Ho deciso di scrivere questo messaggio a voi, miei fratelli nella fede, perché da un po’ di tempo percepisco con profondo dispiacere di non essere in sintonia con molti di voi su alcune questioni essenziali, relative sia alla nostra comune esperienza ecclesiale, sia all’applicazione dei princìpi evangelici alla politica. Sono convinto che tra persone intellettualmente oneste sia sempre possibile, se non arrivare a un accordo, almeno capirsi. Se poi queste persone appartengono alla stessa comunità cristiana, questo rispetto dei diversi punti di vista si inserisce nel più ampio comandamento dell’amore, che il Signore ci ha lasciato come pegno della sua presenza fra noi.
Scrivo dunque sicuro che, per quanto sbagliate e (involontariamente) faziose vi possano apparire le mie analisi e le mie conclusioni, le commenterete con argomentazioni pacate e non – come purtroppo è costume sui social – con irrisioni e insulti. Da parte mia, mi impegno a recepire con tutta l’attenzione e la disponibilità di cui sono capace le obiezioni che farete sia alla mia lettura dei fatti, sia alle conclusioni che ne traggo.
Dicevo che distinguo il problema ecclesiale da quello politico. In realtà sono strettamente connessi. Come in questo commento di Pietro (c’è anche il cognome, ma preferisco non riportarlo qui) che trovo sul sito dell’Arcidiocesi di Palermo: «Evangelizzazione ??? Ma quando mai …. La CEI fa politica!!! Si ha notizia – che anche la Caritas a Cerda – Parrocchia S. Maria Immacolata – dà indumenti ai rumeni e africani e non li dà alle numerose famiglie Italiane disoccupate e senza reddito. Il tutto perfettamente in linea con la politica massone dell’Unione Europea e del Vaticano !!! Quindi, passiamo tutti alle Chiese Ortodosse orientali!!».
È solo un esempio. Le accuse di eresia e di appartenenza alla massoneria, rivolte a papa Francesco, si sono sempre più moltiplicate in rapporto al suo magistero in campo morale, specialmente dopo l’Amoris laetitia, e si sono collegate a quelle relative ai suoi appelli ad accogliere fraternamente i migranti. Per quanto riguarda il primo ambito, si è soprattutto contestata la discontinuità con l’insegnamento di Giovanni Paolo II riguardo all’ammissione dei divorziati alla comunione. Per il secondo, la posizione di Francesco è apparsa a molti assurdamente “buonista”.
Si è giunti, così, a rifiutare l’autorità dell’attuale Pontefice, per appellarsi a quella del suo predecessore, Benedetto XVI, ritenuto il “vero” detentore del potere petrino. Emblematico – anche se estremo – il “caso Minutella”, esploso nella diocesi di Palermo, ma con risonanze anche a livello nazionale.
Personalmente capisco bene il disorientamento che molti sinceri credenti hanno provato e provano di fronte a dei cambiamenti dottrinali, specialmente quando la fedeltà al precedente insegnamento della Chiesa è costata sacrifici, contestazioni, perfino persecuzioni, che ora sembrano vanificati dal nuovo orientamento.
Però vorrei far notare alcune cose. La prima è che proprio la pretesa del singolo fedele di decidere dell’ortodossia del Papa e dei vescovi, accusandoli di essere “protestanti”, è, dal punto di vista cattolico, sulla linea di quel “libero esame” che, sostenuto da Lutero, è l’emblema del protestantesimo.
La seconda è che il criterio della continuità del magistero, su cui si fondano molte critiche, va usato con la consapevolezza che è normale, per la Chiesa, cambiare la sua posizione su singole questioni, alla luce di una più ampia visione, suggerita dal cammino della storia. Avete mai letto il «Sillabo» promulgato da Pio IX? Vi troverete la condanna della libertà religiosa e di coscienza su cui, per non andare lontano, Giovanni Paolo II ha molto insistito sottolineando che sono implicite nel Vangelo. Era eretico papa Wojtyla, discostandosi nettamente dal suo predecessore? In realtà, egli ha compreso che Pio IX intendeva colpire le forme distorte e arbitrarie di quella libertà e che, mancando, per ragioni storiche, di una visione più ampia, si era fermato agli aspetti negativi.
Non è possibile leggere così molti cambiamenti dottrinali avvenuti nella storia della Chiesa? Per farlo, però, è necessaria una competenza teologica e storica, una visione d’insieme, che al singolo fedele spesso manca. Soprattutto manca l’autorità conferita da Cristo ai pastori della Chiesa – «Chi ascolta voi ascolta me» – e, soprattutto, a Pietro.
Una terza e ultima notazione: chi oggi mette in discussione l’autorità del Papa, invitandolo perfino a dimettersi, perché vuole che diventi Papa qualcuno più vicino al suo pensiero, non si pone il dubbio che altrettanto potranno fare nei confronti del nuovo Pontefice tutti quelli che non la penseranno come lui? Se è la vox populi a decidere della legittimità di un Papa, che ne è della sua autorità? Non potrà essere di nuovo contestata, come lo è quella del Pontefice attuale?
