Domenica 29 luglio in una affollatissima grande chiesa di un paese di montagna – erano anni che non mi accadeva di partecipare a una messa in piedi – si affaccia un vescovo, lui pure in villeggiatura. Lettura liturgica Giovanni 6,5-15: notissimo e bellissimo brano della distribuzione di cibo ai cinquemila presenti. A ogni rilettura nuove suggestioni e nuove osservazioni tra l’attenzione all’erba e il recupero degli avanzi. Sua eccellenza incentra l’omelia sulla presenza del ragazzo con i cinque pani e i due pesci disposto a condividerli con un gesto che, interpretato da Gesù, riuscirà a sfamare la folla. Gesù potrebbe fare tutto da sé, ma chiede la collaborazione dell’uomo: invito all’impegno e alla condivisione.
Benissimo: il discorso prosegue con il dovere per l’uomo della generosità, chiesta da Gesù, e la sottolineatura dell’onnipotenza di Gesù stesso che della collaborazione dell’uomo potrebbe fare a meno. Interessanti le prediche che pongono domande: se il Signore può fare tutto da solo, perché, almeno qualche volta, non lo fa? Perché non guida alla meta i gommoni dei disgraziati che si buttano nel Mediterraneo, perché non gli fa costruire le case? Se il discorso si mantiene sulla necessità – e magari la bellezza – della condivisione, è nello spirito dell’evangelo; se afferma l’onnipotenza di Gesù, ne esalta la figura, come certamente era intenzione dell’oratore, ma apre a domande inquietanti.
Nel racconto evangelico – non sto a discutere la storicità di quel segno riferito da Giovanni – Gesù si vale della generosità di un ragazzo per suggerire che la soluzione di problemi anche gravi è possibile e non accetta di essere fatto re solo come solutore di problemi: di onnipotenza non si parla.
Il problema è senza risposta e tocca la stessa natura della fede: nell’evangelo la questione non si pone, pensiamo piuttosto a quanto tocca a noi, nel drammatico presente, evitando apologie di un dio diverso da quello di Gesù.
Nota-m n. 523, 15 agosto 2018, p. 5.
Forse dipende dall’età di Sua Eccellenza (almeno mi auguro che fosse datato!), o forse da quello “spazio” tutto particolare che il “sacro” scava dentro le nostre coscienze o, meglio, dentro i nostri pensieri. E’ lì, infatti, come con arguzia e maestria scrive e descrive in diversi suoi testi un eccellente teologo italiano che ciascuno di noi “riceve” e “fabbrica” la sua originale (non sempre!) immagine di Dio. E’ il “rischio” dell’incarnazione e dell’interpretazione; il “sacro” in noi e noi nel “sacro”: nella nostra interiorità (mentale, affettiva, razionale, etc.) proiettiamo, trasfiguriamo, comprendiamo, costruiamo, de-costruiamo ogni realtà, ivi compresa l’immagine di Dio e di Gesù Cristo. Chiaro è che se uno indaga il mistero di Gesù Cristo con una “visione” cristologica – come è detta dagli studiosi di teologia – dall’alto (cioè, dal Cristo quale Dio stesso, membro divino di famiglia e casa Trinità, al suo “abbassamento” kenotico nell’incarnazione) tende a sottolineare il lato dell'”onnipotenza” e della “grandezza”. Anche se da tempo, comunque, diversi teologi preferiscono evitare di elaborare un’indagine cristologica “sui titoli” (Dio, Figlio di Dio, Figlio dell’uomo, etc.) del Cristo per seguire la via “dal basso” (umanità, vera umanità, incarnazione, scienza e coscienza di Gesù, etc.). Sono scelte che si fanno e che si possono fare. Certo è che – soprattutto dopo i grandi drammi accaduti nella storia (anche recente!) dell’umanità – risulta stridente sottolineare il tema dell’onnipotenza di Dio. La stessa categoria di onnipotenza – veniente dalla teologia scolastica (e, forse, non solo) – merita ancora e sempre un serio confronto con la storia. Gesù poteva fare a meno degli uomini? Era, quindi, uno “stregone” del sacro? In che rapporto stanno, alla fin fine, ciò che noi intendiamo/comprendiamo/diciamo con onnipotenza e l’assunzione piena e totale della “carne” in Gesù Cristo? E, poi, davvero Gesù – se lo voleva – poteva scendere dalla Croce? Problemi grossi e assai delicati…che non possiamo non ascoltare con delicatezza e sincerità. La nostra fede, anche quella più quotidiana, è costantemente “punzecchiata” da questi interrogativi. Basta aprire un quotidiano o leggere la realtà della vita nello scorrere dei giorni…