Barbiana, dicembre 1965, il regista Angelo D’Alessandro era salito nel Mugello, in Toscana, da don Milani, per un’inchiesta sull’obiezione di coscienza. L’incontro con don Lorenzo e i ragazzi della Scuola di Barbiana spariglieranno le carte in tavola del cineasta che si era reso disposto a fare una lezione di cinema a quei giovani come ai suoi studenti del Centro sperimentale di cinematografia.
Angelo D’Alessandro ascolta, guarda, non chiede, si lascia sorprendere.
Torna più volte a Barbiana finché è lo stesso don Lorenzo ad offrirgli di girare delle riprese, di riprendere la scuola di Barbiana, consentendogli di raccogliere una testimonianza unica, condivisa dallo stesso don Lorenzo che narra, parla, spiega.
È così che cominciò più di 50 anni fa questa storia che ci porta fino ad oggi a Barbiana ’65 la lezione di don Milani di Alessandro G.A. D’Alessandro, figlio di Angelo D’Alessandro, autore e regista egli stesso, che ci dice: «I temi della fede, del Vangelo, dei diritti umani, della guerra e della pace, sono stati spesso argomento di riflessione nella mia famiglia, in quanto direttamente collegati all’attività di mio padre, come regista e autore televisivo ma anche docente di regia cinematografica al Centro sperimentale, documentarista cresciuto nel solco del Cinema Verité e del neorealismo.
A casa, di ritorno dalle riprese, da un intervista o un incontro significativo, mio padre condivideva anche con la famiglia il percorso di un nuovo lavoro.
Dell’incontro con don Lorenzo Milani e i suoi ragazzi, dei viaggi a Barbiana del 1965, mi ha raccontato in diverse occasioni e più raramente ricordo ne accennasse in qualche seminario sul cinema all’università. E se accadeva era per trarne un esempio rispetto all’argomento trattato. In qualche modo don Milani affiorava nei modi più imprevedibili.
Inoltre ne aveva scritto in un numero speciale del mensile Testimonianze del dicembre del 1967.
Anche mio padre è stato inevitabilmente segnato dall’incontro con don Milani e i suoi ragazzi, come è accaduto alla maggior parte delle persone che per un motivo o un altro lo hanno cercato e hanno avuto la possibilità di entrare in contatto diretto con lui.
A mio padre è toccato anche avere, tra pochissimi, la possibilità di riprenderlo con una macchina da presa. Si era recato a Barbiana nel dicembre del 1965 e desiderava tra l’altro mostrare ai ragazzi un film di Pabst, Tragedia nella Miniera, considerato uno dei principali film pacifisti. In effetti, appena a Barbiana arriva la corrente elettrica, la prima cosa che don Milani fa, oltre a comprare la lavatrice e a chiedere in regalo macchine per scrivere e calcolatrici elettriche per la scuola, è procurarsi un proiettore 16 millimetri con cui vivisezionare coi ragazzi film d’autore, analizzandone linguaggio e montaggio fotogramma per fotogramma. Il film infatti viene visionato varie volte dal priore e dai ragazzi che alla fine dimostrano di come si tratti in realtà di un film mediocre. Mio padre racconta di come avessero perfettamente ragione: era salito per fare lezione ai ragazzi ma la lezione l’avevano fatta a lui».
Le immagini del 1965 ci mostrano chi fossero i primi allievi di don Milani. La sua scuola si rivolge soprattutto agli ultimi, ai figli degli operai e dei diseredati che, più degli altri, scontavano le conseguenze della loro ignoranza. Lo scopo di don Lorenzo è chiaro: far diventare i suoi allievi dei cittadini veri, uomini capaci di andare in fondo alle cose, a ragionare con la propria testa, ad essere appunto “sovrani di sé stessi”.
Le testimonianze di oggi di Adele Corradi, Beniamino Deidda, don Luigi Ciotti, su Scuola, Costituzione e Vangelo, i tre pilastri fondanti il pensiero milaniano, compongono un racconto che trova il suo culmine nella lettura che don Lorenzo fa davanti alla macchina da presa della sua Lettera ai giudici, il testo scritto per difendersi dalle accuse di apologia di reato nel processo che lo attendeva a Roma.
Ma perché il materiale filmato nel ’65 è rimasto “nascosto” per 50 anni?
«Il materiale messo insieme da mio padre è di circa 40 minuti in pellicola bianco e nero, mentre la colonna sonora venne registrata a parte su nastro magnetico, come si usava in quegli anni.
Ricordo il suo racconto, confermato anche da Antonio Piazza, direttore della fotografia e operatore di quelle riprese, della delusione avuta nel non aver avuto risposta tempestiva e di vero interesse da parte della Rai cui aveva proposto il materiale in un primo momento, appena terminate le riprese.
Sapevo che mio padre solo nel 1980, in occasione di un convegno a Firenze su don Milani, aveva proposto in una proiezione al pubblico il film-documento intitolato Una Lezione di Lorenzo Milani, realizzato con il materiale girato a Barbiana nel ’65 e “ordinato” con il suo montatore Milko Dujella (questa è la parola precisa che appare nei titoli di testa) e avendo registrato brevi commenti, solo in voce, della sua esperienza a Barbiana. Ma poi del materiale non avevo saputo più nulla.
Forse deve aver ritenuto che i tempi non fossero ancora maturi, forse in lui era maturato un ripensamento, una sorta di pudore rispetto a quelle immagini o non condivideva l’uso che se ne intendeva fare, consapevole del peso che avrebbero potuto avere negli anni immediatamente successivi.
Ciononostante, a seguito di richieste di persone di cui aveva stima e fiducia, decise di concedere a titolo gratuito circa 5 minuti di quel materiale.
Quelle poche inquadrature che raccontano don Milani e la scuola di Barbiana, che furono concesse limitatamente a questi programmi, purtroppo sono invece state più volte indebitamente usate negli anni successivi in tanti speciali e programmi televisivi anche recenti.
Mio padre si era pentito di quella cessione, non tanto per la sistematica omissione del suo nome come autore delle riprese, ma per l’uso parziale e divergente dalla sequenza originale, come spesso accade nel formulare un nuovo montaggio.
Per questo motivo oggi quel materiale prezioso, unico, mia sorella ed io lo abbiamo affidato all’Archivio storico Istituto Luce, perché venga adeguatamente conservato, difeso da usi impropri, diffuso.
Solo dopo la scomparsa di mio padre, dopo una lunga malattia che ha lentamente cancellato memorie di una vita e lasciato senza risposte domande che avrei voluto fare con più evidenza e forza, ho cominciato a mettere ordine nel suo archivio e tra altri interessanti documenti, ho ritrovato il materiale in pellicola originale in 16 mm.
La visione del materiale rivelatosi in condizioni eccellenti e soprattutto delle bobine delle registrazioni audio mi ha spinto a recuperare informazioni legate a quell’esperienza e a poco a poco l’approfondimento è diventato un impegno che non potevo derogare oltre.
All’inizio si è trattato di emozioni, ricordi, corrispondenze, ricostruzioni tra il privato e il pubblico, che hanno conquistato man mano uno spazio e un tempo preciso nella mia vita di autore e documentarista anche io, finché ho cominciato a prendere coscienza di come riproporre questo materiale e collocarlo nella giusta dimensione mediatica e personale.
Sono tante le risonanze e le corrispondenze che il materiale ha evocato ma c’è stato un momento soprattutto determinante ed è stato quando ho potuto riascoltare le diverse bobine audio ancora in ottimo stato.
Riaccoppiate non senza fatica con le immagini offrivano quella forza, coerenza, quel calore umano, un misto di dolcezza e determinazione spietata, che tante volte sono state raccontate e testimoniate da chi ha conosciuto don Milani.
C’era lui in persona, con la sua voce, i suoi occhi e i suoi ragazzi.
Il materiale insomma reclamava di essere mostrato nella sua integrità e completezza per far comprendere meglio come e cosa don Milani vivesse nell’esperienza della Scuola di Barbiana con i suoi ragazzi».