«L’uomo è creato mistero per misteri e visioni» scriveva Arthur Machen, scrittore inglese tra i più importanti della letteratura fantastica e dell’orrore del XX secolo. Proprio Machen insieme ad altri esponenti del genere è stato riscoperto recentemente anche in Italia attraverso la ristampa di diverse opere assenti da molti anni dalle nostre librerie. Insieme a Machen troviamo anche le nuove edizioni dei maestri fondamentali del genere come H.P. Lovecraft, Edgar Alan Poe, Clark Ashton Smith e il più recente ma non meno importante Stephen King, le cui opere sono state interamente ripubblicate da Sperling & Kupfer e Bompiani. Stiamo insomma vivendo una stagione di vera e propria riscoperta delle radici del genere letterario più prolifico e influente degli ultimi duecento anni.
Ma perché oggi i temi legati al fantastico e all’orrore trovano un così vasto consenso di pubblico? Il dato suona quasi come una stonatura perché ci troviamo innegabilmente in momento storico in cui le persone sono sfavorevoli al cambiamento, poco inclini alla curiosità e in alcuni casi considerano un valore il disprezzo per la conoscenza nei suoi numerosi aspetti.[1]
Bisogna tuttavia considerare che il nostro presente storico non è diverso da situazioni passate, nelle quali le produzioni dell’immaginario hanno sempre rappresentato una sorta di bilanciamento (e di critica) verso un certo tipo di assetto: sia esso economico, politico o sociale. Joris-Karl Huysmans, scrittore francese attivo tra il XIX e il XX secolo, affermava profeticamente che l’imporsi del materialismo come conseguenza dei processi innescati dalla rivoluzione industriale avrebbe portato a una nuova età della magia. In effetti la fine dell’Ottocento e tutto il Novecento hanno rappresentato certamente l’ascesa della tecnica e del progresso scientifico, e di conseguenza del benessere materiale, ma anche quello delle dottrine spiritiste, dei circoli esoterici, di correnti come la teosofia e così via.
Stephen King: prove generali della morte
L’orrore, il mistero e il fantastico sembrano far capolino nella storia dell’uomo ogni qual volta vengono meno quei punti di riferimento capaci di dare un senso alle nostre domande fondamentali, che molto spesso si trovano proprio nei racconti. Non a caso l’insorgere di queste correnti ha coinciso con l’indebolimento del cristianesimo nella sua capacità di dare consistenza e credibilità alle realtà sovrannaturali. Dunque qual è il significato fondamentale di un genere letterario come l’horror, che oggi spopola in numerosissime produzioni, soprattutto audiovisive?
Stephen King, probabilmente l’autore il cui lavoro letterario è stato maggiormente adattato per gli schermi cinematografici e televisivi, ritiene che «il grande significato della narrativa dell’orrore, in tutte le epoche, è che essa serve da prova generale per la nostra morte».[2]
Quest’ultima rappresenta il crocevia di molteplici temi e domande che coinvolgono la natura dell’uomo nel suo significato più profondo: il senso dell’esistenza e più in generale la comprensione della dimensione temporale della vita. Proprio l’opera di King è oggi al centro di una riscoperta crescente nell’ambito delle recenti produzioni per cinema e TV. Solo nel 2017 abbiamo visto il convincente remake cinematografico di IT, La torre nera, 1922 e Il gioco di Gerald. Ma tra gli adattamenti più interessanti che vedono coinvolta l’opera del maestro americano va segnalata Castle Rock, attesa serie televisiva prodotta da J.J. Abrams e dallo stesso King per il network Hulu in onda tra giugno e settembre di quest’anno e ancora inedita in Italia.[3]
La particolarità di Castle Rock è di non essere ispirata direttamente a un particolare lavoro dello scrittore. La serie, già rinnovata per una seconda stagione, segue infatti una storia originale che mette insieme diversi elementi tratti da numerosi romanzi di King. Castle Rock è una cittadina fittizia protagonista delle storie più celebri del re del brivido come Cose preziose, Cujo, La zona morta e Stand by Me, epicentro di tutti quegli eventi che costituiscono la vasta mitologia del maestro del terrore. La serie è stata definita dallo stesso Abrams come antologica, ma con legami tra una stagione e l’altra, poiché ogni stagione narrerà una nuova storia ma non mancheranno i rimandi a quelle precedenti, per creare un unico universo narrativo.
La potenza delle narrazioni
Senza voler scendere nel dettaglio della trama di Castle Rock, è importante segnalare che l’intento degli autori è soprattutto quello di mettere in scena alcuni dei temi portanti che attraversano l’opera di King: il diffondersi inarrestabile del male in una piccola cittadina apparentemente normale e soprattutto il fanatismo religioso di matrice cristiana. In modo particolare viene mostrato come quest’ultimo, al centro di avvenimenti inspiegabili e sovrannaturali, sconfini di fatto nella fantascienza, come nelle migliori storie di King.
Ma Castle Rock è soprattutto la celebrazione della qualità misteriosa della realtà, di un quotidiano solo all’apparenza piatto e monotono, tra le cui pieghe si nascondono segreti che possono mettere in discussione le fondamenta stesse della realtà, le nostre convinzioni più profonde, che si rivelano in realtà superficiali.
Castle Rock è forse uno dei migliori omaggi visivi all’opera di King, non perché sia perfetto, ma perché celebra il potere intrinseco della narrazione, il potere trasformante delle storie. A questo proposito la serie incarna perfettamente il ruolo che il racconto fantastico assume nei confronti della realtà: una presa di posizione verso una società eccessivamente rigida, priva di fantasia e vittima delle sue stesse paure, esposta pertanto alle insidie di quel male strutturale che serpeggia nelle vie di Castle Rock.
[1] Su questo si veda il saggio T. Nichols, La conoscenza e i suoi nemici. L’era dell’incompetenza e i rischi per la democrazia, Luiss University Press, Roma 2018.
[2] S. King, A volte ritornano, Bompiani, Milano 1997, 15.
[3] Nel 2016 sempre per Hulu lo stesso Abrams aveva prodotto 22.11.64, miniserie ispirata all’omonimo romanzo di King.