Il Sacro Cuore per come è purtroppo predicato: lagnoso, lezioso, capace di grandi promesse, ma solo patteggiate; mai gli si attribuisce un empito, uno slancio; come non fosse capace di entusiasmo; come sapesse piangere solo per frustrazione, e non per meraviglia. Lui sa espandersi. Non vede l’ora di poterci abbracciare tutti.
Non darebbe via la sua famiglia per nulla al mondo.
Più che dolce è entusiasta. Non trova infantili o (troppo) terrestri, come dicono in predica, i nostri ideali e le nostre ambizioni. Li ha provati anche lui, e tuttora li prova.
Al modo nostro … che è già celestiale. È già partecipazione alla bellezza.
Mi viene in mente una saga come Il mulino del Po, di Bacchelli. Che gente! E volete che Dio-cuore non ne sia entusiasta?
Ha impiantato lui le sue meraviglie dentro la nostra carne. E se la nostra carne sa anche essere banale, tradendo se stessa, per lo più giunge anche per essa lo spasimo dell’estasi.
È impagabile vedere come noi si sappia cambiare anche la tragedia in poesia. Non solo verbalmente. Proprio nella vita.
La passione di una madre privata del figlio può essere qualcosa di molto simile al Dio-cuore.
La storia di quell’alpino che, sfasciato l’esercito in Russia, carica il commilitone morto su una slitta e la trascina fino a estenuare giorni e giorni per lo spasimo, è un’epopea da far piangere il paradiso di commozione.
Gesù è cuore perché sa vedere e sentire a questo modo. E sa sorridere. Sa compiacersi. Sa aspettarci.
I comandamenti? Si pensa siano fatti solo per la motivazione di condanna. E sono indicazioni patenti delle possibilità di grandezza, condivise da Dio, che se le custodisce per l’eternità.
Sì, non guardare solo il Cuore quando parla con le sue veggenti. Piccole come Margherita, o splendide di intelligenza e libertà come Geltrude.
Guardare anche le veggenti, come le guarda lui. Lui che, sulla terra, ha conosciuto la Maddalena. Lui terrestre che ha saputo litigare con Pietro.
Sei bello, mio Cuore: bello come Dio. Bello come un uomo bello.
Non bisogna metterti in cornice sull’altare. Bisogna guardarti in mezzo a noi, dove risulti bellissimo.
Ti risenti, se ti descrivono solo come un cuore derelitto. Tu che stai bene in mezzo alla gente, per come è fatta.
Sai indignarti quando la gente si abbrutisce da se stessa.
È per questo che ti scatta dentro il dono di te stesso, senza enfasi e senza risparmi, per riprenderti quella gente, e portartela dentro.
Sei fatto così.
Sei fatto bene.