Il libro dell’Esodo

di:

copertina

Mentre i volumi della collana Nuova Versione della Bibbia dai Testi Antichi riguardanti i libri del NT sono stati tutti editati, mancano solo pochi commenti a quelli dell’AT. Il volume di Germano Galvagno e Leonardo Lepore colma un’attesa molto viva nel pubblico. Il Libro dell’Esodo costituisce infatti un testo basilare per la fede di Israele e delle Chiese cristiane.

Dopo la Presentazione (pp. 3-4), seguono delle Annotazioni di carattere tecnico (pp. 5-8), l’Introduzione (pp. 9-40), il commento vero e proprio (pp. 41-430) e un capitolo riguardante l’uso del libro dell’Esodo nell’odierna liturgia, curato da Nicola Mancini (pp. 431-438).

Il commento si presenta disposto su tre registri. In quello superiore viene riportato nelle pagine pari a sinistra il testo ebraico, su quelle dispari a destra la traduzione personale di Germano Galvagno. Nel registro mediano trovano collocazione le note filologiche curate da Leonardo Lepore. Nel registro inferiore viene postato il commento esegetico-teologico composto da Galvagno.

La traduzione è condotta sul testo ebraico, ma tenendo conto anche delle versioni antiche greche, latine e siriache.

Gli autori affermano che alcune traduzioni antiche possono attestare forme testuali più antiche o migliori. Il Pentateuco Samaritano tende ad armonizzare il testo di Esodo integrando passi del Deuteronomio e presenta alcune istante ideologiche proprie (cf. l’aggiunta di citazioni del Dt poste in coda al Decalogo di Es 20,1-17).

La traduzione greca dei Settanta presenta limature teologiche comprensibili (elimina la visione diretta di Dio in Es 24,10-11) e presenta un testo molto diverso in Es 33-40, in cui la LXX omette diversi passi. Probabilmente le istruzioni dei cc. 25-31 si limitavano a pochi aspetti o non esistevano del tutto e furono aggiunte per dare statura teologica a quanto espresso ai cc. 35-40.

Destinatari, autore e datazione

Oggi raccoglie vasto consenso l’ipotesi che il Pentateuco sia per gran parte opera della Scuola Sacerdotale (= P), che nel periodo dell’esilio raccolse, rielaborò, compose e trasmise le grandi tradizioni preesistenti riguardanti i patriarchi e la storia dell’esodo. La composizione finale delle tradizioni pre-P, P e post-P avvenne lungo i secoli, fin dentro l’epoca persiana.

La strutturazione decisiva delle antiche tradizioni dell’esodo e del Sinai da parte del racconto sacerdotale venne seguita, in epoca post-esilica, da ulteriori e numerose e (più o meno) consistenti implementazioni redazionali (indicate dalla sigla post-P) avvenute in momenti diversi, ad opera di mani diverse e senza una particolare ideologia comune.

In epoca persiana, e non solo, anche Esodo conobbe integrazioni mirate di istanze ideologiche, di pannelli narrativi (ad es. 1,22-2,22), di materiale legislativo (23,24-33) o di mirate armonizzazioni con altri libri del Pentateuco, in particolare allorquando Deuteronomio venne posto a conclusione del Pentateuco. Risalirebbero a questo frangente l’inserzione del Decalogo in 20,1-17, o alcuni passi dai tratti tipici di quella letteratura, tra i quali 19,3b-8; 32,9-14; 34,11-13.15-16).

Esodo, analogamente al Pentateuco, è un testo costitutivo dell’identità del popolo di Dio. Le diverse epoche implicate nella sua formazione (da quelle più remote all’epoca esilica, all’epoca persiana e, in parte, a quella ellenistica) hanno espresso istanze votate a delineare i termini di riferimento della memoria e della vita di Israele. Tutto il popolo, in diverse fasi della sua storia, è stato destinatario di quanto si andò custodendo, elaborando e reinterpretando delle vicende e delle norme di cui Israele aveva beneficiato da parte di Dio.

Il libro crebbe nel tempo e in base a istanze successive, piuttosto che essere redatto in un momento specifico. Se rimane nell’incertezza l’epoca remota di origine delle tradizioni più antiche, si può ritenere che «la composizione di Esodo (e della Torà) abbia avuto nell’epoca persiana il momento della sua strutturazione fondamentale e della sua più consistente implementazione» (p. 33; cf. anche pagine precedenti).