Il secondo punto su cui si sta lacerando l’unità dei cattolici, oggi, è la questione dell’accoglienza dei migranti. Molti (per esempio Pietro, di cui si è riportato sopra il messaggio) la considerano un insulto alla povertà dei nostri connazionali e sposano il “vangelo” di Salvini, che ammette l’amore del prossimo stabilendo, però, una precisa gerarchia: «Prima gli italiani». Ed è verissimo che una politica assurda dei governi precedenti aveva incoraggiato l’accoglienza senza approntare le strutture per una adeguata integrazione. È accaduto così che, a differenza che in altri Paesi, la presenza dei migranti – pur essendo nettamente inferiore – sia stata avvertita come un parassitismo, se non addirittura come una minaccia.
Ma a questo non si rimedia eliminando l’accoglienza, bensì curando una vera integrazione (era l’evidente intenzione del Papa, quando diceva che senza integrazione non si può neppure accogliere). E questo, secondo seri economisti, non può che favorire gli interessi degli italiani.
Resta la questione strettamente religiosa. Sommessamente vorrei fare riflettere sul fatto che il Vangelo – quello di Gesù – non prevede questa graduatoria. Anzi, quando il Signore vuole fare capire il comandamento più grande (insieme a quello dell’amore per Dio), che è quello dell’amore per il prossimo, racconta una parabola in cui sono a confronto persone di stirpe e di religione diverse, il giudeo e il samaritano. Secondo la versione leghista, il soccorritore si sarebbe dovuto bloccare, scoprendo la nazionalità del ferito: «Prima i samaritani!». Il punto è che per Gesù noi incontriamo Lui in ogni povero, sia esso affamato, assettato, forestiero, malato, quale che sia la sua etnia e la sua provenienza… Questo è addirittura, secondo Mt 25, il criterio decisivo in base a cui ci si salva o ci si perde!
Ciò non comporta un’accoglienza indiscriminata e dissennata, ma sicuramente un atteggiamento di disponibilità e di responsabilità verso i più poveri che esclude l’insofferenza, la derisione, il risentimento, di cui traboccano oggi molti messaggi dei social. Posso capire che un cattolico ragioni sui limiti da stabilire all’immigrazione. Non mi ritrovo, però, con astiose e compiaciute affermazioni della serie «La pacchia è finita» o con quelle che equiparano i viaggi fatti a rischio della vita a delle «crociere». Così come non posso accettare come un atteggiamento fraternamente evangelico le definizioni in blocco dei migranti come fannulloni, mascalzoni e parassiti.
Certo, tra loro ci sono anche i mascalzoni. Ma ci sono anche tra gli italiani. La formula monolitica «Prima gli italiani» dimentica che tra di essi ci sono i mafiosi, i bancarottieri, i corrotti. Anche questi “vengono prima” degli stranieri onesti e desiderosi solo di trovare anche loro un po’ di felicità? È giusto che si pensi agli italiani poveri e sarebbe assurdo trascurarli per dare tutto agli immigrati. Ma siamo sicuri che la soluzione della povertà degli italiani sia la presenza di questi ultimi e non il fatto che, secondo una statistica di Bankitalia, nel 2017 l’1% degli italiani possedeva il 25% della ricchezza?
Fratelli nella fede, io non credo che questi siano ragionamenti da catto-comunista. A scanso di equivoci, vi basterà controllare i miei precedenti “chiaroscuri” per trovarne alcuni che attaccavano aspramente il PD e Renzi quando erano al potere. Non sono uno che si è arricchito con le banche e col precedente regime. La mia pensione attuale è di 1.900 euro al mese. Vi chiedo perciò di riflettere su quello che dico senza pregiudizi malevoli. Potreste non essere d’accordo. Vi prego di dirne i motivi, senza trincerarvi dietro un rifiuto preliminare. Solo parlandone possiamo sperare di superare le barriere che si sono erette tra credenti negli ultimi tempi e che rischiano di distruggere l’unità della comunità cristiana. Avere idee diverse è normale, lo diceva la Gaudium et spes al n.43, dove però si però aggiungeva, rivolgendosi ai credenti quando discordano: «Cerchino sempre di illuminarsi vicendevolmente attraverso un dialogo sincero, mantenendo sempre la mutua carità e avendo cura in primo luogo del bene comune».
Giuseppe Savagnone è direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della cultura della diocesi di Palermo; partecipa al Forum della CEI per il Progetto culturale. È editorialista dei quotidiani Avvenire e Giornale di Sicilia. Per EDB ha pubblicato Il Vangelo nelle periferie. Comunicare la fede nella società liquida (2a ed. 2014) e Il gender spiegato a un marziano (3a ed. 2017); Cercatori di senso. I giovani e la fede in un percorso di libertà (2018). Firma la rubrica “I chiaroscuri” sul sito www.tuttavia.eu, da cui riprendiamo la lettera (8 dicembre 2018).
Grazie per la chiarezza e precisione, nonostante i limiti di spazio. Ricordo a chi critica Francesco che l’oggi rimpianto Giovanni Paolo II non aveva solo fans, anzi.