Penso che mio padre debba essere ricordato soprattutto per la sua bontà d’animo, essendo egli una persona fondamentalmente buona e carica di una sconfinata umanità. La sua generosità era senza limiti: avevo quindici anni quando mi chiese di regalare il mio motorino al figlio di una vedova il cui marito era morto in una strage di mafia in quanto gli necessitava per recarsi in una borgata di Palermo ove svolgeva l’attività di panettiere.
A un collaboratore di giustizia, lo stesso che tra il 1991 e il 1992 gli rivelò di essere stato incaricato dalle famiglie del Trapanese di organizzare ed eseguire il suo assassinio, forniva personalmente le lamette, la schiuma da barba e le sigarette, in un periodo storico in cui, è importante evidenziarlo, mancavano del tutto le agevolazioni di cui oggi essi fruiscono. Nonostante gli impegni di lavoro trovava sempre il tempo di stare in famiglia, di seguire personalmente le nostre attività, fossero esse di studio o ludiche.
È indelebile il ricordo dell’amore e del trasporto con cui mi fece ripetere le mie prime due materie universitarie – analogamente accadde con mia sorella Fiammetta – dedicandomi intere serate prima degli esami. Era premuroso, sempre presente non solo per i familiari, ma anche per i tanti cugini e parenti collaterali.
Lasciato solo
Di fatto egli cresceva e seguiva come fossero suoi i sette figli della sorella più grande, rimasta vedova prematuramente e non economicamente in grado di sostenere una così numerosa famiglia. Io e le mie due sorelle non siamo stati mai né viziati né agevolati, piuttosto «responsabilizzati» di fronte a situazioni molto più grandi di noi, sì che al momento della sua morte può dirsi che eravamo a nostro modo «preparati», preparati da un padre che tutto avrebbe potuto desiderare fuorché lasciarci orfani così giovani.
Sin dai primi giorni successivi alla sua morte, infatti, circolava la voce che egli fosse andato incontro «rassegnato» a questo infausto destino. Bene, ciò non corrispondeva affatto a verità: mio padre amava in modo viscerale la vita e le tante piccole o grandi sorprese che questa riserva, sì da apparirmi inverosimile che egli andasse incontro alla morte ritenendola in quel momento un evento ineluttabile.
In verità abbiamo assistito alla morte di un uomo lasciato solo in un momento storico in cui occorreva massima coesione e distribuzione della responsabilità, anche all’interno degli uffici giudiziari. Tuttavia noi non abbiamo alcun rammarico, poiché se la morte di mio padre, unitamente a quella di tanti altri servitori dello Stato, è servita a svegliare dal torpore tante coscienze, ciò ci ripaga della sua assenza.
Ciò che ci manca
Dopo tutti questi anni ciò che forse manca maggiormente del Paolo Borsellino uomo, padre e marito sono la bontà d’animo e generosità di spirito che lo contraddistinguevano.
Ci ha lasciato un grandissimo patrimonio morale e ci ha insegnato a essere umili: i meriti erano sempre degli altri, non si atteggiava mai a protagonista ed era privo di qualsiasi ambizione, a tal punto da non manifestare alcun interesse a ricoprire quell’incarico di super procuratore antimafia che, subdolamente, rappresentanti del governo di allora gli avevano proposto, rimanendo prioritaria per lui la vicinanza alla sua famiglia e alla sua Palermo.
È evidente quanto sia stato forte il desiderio di avere un padre così al nostro fianco nei momenti in cui ci siamo trovati a fronteggiare situazioni molto più grandi di noi, nel momento in cui abbiamo scelto ciascuno di servire, seppur in amministrazioni diverse, lo Stato, quello Stato che non seppe essere in grado di difendere e proteggere uno dei suoi figli migliori ma che mio padre ha sempre rispettato e onorato e ci ha sempre insegnato a rispettare e onorare, nel momento in cui avremmo avuto bisogno di un suo consiglio o anche solo di uno sguardo.
Sono tuttavia convinto che io, le mie sorelle e mia madre, abbiamo seguito la strada che lui ci aveva tracciato. La nostra fede ci rende sicuri del fatto che un giorno lo rivedremo, bello e sorridente, come lo ricordiamo sempre.
Manfredi Borsellino è figlio del magistrato Paolo Borsellino, ucciso con un’auto esplosiva il 19 Luglio 1992 a Palermo. Al momento dell’attentato al padre Paolo aveva 21 anni. Manfredi Borsellino è attualmente dirigente presso il Commissariato di Polizia di Cefalù (Palermo). La sua testimonianza è stata pubblicata lo scorso 19 luglio 2017 sul sito dell’Agenzia SIR.