Fino al 2003 il settantasettenne filosofo, teologo e biblista basco ha insegnato teologia, esegesi e fenomenologia delle religioni alla Pontificia Università di Salamanca. La sua pluriforme specializzazione emerge nel suo volume dedicato alla progressiva rivelazione di Dio nella storia con il suo popolo Israele, attestata nella Bibbia.
A diversità di altri scritti di culture coeve, i testi sacri di Israele e della comunità cristiana non sacralizzano la divinità vista nella sua potenza sessuale maschile e femminile, creatrice e feconda. Il Divino (’Elōhîm) si rivela come il Dio di Israele (YHWH). Un Dio padre del popolo, che entra con potenza liberatrice nella storia.
Considerato nei libri storici perlopiù nella sua potenza che sostiene il regime davidico, figura del futuro Messia, nelle pagine che la Genesi dedica alla creazione è visto come Dio che crea e cura con amore l’umanità, con amore paterno e materno.
L’aspetto “femminile” di Dio, il suo amore materno e paterno insieme, è espresso in vari passi dei libri profetici (specialmente Osea, Geremia, II e III Isaia). Il suo amore viscerale è eterno, immutabile, che non dimentica il suo popolo – a differenza di una possibile madre snaturata che potrebbe dimenticarsi del proprio bambino. YHWH si china sul suo popolo per attirarlo alla sua guancia, nutrirlo e insegnargli a camminare.
Nei libri sapienziali Dio appare come Padre e creatore, un Dio Sapienza, Padre universale. Negli scritti apocalittici compare come collegato al giudizio finale, mentre negli scritti rabbinici è frequente la sua invocazione come “Padre nostro (’ābînû)” e “Re nostro (malkēnû)”, padre e re della comunità di Israele.
Il messaggio di Gesù è incentrato sulla venuta del regno di Dio, che inizia a contagiare fin d’ora, con la sua potenza liberatrice e risanante, il mondo dei poveri, degli oppressi e degli emarginati.
I vangeli conservano con venerazione l’espressione aramaica’Abbà’ (Babbo, Papà), usata non solo dai bambini, con la quale Gesù esprime tutta la sua fiducia e confidenza nell’opera e nella vicinanza del Padre alla sua persona, alla sua missione e specialmente al momento del dono supremo al Calvario, in una morte solidale, redentrice, espressione massima dell’amore del Padre e del Figlio.
Dio è Padre e Madre insieme, perché l’uomo non può arrivare ad avere l’esperienza del padre se non con l’azione educatrice della madre. Il Padre-Madre di Gesù è provvidente e può essere invocato con fiducia con la Preghiera del Pater che Gesù insegna ai suoi discepoli.
Nella notte della lotta sul Monte degli Ulivi e nel buio della morte al Calvario, Gesù, pur avvolto psicologicamente dall’angoscia della solitudine, si abbandona nella preghiera al Padre. Questi si mostra Padre accogliendo – in modo paradossale, certamente – la sua preghiera. Il Padre si mostra tale amandolo, sorreggendolo nel dono di sé, ma non intervenendo con una potenza “mondana” a salvarlo dalla croce, pena la situazione irredimibile dei peccatori, dei lontani da Dio, di coloro che sentono la loro preghiera inascoltata, del dolore degli innocenti.
Gli scritti della comunità primitiva confluiti negli Atti degli Apostoli, nelle lettere paoline e negli scritti giovannei testimoniano il fatto che la comunità cristiana avverte la risurrezione (e non solo l’incarnazione) come il momento in cui Dio Padre esercita la sua paternità, generando il Figlio alla sua condizione di Figlio di Dio con potenza.
Paolo esprime in tutti i suoi scritti la coscienza credente del fatto che Dio è il Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Il Cristo “Signore, Kyrios”, condivide parte delle caratteristiche di YHWH e in 2Cor 8,6 Paolo, servendosi della ricchezza espressiva della lingua greca, sottolinea come Dio Padre sia Theos, “Dio” e Gesù Cristo, il Messia, sia il Kyrios, “il Signore”.
Ciò che lega il Padre e il Figlio nel reciproco amore, che essi espandono sui credenti, è lo Spirito d’amore e di Verità, Spirito Paraclito che difende e conforta i credenti nelle prove.
Dio Padre mostra tutto il suo amore donando il suo Figlio agli uomini, non tenendolo per sé (Rm 8,32). Chi accoglie il Figlio, il suo amore, può vivere la stessa vita filiale di Gesù nell’amore. Secondo Giovanni, il credente nel nome del Signore Gesù Cristo può gustare fino d’ora, in una escatologia “realizzata”, la “vita eterna”.
Scritto con chiarezza invidiabile, con accorgimenti grafici (il corsivo) e strutturazione contenutistiche che evidenziano l’articolazione del tema affrontato, Pikaza offre ai lettori una piccola summa che attraversa al galoppo l’intera biblioteca biblica, mostrando la molteplicità e la ricchezza del volto di Dio, Padre e Madre insieme, rivelataci in pienezza dal suo Figlio incarnato, morto e risorto, Gesù di Nazaret.
Xabier Pikaza, La storia di Dio nella Bibbia. Dio come Padre e come Madre (GdT 405), Queriniana, Brescia 2018 (or. spagn. Madrid 2017), pp. 160, € 17,00.