Ebraico, di Sarah Kaminski e Maria Teresa Milano, è un libro geniale, a cominciare dalla laconicità del titolo, che punta dritto alla scommessa delle autrici: presentare l’universo delle culture ebraiche nell’unità della lingua che le ha espresse ed esprime.
Pensato e presentato come strumento didattico, è chiaro che nasce dalla sedimentazione di anni e anni di esperienze di insegnamento delle due autrici in università, facoltà teologica, comunità ebraica ed altre istituzioni culturali e di divulgazione. La funzione didattica non è da pensare come diminuzione del valore scientifico o accademico della pubblicazione, che è peraltro caratterizzata – come vedremo – da una notevole originalità e freschezza di metodo, da un robusto approccio teorico ai testi e da consapevolezza critica. Anzi, credo che in questo momento – come in ogni momento e per ogni generazione – la ricerca della forma e dei contenuti giusti da trasmettere alla propria generazione e alle successive sia un dovere irrinunciabile di chi, a vario titolo e in vari contesti, insegna ed è attivo nel mondo della ricerca scientifica e del dibattito accademico. Non c’è avanzamento del sapere, se non c’è trasmissione dello stesso da una generazione all’altra.
Le autrici si sono chieste cosa proporre come contenuto di un corso avanzato – diciamo un secondo anno dell’università, dopo aver imparato i rudimenti della grammatica e aver costruito un lessico di base – a chi si avvicina all’ebraico per interessi linguistici, ma soprattutto culturali: storici, letterari, religiosi e, perché no?, spirituali. Hanno scelto e organizzato i testi in una antologia di testi in lingua originale – tutti vocalizzati – e ottime traduzioni preparate da loro. Qualche svista e opacità, probabilmente dovuta a una frettolosa rilettura, andrà risolta in una seconda edizione, in cui un corpo maggiore ai caratteri ebraici e l’uso di un solo tipo di carattere per traduzioni e commenti potrebbero felicemente venire incontro alla presbiopia e ai gusti tipografici dello scrivente e di altri eventuali lettori non più giovanissimi, ma esigenti e appassionati.
Accanto all’antologia di testi ebraici, il lettore trova un’antologia di pagine critiche e di riflessioni, in agili e puntuali riquadri, e una trattazione limpida, chiara e aggiornata di temi talvolta delicati e complessi: filologia biblica, il rapporto tra Bibbia e testimonianze archeologiche, Qumran, i rapporti tra ebraismo e cristianesimo, la fondazione e costruzione di Israele come stato, contenitore culturale e generatore di nuove culture.
L’ebraismo è presentato come fenomeno culturale o, meglio, come matrice di fenomeni culturali sia medio-orientale che europea. La complessità dell’ebraismo e la pluralità della cultura ebraica è infatti inserita sia nel suo contesto medio-orientale – la Palestina e i palestinesi, i beduini, i samaritani, i drusi, i pionieri, Israele… – che in quello europeo: la cultura ebraica, popolare e colta, di Polonia, Russia, Ungheria, il sionismo… Tutto arricchito e aggiornato, con una bella bibliografia, giustamente organizzata in forma di proposte per l’approfondimento.
I testi si susseguono in un itinerario geografico, ma non c’è una mappa o una carta, perché si tratta di una geografia raccontata, letteraria, di spazi creati dai testi e di spazi che, reali e simbolici, dialogano con la cultura, lo spirito e il cuore dell’uomo. Il lettore si deve formare una sua carta interiore, che lo porta a Gerusalemme, nel deserto, a Beer Sheva, sui monti della Bibbia ebraica e cristiana, a Safed, Yafo-Tel Aviv. A volte il libro diventa quasi una guida turistica, non nel senso di una Lonely Planet o di un Bedecker, ma nel senso di una torcia e un binocolo puntati sui luoghi significativi per la Bibbia, per i cristiani e gli ebrei, per Israele, luoghi i cui significati si ricreano continuamente davanti al lettore e dialogano tra di loro grazie alla lingua ebraica, alla sua sintesi, al suo essere semitica ed europea insieme.
Normalmente le antologie si basano sulla contestualizzazione, per lo più storico-cronologica, dei testi e rinunciano in questo modo ad un approccio teorico alla loro complessità e alla potenziale conflittualità delle letture, delle interpretazioni, del dialogo tra testi e autori. Le autrici di Ebraico, invece, hanno scelto, spezzettato e ricombinato tra loro i testi con un metodo decontestualizzante o, meglio, spiazzante in un senso non lontano dalla Verfremdung brechtiana. La ricontestualizzazione in un percorso geografico-spaziale è solo un pretesto, strumentale per staccarsi dall’asse cronologico, e un frame narrativo elegante e rassicurante per far brillare tra loro le pietre focaie di temi e testi che vengono da anime e tempi diversi della letteratura ebraica. Le citazioni bibliche, comprese traduzioni ebraiche di brani del Nuovo Testamento (la fonte dovrebbe essere indicata con chiarezza), sono quasi sempre il punto di partenza, al quale sono associati poesie e canti, medievali e moderni, pagine di romanzi contemporanei o saggi della letteratura rabbinica, della mistica, del rinascimento o dell’illuminismo.
L’obiettivo è chiaro: il testo biblico, fondamento delle culture ebraiche e cristiane, può far esplodere la ricca pluralità di significati, tradizionali e nuovi, solo se dialoga con la letteratura ebraica nel suo complesso, se le parole ebraiche della Bibbia sfregano con le parole ebraiche di canti e racconti scritti dalla Bibbia in poi, nel Medio Evo, nell’Europa settentrionale e orientale come in Sefarad, nella modernità europea e in Israele. Viceversa, le parole della letteratura ebraica non possono che entrare in risonanza con le parole, le radici lessicali, il DNA linguistico-culturale della Bibbia. Il rapporto simbiotico o dialettico con il testo biblico si rintraccia naturalmente anche nella maggior parte delle letterature cristiane e post-cristiane, europee ed orientali, ma questo è un altro discorso, che deve comunque essere ripreso per ricercare e promuovere il ruolo dell’ebraico e della Bibbia nelle scuole e università delle nuove generazioni.
Il risultato sorprende, talvolta è scioccante — come nell’accostamento dell’Elì Elì di Gesù sulla croce (Matteo 27,46) con l’incipit della poesia di Hanna Szenes, eroina ungherese della resistenza ebraica al mandato britannico, giustiziata all’età di ventitré anni — spesso commuove, sempre fa riflettere e spinge a leggere ancora. Il ritmo veloce e l’alternanza di testi brevi, traduzioni, commenti, riquadri critici e informativi si avvicineranno allo stile di lettura e apprendimento dei nativi digitali, all’abitudine che è ormai di tutti noi per finestre che si aprono e link che fanno rimbalzare e guidano la navigazione in rete.
Grazie alle autrici per averci offerto uno strumento così ricco, provocatorio, ben pensato e prezioso!
Sarah Kaminski – Maria Teresa Milano, Ebraico, collana «Fondamenta: Biblioteca di Scienze religiose», EDB, Bologna 2018, pp. 231, € 22,50. La recensione di Alessandro Mengozzi è pubblicata su Kervan – International Journal of Afro-Asiatic Studies, n. 23/1 (2019), pp. 257-259.