito l’instaurarsi di una forte intesa di solidarietà dai Balcani alla Scandinavia: un motivo in più per ribadire l’importanza di far sentire la voce della Chiesa sul continente e lanciare un rinnovato appello a tutti i cristiani perché si adoperino alla sensibilizzazione delle coscienze.
La vocazione dell’Europa
Perché l’accorato monito del papa – cui il prossimo 6 maggio verrà conferito in Vaticano il Premio europeo Carlo Magno – in occasione della sua visita al Parlamento di Strasburgo (25 novembre 2014) sul fatto che l’Europa non è più al centro del mondo, ma il mondo non ha mai avuto come oggi bisogno dell’Europa, a patto che essa ritrovi la sua vocazione originaria, rappresenta un appello non solo per la politica, ma anche per la Chiesa. «Questo compito è anche nostro – ha ribadito Marx – un compito che deve diventare impegno concreto e quotidiano di evangelizzazione che porterà frutto alla costruzione della casa comune. Ma se la Chiesa vuole essere parte della soluzione e non parte del problema, la questione che si pone oggi per la Commissione COMECE e anche per la CCEE è quella di interrogarsi su quale contributo possiamo offrire per mantenere l’Europa sul cammino dell’unità».
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