Israele: la legge discrimina

di:

checkpoint

Nel 2004 ho tenuto un discorso alla Knesset, il Parlamento israeliano, nel quale ho parlato della Dichiarazione di indipendenza dello stato di Israele. L’avevo allora definita «una fonte di ispirazione a credere in ideali che ci avrebbero trasformati da ebrei in israeliani».

Proseguivo ricordando che questo documento fondamentale aveva espresso un impegno: «Lo stato di Israele si dedicherà allo sviluppo di questo paese per il bene di tutta la sua gente; sarà fondato sui principi di libertà, giustizia e pace, guidato dalle visioni dei profeti di Israele. Assicurerà piena uguaglianza, diritti sociali e politici a tutti i suoi cittadini senza considerare le diversità di appartenenza religiosa, di razza o di sesso; assicurerà libertà di religione, coscienza, lingua, educazione e cultura».

I padri fondatori dello stato di Israele che firmarono la Dichiarazione nel 1948 consideravano il principio di uguaglianza il fondamento della società che stavano costruendo. S’impegnarono anche a «perseguire pace e buone relazioni con tutti i vicini, stati e popoli».

Settant’anni dopo, il Governo israeliano ha approvato una legge che sostituisce il principio di uguaglianza e valori universali con nazionalismo e razzismo. Questa legge afferma che soltanto gli ebrei hanno un diritto alla autodeterminazione nazionale in Israele.

Mi addolora profondamente dover oggi ripetere le stesse domande che 14 anni fa avevo posto alla Knesset: è possibile per noi ignorare l’intollerabile distanza tra le promesse della Dichiarazione d’indipendenza e la realtà di Israele?

L’occupazione e la dominazione su un altro popolo si accorda alla Dichiarazione di indipendenza? Vi è qualche sensatezza nell’indipendenza di uno a scapito dei diritti fondamentali di un altro? Possono gli ebrei, la cui storia è una collezione continua di sofferenze e persecuzioni incessanti consentire a se stessi di rimanere indifferenti ai diritti e alle sofferenze dei popoli vicini? Può lo stato di Israele permettersi il sogno irrealistico di una fine ideologica del conflitto anziché perseguirne una pragmatica e umanitaria, basata sulla giustizia sociale?

Continuo a credere, a dispetto di tutte le difficoltà, oggettive e soggettive, che il futuro di Israele e il suo posto nella famiglia delle nazioni illuminate dipenda dalla nostra abilità di realizzare le promesse dei padri fondatori sancite nella Dichiarazione di indipendenza di Israele.

Nulla è veramente cambiato dal 2004. Eppure, oggi abbiamo una legge che ratifica la popolazione araba come cittadini di seconda classe. Ne consegue che si tratta di una forma molto chiara di apartheid. Non penso che gli ebrei abbiano vissuto venti secoli, quasi sempre attraverso persecuzioni e sopportando crudeltà senza fine, per diventare loro stessi oppressori che infliggono crudeltà ad altri. Questa legge fa esattamente questo. Per questo, oggi mi vergogno di essere israeliano.

Daniel Barenboim è direttore d’orchestra, pianista e saggista israeliano. Il suo editoriale è stato pubblicato sul sito web del quotidiano The Guardian (qui l’originale inglese, This racist new law makes me ashamed to be Israeli) il 23 luglio 2018. Nostra traduzione dall′inglese.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto