Cattivi. Così vogliamo essere. Non vogliamo essere buoni. «Buonista» è diventato un insulto, l’uomo/la donna di oggi vuole solo essere cattivo/a. È una parola che fa pensare alla forza, alla determinazione, all’assenza di dubbi e incertezze, alla rabbia, all’orgoglio.
Ma che vuol dire «cattivo»? L’etimologia è curiosa e significativa: il captivus è, in latino, il prigioniero (il senso del termine rimane nella parola captivitas, «cattività»). Prigioniero di chi? Il «cattivo» è tale perché è captivus diabuli. È tenuto prigioniero/posseduto da qualcuno che lo spinge a comportarsi in un certo modo.
Dunque il diavolo è tra noi, molti ne invocano la presenza e molti ne sono prigionieri. Chi è il diabolus? Anche qui l’etimologia aiuta. La parola latina diabolus è una trasposizione del greco diabolos: colui che calunnia, che porta discordia, che si mette di traverso. Il diabolus del quale siamo captivi è dunque il Divisore. Un Divisore ben visibile: il senso dell’agire comune è a brandelli e tutte le dimensioni che ci sembravano sacre – politica, cultura, civiltà; fiducia, educazione, responsabilità, coerenza – vacillano e si incrinano.
Chi parla in difesa di quelli che sembravano valori condivisi viene attaccato, immediatamente, da orde di captivi, orgogliosi di esserlo e di agire come tali. Qualunque tentativo di ricreare contatti, legami, solidarietà diventa il bersaglio di torme diaboliche che spargono sospetti, coprono di calunnie, rendono impossibile la costruzione di qualunque edificio che voglia ergersi al di sopra del fango.
Un altro nome con cui il diabolus è noto è satana, dall’ebraico satan, vale a dire nemico, avversario: satana è l’Accusatore, colui che fa di tutto per mettere in cattiva luce e rovinare. Lo fa svalutando i pregi, portando alla luce le debolezze, ingigantendo i limiti. Anche in questo caso non è difficile vederlo in azione; anzi, l’Accusatore è il soggetto più amato dall’opinione pubblica. Non aspettiamo altro che il nostro idolo (politico-non-politico, giornalista, uomo di spettacolo o tutte e tre le cose insieme) si scateni e devasti reputazioni, credibilità, vite.
Il Divisore/Accusatore ostenta la propria forza, dichiara di interpretare il pensiero della maggioranza e ripete: dico quello che pensano tutti («Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti», Mc 5,9); millantare l’interpretazione dell’unanimità schiaccia chiunque tenti di opporsi. Infine, il Divisore/Accusatore nella sua azione travolge qualunque purezza, qualunque rispetto, qualunque innocenza: è uno spirito immondo.
Ci diciamo l’un l’altro che dobbiamo fare qualcosa. Ma il diabolus non si può contrastare. Anche perché tende a renderci suoi captivi. Le semplici forze umane non possono superare qualcosa che semplicemente umano non è – o, detto in altre parole, la bontà umana non prevale, da sola, sulle dimensioni oscure dell’uomo, specie quando queste sono esaltate dal Divisore/Accusatore.
Dobbiamo ammettere di essere deboli. Di aver bisogno di aiuto. Dobbiamo invocare qualcuno o qualcosa che non siamo noi. Se pensiamo di non averne bisogno siamo condannati alla sconfitta. Di fronte agli spiriti immondi che ci tormentano dobbiamo chiedere al Figlio dell’Uomo che li mandi nei porci. Di fronte al Divisore dobbiamo fare spazio al suo contrario, il symbolon, ciò che unisce. Di fronte all’Accusatore dobbiamo invocare la presenza di un Difensore, di un Parakletos.
Nulla di ciò ci sarà dato se penseremo di potercela cavare da soli.
Emanuele Curzel (1967) è professore associato di Storia Medioevale presso l’Università di Trento; nelle sue ricerche si è occupato principalmente delle istituzioni ecclesiastiche. Ha pubblicato tra l’altro Sintesi di storia della chiesa. Date, nomi, eventi (Ancora, 2007). È direttore della rivista Studi Trentini. Storia. L’articolo che qui riprendiamo è stato pubblicato sulla rivista Il Margine n. 4/2018.
Condivido l’articolo. Il Signore insegnò che il male nasce dall’interno dell’uomo ma che c’è anche una creatura spirituale corrotta che ne favorisce il sorgere. Questo insegna la nostra “antica religione” e questo constata ogni giorno – in sé e fuori di sé – chiunque si lasci guidare dallo Spirito di Cristo.
Volevo dimostrare che il prof. Curzel parla più da teologo che da storico. Il divisore/accusatore/diavolo sono metafore ancora presenti nella testa di molti teologi e parecchi preti che le usano come se fossero personae reali e non residuati delle religioni antiche.La conclusione era che i teologi e i sacerdoti dovrebbero studiare un po’ più la psicanalisi, perché IL MALE E’ NELL’UOMO e non uno “spirito immondo” che circola liberamente e clandestinamente come un affiliato dell’ISIS, facendo lavorare gli esorcisti, che non mancano mai in nessuna diocesi e che vanno all’assalto dei poveri disgraziati colti da crisi epilettiche. Insomma,, la questione del diavolo, con qualsiasi nome lo si nobiliti, sta diventando sempre più ridicola.
Ottimo!