«Attraverso episodi originali, passi connettivi tra i materiali più antichi e puntualizzazioni interne a questi – afferma Galvagno –, la narrazione sacerdotale è la prima ad articolare una grande storia che va dalla creazione dell’universo alle origini del clan patriarcale (connettendo e gerarchizzando le figure di Abramo, Isacco e Giacobbe), alla liberazione dalla schiavitù d’Egitto, al cammino verso il Sinai, all’alleanza, all’edificazione della dimora divina, all’avvio del culto e al proseguimento del cammino verso la terra promessa» (p. 30).

In Esodo la teologia sacerdotale è responsabile di passi strutturanti come quello di 6,2-8, di brevi brani connettivi, di materiale genealogico come quello racchiuso in 6,13-27, di integrazioni e riletture all’interno del ciclo delle piaghe, di materiale prescrittivo a proposito della Pasqua (12,1-20), di una versione alternativa e infine preminente del miracolo del mare, della elaborazione dell’episodio della manna, della rilettura della tappa del Sinai non come momento di stipulazione dell’alleanza (già avvenuta, in questa prospettiva teologica, in Gen 17) ma come momento dell’edificazione del santuario mobile.

Data la disparità del materiale, nella sua analisi esegetico-teologica, Galvagno è attento all’esame diacronico dei testi, in quanto, secondo lui, è importante riferirli a epoche precise della loro composizione.

Struttura del libro dell’Esodo

I due autori hanno individuato una struttura innovativa del testo di Esodo, molto interessante in quanto collegata strettamente allo sviluppo del contenuto teologico fondamentale del testo. Non affastella racconti e legislazione, ma segue un filo teologico decisivo. Essa segue di fatto la rivelazione progressiva della sovranità di YHWH al suo popolo, anche attraverso la figura di Mosè, e la pattuizione dell’alleanza che precede la costruzione della dimora divina.

Es 1,1-15,21 presenta Il sovrano vincente. Dopo gli antefatti della vicenda (1,1–2,22), l’inizio di essa è segnato dalla vocazione di Mosè (2,23–4,17). Seguono i primi passi di Mosè in terra d’Egitto (4,18–6,27), i segni e i prodigi divini sull’Egitto (6,28–11,10), la Pasqua e la decima piaga (12,1–13,16) e, infine, l’uscita dall’Egitto (13,17–15,21).

Es 15,2-18,27 è rapportato a Un sovrano solerte verso il suo popolo. A Mara le acqua sono risanate (15,22-27); si narra della manna e del sabato (16,1-36); a Massa e Meriba l’acqua esce dalla roccia (17,1-7); seguono i racconti riguardanti la sconfitta di Amaleq (17,8,16) e l’incontro con Ietro (18,1-27).

Es 19,1-24,11 ha come tema centrale L’alleanza. Dopo l’inizio della sezione sinaitica (19,1-25), seguono il Decalogo (20,1-17) e gli ultimi elementi introduttivi (20,18-21). Es 20,22–23,19 riporta il Codice dell’alleanza, mentre 20,20-33 illustra le prospettive circa l’ingresso nella terra e 24,1-11 descrive la pattuizione dell’alleanza.

Es 24,12-31,18 tematizza La dimora del sovrano: le indicazioni divine. Una nuova teofania per Mosè segna l’inizio solenne alla sezione (24,12-18). In 25,1–27,21 sono contenute le prescrizioni per la dimora e i suoi arredi. 28,1–29,46 illustra le prescrizioni per i paramenti e per la consacrazione dei sacerdoti e dell’altare. 30,1-38 elenca le prescrizioni per ulteriori dimensioni e complementi cultuali. La sezione si conclude con 31,1-18 che riporta le prescrizioni circa i lavoratori e la conclusione.

Es 32,1-34,35 si raccoglie attorno alla figura di Un sovrano misericordioso. Si descrive il peccato del popolo (32,1-6), l’ira divina e l’intercessione di Mosè (32,7-14), la discesa di Mosè e la sua reazione (32,15-35), le prospettive immediate della relazione tra il Signore, Mosè e Israele (33,1-23). Seguono il racconto del rinnovo dell’alleanza (34,1-28) e quello riguardante la discesa di Mosè e il bagliore del suo volto (34,29-35).

