Armando Matteo: “La Chiesa che manca”

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copertina«Trovare nuovi sentieri, nuove pratiche: in una parola, nuovo entusiasmo missionario». È questo il filo rosso dell’ultima fatica di Armando Matteo La Chiesa che manca, all’interno della collana «Evangelii gaudium. Via per il cammino della Chiesa in Italia», edita da San Paolo. Si tratta di un’interessante e sfiziosa impresa editoriale, che intende soffermarsi e riflettere con maggiore puntualità sulle domande, le sfide e le provocazioni della prima esortazione apostolica di papa Francesco, oltre la retorica sloganistica che talvolta ne ha oscurato il senso vero e la portata rivoluzionaria e, ancor più, oltre la diffidenza pregiudiziale con cui è stata talvolta tenuta a distanza.

In effetti – ed è questo il punto di partenza del testo di Matteo – che piaccia o meno, l’analisi è implacabile: giovani e meno giovani, donne di mezza età, laici adulti e impegnati, si allontanano sempre di più dalla pratica ecclesiale e, talvolta, dalla fede. Dinanzi a una crisi di queste proporzioni, le analisi sociologiche di certo non bastano, e occorre incentivare quelle riflessioni teologiche e pastorali capaci di andare in profondità, di cogliere le sfumature di una «crisi di Dio» che si esprime nella forma di una disincantata indifferenza e di non sottovalutare, al contempo, le possibilità che essa ci offre in termini di conversone pastorale e di nuova evangelizzazione. Non è possibile saltare questa fatica e ripiegare nella pigrizia spirituale e intellettuale di una visione antimoderna e conservatrice, che addosserebbe le cause di tale crisi esclusivamente a fenomeni esterni e alla secolarizzazione.

Armando Matteo non è né pigro, né indolente, tantomeno rassegnato a che tutto continui secondo «il comodo criterio pastorale del si è sempre fatto così» (EG 33). Al contrario, non teme di redarguire «la quasi totalità dei cattolici italiani» che «sta ancora ad aspettare che le cose ritornino come prima» (p. 8). L’a., infatti, è già noto al grande pubblico per aver messo il dito nella piaga della crisi in alcune pubblicazioni precedenti, tra le quali spicca La prima generazione incredula. Sul difficile rapporto tra i giovani e la fede, un volume denso di intelligenti provocazioni, la cui eco ha raggiunto moltissime diocesi italiane e che è stato appena ristampato con la prefazione di Enzo Bianchi.

Incontro a quelli «che mancano»

Le analisi condotte in questi anni dall’a. vengono brevemente riprese all’inizio di questo gustoso libretto: senza giovani, senza donne, senza adulti credenti – il titolo del primo capitolo – è l’espressione usata per fotografare la situazione ecclesiale italiana e per sottolineare che «i volti di questi uomini e di queste donne – giovani e ormai adulti – sono i volti della Chiesa che manca e che non dovrebbe mai smettere di inquietare e interrogare il cammino di ogni comunità concreta» (p. 18).

Raccogliendo le intuizioni di papa Francesco, Matteo pone l’inquietante interrogativo: «Senza giovani, senza donne e senza adulti credenti, che resta della Chiesa?» (p. 19).

Le cause di questa «mancanza» sono molteplici e, ovviamente, entrano in gioco diversi fattori, sia di natura socio-culturale, che più prettamente ecclesiale, puntualmente descritte nel testo. Dal «salto generazionale», che ha acuito una certa distanza da Dio e dalla frequentazione dei riti religiosi, al pluralismo di opzioni di scelta e di vita, che rendono più difficile il credere; dall’analfabetismo biblico all’allergia verso una morale eccessivamente incentrata sul precetto e sull’interdizione; dallo scandalo verso forme di ricchezza e di potere ostentate dai rappresentanti della Chiesa, alle esperienze negative vissute spesso durante l’infanzia, in termini di religiosità repressiva, punitiva o colpevolizzante. L’a. non manca di rilevare, inoltre, che a fronte della voce di papa Francesco circa la giusta collocazione della donna nei luoghi importanti della vita della Chiesa, all’interno della realtà ecclesiale italiana manca ancora un serio discernimento sul tema; infine, l’altro tema di grande importanza riguarda gli adulti e, in particolare, gli adulti «che mancano». Se nessuno può imparare a credere da solo e la fede è anzitutto una questione di trasmissione generazionale, non si può non cogliere la rottura provocata oggi da una generazione di adulti che, in realtà, sono sedotti dal modello del giovanilismo, e rinunciano perciò al compito loro proprio: quello di essere padri e madri nella responsabilità educativa generazionale.

