Quella voglia di esperienze “mistiche”

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ultima cena

In questi giorni la Nota La Regina della Pace del Dicastero per la dottrina della fede circa l’esperienza spirituale legata a Medjugorje (19 settembre 2024) ha di nuovo rivolto la nostra attenzione sulla presenza di fatti soprannaturali, di apparizioni e di rivelazioni private, di santi e di miracoli.

Ci sono tante persone che vivono una sorta di nomadismo spirituale, alla ricerca di emozioni forti che non riescono a trovare nei recinti della propria Chiesa. Come giudicare questi tentativi di cercare, sia pure su sentieri errabondi, un rapporto più stretto con il sacro e il divino?

Solitudine e vuoto interiore

Per capire, bisogna ricordare che spesso l’uomo è costretto a vivere in una condizione di solitudine. Molte sono le persone che, pur avendo tutto, soffrono di tristezza e di depressione. E c’è chi pensa di poter offrire una spiegazione: la scienza e la tecnica, che sembrano governare in modo esclusivo l’organizzazione di questo mondo, hanno provocato una spaventosa aridità emotiva e spirituale.

L’uomo iper-razionale e iper-tecnologico soffre di un grande vuoto interiore. Come potrebbe salvarsi? Sembra che la via migliore, al di là del ricorso a psicofarmaci o a trattamenti di ordine psicologico, sia ancora quella di alzare il capo verso il Cielo.

Ecco perché si assiste oggi alla ricerca di una spiritualità fatta di credenze e di devozioni, con un interesse particolare riservato a prodigi e miracoli. È una spiritualità che, per il fervore che talvolta esprime, può indurre a pensare che abbia una forte connotazione di carattere mistico.

Ma è importante a questo punto chiarire la differenza che passa tra la vera dimensione mistica della fede la quale – sia chiaro – dovrebbe appartenere all’esperienza di ogni credente, e certe forme di spiritualità vagamente misticheggianti. È la stessa differenza che passa tra ciò che è autentico e ciò che rappresenta solo un surrogato.

Una mistica della fraternità

Il vero credente o – se preferiamo – il vero mistico, sa che il rapporto con Dio non deve essere conquistato attraverso iniziative personali, ma deve essere accolto con gioioso stupore perché si tratta di un dono dovuto a una ragione di pura benevolenza.

C’è da aggiungere che la dimensione mistica della vita non chiude in un’interiorità di tipo narcisistico, come succede a tante persone che si rifugiano in una spiritualità tranquillante, antidolorifica, appagante, senza che questa pretenda nulla in cambio.

«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti» ha detto Gesù. Se si pensa che i comandamenti per Gesù si condensano nell’unico comandamento dell’amore, il senso è chiaro: «Se vi sentite amati, dovete a vostra volta dispensare amore». Il mistico è perciò colui che entra in questo dinamismo di amore, si sente amato ed è pronto ad amare i fratelli o, come dice l’apostolo Pietro, a rendere conto della speranza che è in lui.

Potrà scegliere a volte la via del silenzio (meraviglioso ascoltare il silenzio di certe persone), altre volte sentirà il dovere di scendere in piazza a protestare a favore dei più deboli. È certo il fatto che la vera esperienza mistica non diserterà mai il campo della fraternità.

È lo Spirito che, nella vita di ciascuno, può suggerire i diversi atteggiamenti da seguire, quello Spirito che ci è dato per renderci sempre più persuasi che Dio si ostina a credere in noi e ad abitare dentro di noi.

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