Es 35,1-40,38 descrive La dimora del sovrano: la realizzazione. Il riposo sabbatico è presentato come richiesta previa (35,1-3). Seguono la descrizione della raccolta dei materiali e della cooptazione degli artigiani (35,4-36,7), la realizzazione della dimora e dei suoi arredi (36,8-38,31), la realizzazione dei paramenti dei sacerdoti (39,1-32), la consegna a Mosè di quanto realizzato (39,33-43), l’allestimento della dimora con le indicazioni divine e la loro esecuzione (40,1-33). Conclude la sezione e il libro intero la memoria viva della presenza divina in mezzo al suo popolo (40,34-38).

Caratteristiche del materiale narrativo

Gli autori del commentario non ricercano nel testo una documentazione per l’effettivo svolgimento dei fatti, ma una focalizzazione sui contenuti teologici: la fede in YHWH e l’identità di Israele. Questi furono i motivi decisivi per cui le pagine dell’Esodo furono elaborate, rielaborate e trasmesse. Se non è possibile richiedere affidabilità storiografica a queste pagine, occorre inoltre riconoscere che questa letteratura presenta caratteristiche e originalità proprie. Sono racconti popolari, di carattere episodico, senza una trama effettiva complessiva che abbracci l’intero libro. Sono episodi più o meno brevi, conclusi in sé stessi.

Presentano, inoltre, una stilizzazione dei personaggi, che per lo più non cambiano opinione (cf. la figura del faraone, sempre anonima e connotata negativamente). Il “cattivo” è colui che riceve maggiori attenzioni nel racconto.

Altri tratti tipici della narrazione sono l’assenza di formalità nei rapporti istituzionali, l’ironia e una certa approssimazione riguardo alla coerenza e alla plausibilità dei dettagli narrativi.

Oltre alla consapevolezza della loro origine popolare, occorre ricordare il significato e la portata delle locuzioni divine. Essi per lo più riflettono semplicemente l’esigenza da parte del narratore di conferire la maggiore autorevolezza possibile a determinati contenuti e a determinate prospettive. Sono ricondotte a YHWH le leggi, le indicazioni per l’edificazione del santuario, l’esodo in quanto tale, la sua prospettiva ultima (cf. 3,8.17; 6,8; 23,20-31; 34,11) e una serie di indicazioni nelle successive tappe del cammino. Azioni e contenuti nel libro sono, in tal modo, posti in evidenza dalla statura teologica della loro origine. Mosè risulta un portavoce e un esecutore, senza mai assumere significative iniziative proprie (a eccezione dell’intercessione in occasione del peccato di Israele, cf. cc. 32–34).

Caratteristiche del materiale legislativo

Pur distanti dal nostro contesto culturale, sociale e religioso, i materiali legislativi «trasmettono l’indicazione da parte divina di una forma adeguata di umanità, di società e di pratica religiosa, chiamata a essere declinata nella quotidianità del popolo di Dio» (p. 13). La normativa biblica non distingue, perlopiù, tra indicazioni morali di ampio respiro, leggi specifiche o prescrizioni cultuali.

Alcune rappresentano una sezione a sé stante (25,1–31,17), concernenti la dimora e le sue varie componenti e complementi cultuali.

Nella prima parte della sezione sinaitica (20,1-17.22–23,19) si fissano le condizioni del patto tra YHWH e il suo popolo. Vi si trovano frammischiate indicazioni differenti: indicazioni morali generali prive di alcuna sanzione, leggi puntuali su circostanze ordinarie della vita, con sanzione in caso di trasgressione e prescrizioni tipicamente religiose.

Colpisce la prevalente assenza di qualsiasi forma di organizzazione formale o tematica del materiale, un qualche ordine logico riconoscibile. Tutto ciò riflette una concezione del diritto differente dai nostri parametri. «Non si trattava di normare la vita della società israelita – commenta Galvagno –, ma di archiviare (senza minute preoccupazioni di organizzazione logica) casi comuni di essa per fornire, a future valutazioni di giudici, parametri di riferimento» (pp. 14-15).

Varie normative erano considerate emanazione della stessa divinità, dunque riflesso della sua autorità.

