Sulla rivista russa Kholod, fondata nel 2019, è apparso un commento all’autobiografia di Aleksei Navalny, Patriot (in Italia pubblicata da Mondadori 2024). L’autore è un pope ortodosso, Andrej Kordochkin , che, per la sua opposizione alla guerra è stato radiato dal patriarcato russo per conto del quale svolgeva il ministero in Spagna (cf. qui su SettimanaNews). Il commento riguarda la scelta di fede di Navalny, il suo essere cristiano-ortodosso senza mai entrare nella Chiesa oggi presieduta dal patriarca Cirillo di Mosca. Il testo è apparso sul sito Parlons d’Orthodoxie (19 novembre). Lo presentiamo in una nostra traduzione dal francese.
La politica è sporca?
Mi è capitato recentemente tra le mani un libro col titolo Il problema tedesco e la responsabilità della Gran Bretagna. Si tratta di una conferenza di Robert Birley, consigliere nella zona sotto responsabilità inglese in Germania, pubblicato nel 1947. Birlay scrive che la sconfitta militare dei tedeschi non era sufficiente, bisognava cambiare lo spirito e la coscienza di sé del popolo, intossicato dal male del nazismo. Si riflette su due realtà della società tedesca dell’epoca. Anzitutto, nello spirito della gente la politica è altra dalla morale; in secondo luogo, avendo perduto la loro responsabilità nei confronti del paese, questa ricade integralmente sul potere.
Leggendo il libro di Aleksei Navaly, Patriot, potete comprendere che abbiamo a che vedere con lo stesso fenomeno. «La politica è un affare sporco»: l’espressione, conosciuta da tutti in Russia, è diventata banale. Ma con l’omicidio di Aleksei, l’idea della politica come affare sporco ha perduto il suo senso. Ora queste parole riguardano le persone che giustificano il male compiuto in loro nome.
Aleksei ha risposto alla domanda: è possibile una politica cristiana? Se noi cristiani consideriamo un peccato il pretendere un potere di controllo completo sulle persone, di sorvegliare la loro vita e la loro morte e se chiediamo a Dio di liberarci dallo spirito di cupidigia, ciò significa che la politica è davvero sporca? Potrebbe essere vero solo se nel Vangelo non ci fossero queste parole: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore» (Mt 20.25-26).
Il potere come servizio e responsabilità e non come opportunità di vivere senza rispettare le leggi spirituali e terrene, non punta solo al denaro e ai privilegi. Il libro Patriot racconta come la fede cristiana ha pervaso la comprensione della politica di Aleksei.
Ortodossi senza essere cristiani
Il pope Alexis Unimski ha affermato che molti dei nostri concittadini sono diventati ortodossi senza essere diventati cristiani. Dico qualcosa di rischioso: Aleksei è diventato cristiano senza diventare ortodosso, senza diventare membro della Chiesa.
Aleksei scrive che in prigione ha cercato di digiunare. Per due mesi non ha alzato la voce davanti a nessuno! È molto difficile. Ma quando parla del modo in cui i «pope prigionieri» celebrano gli uffici divini nel campo di Vladimir, diventa evidente che non è esperto del culto ortodosso. In altri termini, solo preti dall’esterno e con l’autorizzazione del Servizio federale dei penitenziari possono celebrare nelle chiese delle prigioni.
Apparentemente sembra confondere i prigionieri con «preti condannati» che organizzano la preghiera nella chiesa in assenza di un prete accreditato. Sono stato abbonato al suo canale Telegram e ricordo bene di essere stato colpito dal suo messaggio dalla prigione del 12 dicembre 2022. Quando un uomo che puzzava terribilmente è stato piazzato nella sua cella Aleksei si è posto la domanda: «Che cosa farebbe Gesù?»: un non credente non se la porrebbe. Leggendo il suo libro ho riconosciuto che Aleksei era come me. Infanzia e giovinezza erano differenti, ma tutti gli eventi che hanno scandito le tappe formative erano identici: Chernobyl, la caduta dell’URSS, 1991, 1993 e tutto il resto. Ma i nostri cammini verso la fede erano diversi.
Il miracolo della figlia
Nel suo libro Aleksei ha scritto a proposito della nascita della figlia: «Come molti che sono cresciuti nell’Unione Sovietica, non ho mai creduto in Dio, ma ora guardando la mia Dacha, come cresce, ho capito che non è una questione di ereditarismo … Ci deve essere qualcosa d’altro».