Il coraggio profetico delle parole di Francesco

Al centro del testo – scelta indicativa e simbolica – viene collocata la parola dell’attuale pontefice che, a partire da Evangelii gaudium, rappresenta «un bagno di realismo» (p. 55), che appare «sorprendentemente illuminante e capace di fissare alcuni nodi culturali, teologici e pastorali, con i quali i cattolici italiani devono al più presto confrontarsi» (p. 56). L’a. sviscera con chiarezza i sentieri «mai percorsi» di un rinnovamento ecclesiale e pastorale, che potrebbe almeno riaprire a molti la possibilità di un nuovo incontro con la freschezza del Vangelo e con la figura di Gesù: il superamento della logica di emarginazione dei laicato nel campo decisionale, un più deciso e strutturato impegno per la formazione attraverso una vera e propria ri-evangelizzazione, il superamento del clericalismo e delle sue smanie di potere a favore di una Chiesa fatta di credenti adulti, il ruolo della donna.

Non meno interessanti sono le riflessioni sulla pastorale giovanile, che Matteo auspica possa ripartire – sulla scorta delle indicazioni di papa Francesco – da una sorta di «anno zero»: ogni comunità dovrebbe mettere al centro la pastorale giovanile e quest’ultima dovrebbe avere i giovani come protagonisti, anche attraverso il cambiamento di abitudini, modelli, strutture e linguaggi, a favore di «un nuovo modo di andare incontro ai giovani, una nuova disponibilità ad ascoltarli, a partire dalle loro inquietudini e richieste, e a imparare a parlare il loro linguaggio» (p. 84).

Dalla Chiesa che manca alla Chiesa che serve

Le conclusioni sono affidate all’auspicio di un nuovo slancio missionario e di un’efficace conversione pastorale, capaci di mostrare il volto di una Chiesa «comprensiva, vicina, realistica, incarnata» (p. 88). Secondo il teologo dell’Urbaniana, è questa la Chiesa che serve: una Chiesa che pensa, cioè che compie «il gesto onesto e coraggioso di pensare sul serio il tempo che stiamo vivendo e nel quale le concrete comunità ecclesiali italiane sono chiamate ad annunciare il vangelo della gioia» (pp. 92-93), proprio per aprirsi a questo tempo senza paura; una Chiesa che educa, cioè che riprenda in mano il compito che le è proprio di iniziare alla preghiera, alla vita spirituale e alla prassi credente; una Chiesa che festeggia, che vive cioè una dimensione di festa, di accoglienza, di ospitalità e di letizia nell’amore, capace di generare luoghi, linguaggi e occasioni di condivisione della vita quotidiana della gente e di liberazione, oltre il clima funereo e depressivo che a volte ci avvinghia e la spiritualità sacrificale e quaresimale che ha spesso la meglio.

Il testo si chiude con un interessante decalogo di Pastorale giovanile-vocazionale, che intende «dare volto e forma a quel sogno di una Chiesa inquieta che papa Francesco ha voluto condividere e consegnare ai cattolici italiani riuniti a Firenze» (p. 115).

Con uno stile limpido e un linguaggio diretto, tagliente e spesso ironico, Armando Matteo ci consegna un testo ricco di spunti e di provocazioni per il futuro del cristianesimo. Per quanto i dati numerici della sociologia non possano mai rendere pienamente ragione di quel misterioso mondo interiore nel quale si gioca l’avventura dell’incontro personale con Dio, egli non indugia a facili ottimismi che, ieri come oggi, rischierebbero di stendere un velo sulla crisi attuale del credere e di alimentare un alibi volto a lasciare le cose come stanno. Senza limitarsi alla fotografia nuda e cruda, inoltre, il testo ha pagine molto dense, dalle quali emerge la proposta di gesti, azioni e strumenti concreti per iniziare a realizzare il sogno della Chiesa futura e del futuro della Chiesa. Da leggere, da gustare, da condividere. E, soprattutto per i pastori, da non snobbare.

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