Inoltre, non si concepivano particolari distinzioni tra i diversi ambiti della vita di Israele, dal momento che tutti erano direttamente implicati nella relazione vitale con YHWH. Dunque, «in quanto emanazione della volontà divina, le richieste morali, le disposizioni giuridiche e le normative concernenti il culto venivano inevitabilmente a intrecciarsi come condizioni richieste a Israele per il sussistere dell’alleanza con il Dio che lo aveva liberato» (p. 15).

Le leggi raccolte nell’Esodo sono un tratto emblematico dell’autocoscienza israelita: Israele può essere annoverato al rango di nazione fra le nazioni perché provvisto di sue proprie leggi, ricevute dal suo stesso Dio.

L’assenza di indicazioni concernenti le procedure per il controllo dell’effettiva osservanza delle prescrizioni nel quotidiano del popolo, il tono esortativo di molte indicazioni e il riferimento diretto a YHWH come sanzionatore delle trasgressioni, inducono a prescindere dalle categorie giuridiche a cui siamo avvezzi, per comprendere in modo adeguato le leggi bibliche.

Le leggi bibliche – afferma Galvagno –, «mentre conservavano la memoria di casi specifici ed esemplari, erano destinate, in prima istanza, a formare una mentalità, a offrire criteri di umanità, di relazioni sociali e di prassi cultuale: obiettivo primo non era sanzionare o costringere, ma convincere. Tale consapevolezza ridimensiona in parte il nostro eventuale stupore (o il senso di estraneità) rispetto alle leggi bibliche e consente di coglierne appieno, dentro una logica di alleanza, la portata (e la correlata collocazione della loro promulgazione al Sinai)» (p. 15).

Linee teologiche fondamentali

Nell’introduzione al commentario, Galvagno raccoglie le principali linee teologiche del libro dell’Esodo attorno alla figura di YHWH quale Dio di Israele e a Israele quale popolo di Dio.

  • Le caratteristiche del Dio di Israele

Nel libro dell’Esodo YHWH si mostra come un Dio che si rivela gradualmente sia agli occhi degli egiziani sia a quelli dello stesso popolo. Il roveto ardente (3,1-15), la vocazione di Mosè (cf. 6,2-8) e il Sinai (a partire dal c. 19) sono momenti eloquenti, aperti a manifestazioni ulteriori.

Il Dio dell’Esodo è un Dio fautore della libertà di Israele (cf. solo 3,17; 6.6-7; 18,8-10; 20,2), l’antagonista di chiunque possa minacciare la vita del popolo e l’esercizio della sua religiosità, inducendolo all’idolatria. Sarebbe un ricadere nella schiavitù.

YHWH è un Dio «onnipotente». Lo dimostra nella «sezione delle piaghe» (7,1-11,10) e in altri passi dove si mostra potente operatore di prodigi. Il racconto evidenzia la potenza dell’agire divino (la potenza del suo braccio o della sua mano) in grado di intervenire su tutto il creato, compreso il cuore del Faraone. Con ciò si mostra l’onnipotenza di Dio, un vocabolo che Galvagno ricorda essere un vocabolo non propriamente biblico.

Nel libro si manifesta la presenza di YHWH come «gloria». La potenza di Dio culmina nel miracolo del mare (c. 14). La tappa della disfatta degli egiziani e della nascita di Israele come popolo manifesta la gloria di YHWH stesso (cf. 14,4.17-18). Da questo momento in poi la gloria di YHWH sarà la categoria che esprime la presenza visibile di Dio a fianco di Israele (cf. 16,7.10; 24,16-17; 29,43; 40,34-35). Della gloria di YHWH si può parlare solo a partire dall’esperienza di Israele.

Nell’Esodo si manifesta la cura divina per il suo popolo. Egli è attento alle esigenze del popolo in cammino, in modo particolare nei momenti dell’inospitalità del deserto o della minaccia dei nemici potenzialmente letali (15,22-17,16). YHWH ha cura di Israele anche nei momenti ordinari della storia e Israele sperimenta l’affidabilità del suo sovrano divino.

Il Dio dell’Esodo esprime la trascendenza divina, presentando YHWH come tremendum divino, inavvicinabile. Il timore di Dio non deve però scivolare nella paura di lui. C’è familiarità che non va banalizzata, e timore che non deve diventare paura ma esprimere la percezione adeguata della trascendenza divina. Israele deve imparare a «stare al suo posto».