In una intervista con Boris Akunin, pubblicata nel 2012, Aleksei dice: «A mia vergogna sono un credente post-sovietico tipico. Digiuno, faccio il segno di croce davanti alle cupole delle chiese, ma vi entro raramente. Quando i miei amici ortodossi mi offrono un’insalata di legumi e dicono che è un digiuno, mi provocano. Devo spiegare loro in che cosa credo ed esigono che chiarisca a quale digiuno mi riferisco. Con tali questioni mi confondono rapidamente e mi irridono dicendo che sono un “falso ortodosso” che non conosce la tradizione. E in effetti non conosco bene i fondamentali dell’ortodossia, ma ne sono penetrato».
Nel libro Aleksei parla poco della sua fede, ma è chiaro che il suo cammino verso la fede punta ai suoi fondamenti e alla conoscenza attraverso l’esperienza della sua vita. Nessun dibattito sulla politica in Russia potrà ignorare il suo intervento davanti al tribunale: «Il fatto di essere credente è un elemento che fa regolarmente sorridere nella Fondazione anti-corruzione e attorno a me … Nella mia vita c’è la fede e un libro importante che indica molto chiaramente ciò che si deve fare in ogni situazione. Non è sempre facile seguire le indicazioni di questo testo, ma ci tento. E come ho già detto diventa più facile per me rispetto a parecchi altri di impegnarmi nella politica in Russia. Per una persona del nostro tempo tutti i comandamenti con le parole “beati”, “sete”, “fame di giustizia”, “perché saranno saziati”»; tutto questo è semplicemente sublime.
I folli e il potere
Per tanti tutto ciò è strano e incomprensibile. Oggi molti pensano che è praticamente irreale e questi sono semplicemente matti. I folli sono molto strambi. Si accomodano nelle loro celle, cercando di comprendere la loro solitudine, di pensare al bene e al male. Si incoraggiano nella speranza, ma sono soli e isolati. Nessuno ha bisogno di loro. Il nostro governo e l’insieme del sistema tentano di convincerli: «Tu sei davvero solo. È necessario isolarti!». È molto importante per le autorità intimidirvi e poi provare che siete soli. Se voi foste una persona normale allora dovreste avere paura di loro e non parlare di Beatitudini (e della speranza). L’isolamento e la solitudine sono il fine perseguito dal potere in questi casi.
Le parole sulla nostra solitudine come obiettivo del potere sono confermate nel libro. Quando ho predicato durante la cerimonia funebre per Aleksei a Berlino, ho detto che l’immagine che avevo davanti agli occhi era quello del suo ritorno a Mosca, in parallelo all’immagine della discesa di Cristo agli inferi. E l’inferno è un luogo di sofferenza.
Per noi cristiani uno dei valori principali è il pasto comune dell’eucaristia, ricordo dell’ultima cena che il Salvatore ha celebrato con i suoi discepoli. Lo riconosciamo nello spezzare il pane come è successo ai discepoli nel cammino da Gerusalemme a Emmaus (Lc 24,13-35). Così Aleksei descrive il suo pasto nella colonia penale il 15 marzo 2021. Uno dei prigionieri spezza il pane per darne un boccone a Aleksei, ma il sorvegliante ordina: «Non puoi! Ridà indietro il pane». Ai prigionieri è proibito partecipare dei loro beni. Non potete condividere il pane.
Così racconta il prigioniero politico Kostantin Kotov detenuto nello stesso carcere di Aleksei nella regione di Vladimir. Durante l’inverno il padre di Kostantin gli ha inviato un pacco contenente dei guanti caldi. Il pacco è andato “perso”, è cominciato il gelo. Un prigioniero ha regalato i suoi guanti a Kotov. Puniti ambedue: il donatore ha perso l’opportunità di libertà condizionale. La macchina del potere ha come fine la disumanizzazione e l’odio.
Digiuno per vivere
Gesù Cristo parla di sé come di un nutrimento, di un pane che sazia. Presentando il suo corpo e il suo sangue nell’eucaristia ci eleva dalla terra fino al cielo. «È incredibile vedere come si può controllare la gente con un contenitore di latte concentrato o un pacchetto di sigarette. È incredibile vedere fino a che punto umiliano e disumanizzano tutti con il cibo»: così scriveva Navalny. Sono parole di Vangelo!
