Siamo un gruppo di laici che ha riflettuto sulla prossima nomina del vescovo di Torino: la scorsa settimana abbiamo inviato al settimanale della Diocesi di Torino «La Voce e il Tempo» la lettera che qui sotto riproduciamo. Ancora non sappiamo se è stata o se verrà pubblicata.
Gentile Direttore,
siamo un gruppo di coppie che ha come riferimento la Parrocchia «Gesù Redentore» (Torino, Mirafiori Nord). Da molti anni, ci ritroviamo per riflettere su problematiche religiose, familiari e sociali e per meditare sulla Parola di Dio. Siamo anche impegnati a vario titolo in importanti progetti di solidarietà. In alcune occasioni, di fronte alla resistenza di una parte del mondo cattolico al magistero di papa Francesco, abbiamo espresso la nostra opinione, sentendoci a pieno titolo parte del «Popolo di Dio» e membri adulti della Chiesa.
Nonostante tutte le difficoltà dovute alla «clausura» forzata, ai vincoli e alle restrizioni da rispettare, continuiamo a seguire con attenzione ciò che accade nel mondo e nella comunità ecclesiale. Durante l’ultimo incontro del gruppo (avvenuto nel rispetto di tutte le procedure di sicurezza), abbiamo ritenuto importante portare all’attenzione della comunità diocesana il tema del ministero episcopale nella chiesa locale, in vista della prossima nomina da parte del Papa del successore dell’attuale arcivescovo Cesare Nosiglia.
Sappiamo che «[…] la scelta dei vescovi è stata – nella più veneranda e lunga tradizione della Chiesa – il risultato di un “accordo” cattolico tra la volontà dei fedeli direttamente interessati e la responsabilità che le Sedi Primaziali [quelle con maggiore autorità e prestigio] hanno nell’assicurare e garantire l’unità della fede e della comunione ecclesiale» (J. Martinez Gordo, Nomine di vescovi: è ora di cambiare, in Settimana News 13 ottobre 2020).
Ci siamo quindi chiesti: quale può essere, attualmente, il ruolo del «Popolo di Dio», cioè dei fedeli di una diocesi, della nostra diocesi, nella scelta del proprio pastore?
In recenti nomine di vescovi di importanti diocesi italiane, abbiamo potuto constatare come nel «curriculum» dei designati abbiano pesato esperienze pastorali significative con i poveri, con il mondo giovanile o l’essere stati parroci e teologi aperti. A questi «designati» è stato inoltre rivolto il caloroso invito ad agire non «per sé» ma per la Chiesa, per il gregge, per gli altri, soprattutto per quelli che secondo il mondo sono da scartare.
Potrebbero essere queste le caratteristiche anche del futuro vescovo della Chiesa torinese? Come credenti partecipi della vita della diocesi, ci chiediamo se sia troppo «ardito» auspicare che si avvii a livello diocesano una riflessione su quanto la Lumen Gentium (cap. III) consegna alla Chiesa: una nuova visione teologica del «ministero ordinato» che su alcuni punti innova in modo radicale l’impianto sviluppatosi nell’ultimo millennio, nell’orizzonte di un modello ecclesiale che prevede anche un ruolo dei laici.
Torino, 29 ottobre 2020,
Gruppo Famiglie Redentore
Come i “gruppi” di Caserta, anche questo “Gruppo di Famiglie” fa sentire la necessità di superare obsoleti schemi del passato. La costituzione dogmatica “Lumen gentium” e il decreto “Christus Dominus” del Vaticano II dovevano segnare l’avvio di una riforma profetica; in realtà nei 55 anni trascorsi, poco s’è visto di innovato nella nomina di Vescovi e Parroci: il coinvolgimento dei laici è rimasto al palo. Assistiamo a partite di dama giocate all’interno della Congregazione dei vescovi o all’interno della Curia diocesana; i laici possono attendere. Ripeto: “Rorate coeli desuper!”. “Segni dei tempi”: capacità di risveglio profetico.