Il Dio dell’Esodo è un Dio legislatore. Molto materiale normativo è ricondotto all’autorità divina e fa di YHWH il legislatore di Israele (cf. 12,1-27.43-51; 13,1-16; 20,1-17.23-26; 21,1–23,26; 34,12,26). YHWH detta legge non per soggiogare il suo popolo a una nuova schiavitù, ma per offrirgli le coordinate per la salvaguardia della libertà acquisita e la misura di umanità del proprio stare al mondo (sia in termini di principi generali che di dettagliate normative su casi specifici). In Israele le leggi non vengono a configurarsi come temporanea espressione politico-culturale, ma come sapienza pratica proveniente da Dio stesso, in grado di fare la differenza rispetto alle altre nazioni (cf. Dt 4,7-8).

In Esodo c’è l’esigenza di un’alleanza impegnativa. YHWH si pone nei confronti di Israele quale alterità interessata a una significativa quanto esigente relazione di alleanza (cf. c. 24, di carattere composito). Il riferimento a lui deve essere unico, la venerazione deve essere vera e non come rivolto a un idolo. YHWH non rimane indifferente alle trasgressioni del popolo.

«L’ira divina conseguente al peccato del popolo (cfr. 32,10-12) – scrive Galvagno – non può essere ridotta a rappresentazione eccessivamente antropomorfica della divinità, né derubricata a spauracchio per fasi primitive della fede: nel linguaggio divino, il registro dell’ira divina sta a indicare che YHWH non è indifferente all’atteggiamento del popolo, che ci tiene a una risposta adeguata della controparte umana alla sua iniziativa» (p. 24).

L’ira non è mai l’esito definitivo dell’atteggiamento divino, in quanto ben più sproporzionata rispetto ad essa appare la sua misericordia (cf. 34,6-7). È la misericordia che YHWH è disposto a riservare a Israele (cf 20,5-6). Israele può farvi affidamento e riaprire così il proprio camino.

Il Dio dell’Esodo è un dio di «esodo», è un Dio in cammino con il suo popolo. La presenza di YHWH è rappresentata dal suo stesso popolo. La dimora di YHWH è connotata con una dovizia di particolari (cf. cc. 25–31; 35–40). La preziosità dei materiali esprime il rilievo del santuario (in prospettiva, del tempio) e il suo carattere mobile testimonia che YHWH non è interessato a legarsi a un luogo specifico (a uno spazio sacro), quanto ad accompagnare il suo popolo.

  • Le dimensioni dell’identità e della vita del popolo di Dio

Il popolo di Israele dev’essere vigilante rispetto ad ogni oppressione. Occorre vigilare rispetto al riproporsi di nuovi, opprimenti faraoni.

La salvezza come fondamento dell’alleanza. Dio ha liberato il suo popolo e gli prospetta una meta promettente. Questi sono i modi con i quali YHWH presenta a Israele la possibilità di entrare in una relazione unica con lui, in una familiarità inaudita, e, nella logica dell’alleanza, legano per sempre l’identità di Israele a quella del suo Dio (cf. 6,6-8). Israele perviene alla fede in YHWH per aver visto i prodigi compiuti da lui in Egitto ma anche per la salvezza dalla morte sperimentata presso il mare. Salvandolo dalla morte, YHWH ha insegnato a Israele a riconoscere nella storia non solo motivi di angoscia, ma i segni della sua presenza. Il pervenire alla fede in YHWH (e nei suoi rappresentanti) risulta concomitante alla libertà acquisita, all’avvio di un cammino insperato, atteso e promettente.

Israele viene educato progressivamente all’esigenza di mediazioni affidabili (in primis a quella mosaica). L’accesso diretto a Dio da parte del popolo non è possibile (cf. 19,12-13.21-24; 20,18-21; 24,2b; 34,3). Ogni mediazione è esposta al rischio del rifiuto o del fraintendimento, sia da parte del popolo, ma anche da parte di Mosè. Questi però si allinea in modo obbediente alle indicazioni divine (cf. 7,6.10.20; 8,12-13;21-22; 17,6; 40,16). Egli si presenta in tal modo come un mediatore affidabile e offre a Israele il criterio per il successo delle sue imprese.

