Non sono d’accordo con l’amico Marcello Neri (cf. Settimananews) e tantomeno con l’illustre John Allen. Il potere di radunare a me è sembrato piuttosto un raduno di poteri che possono rifarsi una verginità a poco prezzo. Un po’ come Big Oil che mette già in bilancio una quota di iniziative ambientali da promuovere e/o subire: massimo risultato (Greenwashing) con il minimo sforzo.
Gli effetti benefici di un convegno simile mi paiono marginali perché il medium, un convegno di super Esperti e manager di varia estrazione introdotto da una ragazzina che fa la messinscena dell’infanzia abusata a favore di telecamera, è ancora il messaggio, malgrado tutto. A cosa serve un raduno del genere?
Forse a sensibilizzare un’opinione pubblica fin troppo sensibile, letteralmente coi nervi a fior di pelle, e al tempo stesso anestetizzata dall’esposizione quotidiana all’innominabile attuale? O forse a rassicurarla che gli Esperti sono al lavoro per risolvere il problema e che la Chiesa è uno di questi Esperti – sì, ma esperta in «trattamento dei dati sensibili» oppure esperta in «umanità»? E la stessa istituzione ecclesiastica non deve forse rifarsi una reputazione nel campo e farlo in fretta (in fretta: assioma epocale) anche a costo di bruciare le tappe?
In effetti Francesco mi pare preso in un impasse: da una parte sa benissimo che l’unico soggetto che ha il potere di radunare è il popolo di Dio – popolo che parla la lingua della fede e dunque ogni altro linguaggio va archiviato come residuo di una stagione autoreferenziale o quantomeno decisamente ripensato (Discorso ai vescovi italiani, 18 maggio 2015).
D’altra parte lui stesso continua a promuovere commissioni, dichiarazioni e giornate mondiali d’ogni tipo (nonché a ricevere boss del web tutt’altro che sprovveduti in combutta con qualche improvvido papavero vaticano), inciampando a volte in un lessico mondano («tolleranza zero») o confidando (ne)i propri limiti («Soy un tronco», cioè negato, nell’uso del computer).
Detto questo, parafraso volentieri Evangelii gaudium 49: preferisco un papa incidentato, ferito e sporco per essere uscito per le strade, piuttosto che un papa malato per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze (però il vescovo di Roma ci ha talmente familiarizzato con la sua lingua che si capisce al volo quando legge qualcosa che non è farina del suo sacco, come appunto l’altro giorno).