Nel libro ci sono momenti toccanti, come una lettera di un giovane che chiede a Aleksei una benedizione per le nozze della figlia. Aleksei è ben lontano da considerarsi un guru; è quasi sempre ironico verso sé stesso, talora impietoso. Ma che cosa deve fare la gente quando le istituzioni religiose perdono la capacità di distinguere il bene dal male? Nel libro Aleksei parla del suo sciopero della fame. Mi ricordo di aver letto degli articoli in merito.
Pensando a lui mi sovviene sempre il poema di Gennady Chpalikov: «La gente si perde una volta sola e una volta perduta non si ritrova mai più». Nel 2019 degli straordinari musicisti russi (sapevano cosa sarebbe successo alla metà di loro?) hanno registrato un video consacrato a questi versi. Ho scritto una lettera ad Aleksei per imploralo di sopravvivere (ha ricevuto migliaia di lettere) e le ha scorse in fretta, ma questo non è importante. Ha messo fine al suo sciopero e la speranza è tornata. «Aspettavamo il miracolo ed esso si è realizzato» ha cantato poi Vassia Oblomov.
Davide e Golia
C’è una immagine biblica che Aleksei ha evocato una volta nel libro, quella di Davide e Golia.
Golia era cattivo e forte. Quando vede Davide «ne ebbe disprezzo perché era un ragazzo fulvo di capelli e di bell’aspetto» (1Sam 17,42). Ma Davide ha vinto Golia con un colpo ben assestato. Può sembrare che nella storia di Aleksei sia successo esattamente il contrario. Il più giovane e coraggioso è stato ucciso dal più anziano, sperimentato e cattivo. Ma non è così, la storia biblica dice il contrario.
Gesù Cristo era un perdente o un vincente? Tutti quelli che volevano hanno potuto vedere la sua esecuzione. Nessuno ha visto la risurrezione. Dopo la risurrezione non restava che un piccolo gruppo di discepoli. Ma il mondo è già diventato diverso: «Altri seguendo il vivo sentiero/ vanno passo passo / anche voi, senza distinguere sconfitta e vittoria». Grazie, Boris Leonidovitch Pasternak.
Aleksei Navalny si considerava cristiano credente. Vladimir Putin si dice cristiano credente. Non abbiamo alcuno strumento per misurare la fede. Ma ci sono delle realtà e cioè l’atteggiamento verso la vita e la morte, la vostra e quella degli altri. Vladimir Putin resterà per sempre nella storia come colpevole della morte di innumerevoli russi e ucraini, ma anche come il vero assassino di Aleksei Navalny. E questo non può essere dimenticato né alterato. Egli resterà fisso nella memoria per sempre come assassino.
Putin l’assassino
Aleksei era coraggioso ed è disceso volontariamente nell’inferno polare. Putin è così vigliacco che mentre Aleksei era vivo non ha mai pronunciato pubblicamente il suo nome, spaventato persino di consegnare il corpo alla famiglia, come se non dovesse succedere mai. Aleksei non aveva paura delle morte. Ne parla alla fine del suo libro. Che crediate o meno all’immortalità a questo punto non ha importanza. Putin ha paura delle morte. Si preoccupa sole di due cose: il potere e la sua sicurezza. Ma niente come il potere non può garantire la sicurezza e per questo egli è pronto a pagare qualsiasi prezzo. Tutto ciò lo rende l’uomo più pericoloso della Russia e, forse, del mondo.
La vittoria di Aleksei sulla paura mostra che Golia in realtà non esiste. Vi è solo una maschera d’arroganza e di supponenza. Ma quello che vi si nasconde dietro dovrebbe avere la possibilità di porsi la stessa domanda di Aleksei nell’ultima pagina del libro: «Ti allunghi sulla branda, guardando quella sopra di te e ti poni onestamente la questione: sei davvero un cristiano credente?». Il processo criminale apre la speranza della giustizia e del pentimento. Ma c’è anche il giudizio di Dio.
Nell’appello contro la guerra di alcuni preti che porta la data del 1 marzo 2022 è scritto: «L’ultimo giudizio attende ciascuno. Nessuna potenza terrena, nessun medico, nessuna agenzia di sicurezza vi proteggerà dalla prova». Queste parole valgono anche per l’assassino di Aleksei. Ma possiamo parlare di questo giudizio con fede, con speranza e con amore. Come ha scritto Vera Pllozkova in un poema pubblicato tre giorni dopo la morte di Aleksei a Kharp: «Quando la luce torna, quando il ghiaccio si ritira, sarai rivestito di una gloria felice».