Il ritmo delle feste. La dignità ricevuta di popolo libero offre a Israele i motivi adeguati per celebrare il suo Dio nel ritmo delle sue feste, in modo particolare in quella della Pasqua (cf. 12,1-27.43-49; 13,3-10; 23,10-19; 34,18-26). Di fronte ai doni ricevuti (l’esodo, i raccolti annuali ecc.), Israele matura un debito di riconoscenza verso YHWH e viene chiamato a esprimerla nei ritmi del culto e delle feste: sono i modi per riconoscere che la vita di Israele è stata resa possibile ed è resa possibile dalla presenza (eccezionale e ordinaria) di YHWH al suo fianco.

Fra Israele e YHWH si instaura una reciprocità preziosa. Il Dio che lo ha eletto come suo popolo e gli ha riconosciuto caratteristiche inaudite (cf. 19,4-6) si attende da Israele una risposta che testimoni l’effettivo riconoscimento del dono.

«I comandamenti, le prescrizioni, le norme che Dio presenta a Israele nel quadro dell’alleanza (20,1–23,33) – commenta Galvagno – non rappresentano né imposizioni arbitrarie né forme di indebito paternalismo, ma attesa di reciprocità da parte di un Dio che, per il popolo, si è messo in azione» (p. 27). Osservando le ingiunzioni divine, Israele esprime sia la consapevolezza che in tutto ciò che viene da Dio sta la possibilità di una vita autentica, sia la risposta permanente all’evento salvifico che lo ha fatto nascere (cf. 19,8; 20,19; 24,3.7). «Con questa obbedienza Israele aderisce alla misura di fede e di umanità che il suo unico Dio gli propone in modo così articolato» (ivi).

La fede come sfida permanente. La fede maturata con il miracolo del mare non è garantita una volta per tutte. Le difficoltà del deserto provocano mormorazioni, rimpianti dell’Egitto e sfiducia nell’affidabilità dei rappresentanti di YHWH stesso (cf. 15,24; 16,2-3; 17,2-3).

L’episodio del vitello d’oro (cf. 32) testimonia la difficoltà di reggere l’invisibilità di YHWH (o anche solo del suo rappresentante) e di non sostituire YHWH con un illusorio idolo autoprodotto o, più precisamente, di non ridurre YHWH a idolo (cf. 34,4-5.8).

Neppure un evento fondamentale come quello dell’esodo impedisce l’affiorare del peccato del popolo, la difficoltà a vivere in maniere lineare la relazione con il Dio liberatore. La fede è per Israele una sfida permanente. «Il libro dell’Esodo non idealizza l’epoca iniziale della storia del popolo, ma ne testimonia, fin dall’inizio, l’indole peccatrice» – scrive Galvagno (p. 28).

Gli israeliti si scoprono bisognosi di misericordia. Solo l’intercessione di Mosè (cf. 32,11-14.30-32; 33,12-23; 34,9) consente a Israele di non finire annientato dall’ira divina. Solo la misericordia di YHWH, adeguatamente sollecitata, consente a Israele (non solo sul Sinai) di rimanere in vita, a dispetto di quanto la sua condotta meriterebbe.

La risposta generosa degli israeliti alle richieste divine circa i materiali necessari per l’allestimento della dimora divina (cf. 35.21-29; 36,5.7) testimonia la loro piena adesione al progetto destinato a consentire la collocazione della presenza in mezzo al suo popolo. Gli israeliti sono custodi di una presenza inaudita. La dimora è vissuta non come un’imposizione subita, ma come opportunità di inaudita prossimità, pur con le cautele che tutto ciò richiede (cf. 33,7-10).

Nel libro dell’Esodo sono racchiusi di fatto motivi decisivi per la fede di Israele e della Chiesa. Vi sono concentrati tratti essenziali della fede biblica, della rivelazione di YHWH quale Dio di Israele e della dignità riconosciuta al suo popolo. «Il libro è rilevante, dunque, perché custodisce la memoria di eventi fondanti e implica la vita anche delle generazioni successive di Israele nella risposta al dono, ai doni ricevuti» (pp. 28-29).

Il commentario al libro dell’Esodo di Germano Galvagno e di Leonardo Lepore, pur nella presenza puntuale di indicazioni scientifiche, si presenta come compagno accessibile prezioso per molti lettori in vista di un accostamento informato e corretto a un testo biblico fondamentale per la vita cristiana.

Esodo, Introduzione, traduzione e commento a cura di Germano Galvagno, Note filologiche a cura di Leonardo Lepore, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2024, pp. 448, € 35,00.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto