Forme e generi del Nuovo Testamento

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Il volume del settantaseienne eminente teologo cattolico, docente dal 1974 alla Facoltà di teologia evangelica di Heidelberg, inaugura una nuova collana di elevato taglio scientifico dell’editrice Paideia. Rifacendosi al lungo articolo sullo stesso tema comparso in ANRW II 25.2 (Berlin 1984), 1031-1432, l’autore – noto in Italia soprattutto per il suo volume su Gesù citato anche da J. Ratzinger-Papa Benedetto XVI nel suo lavoro su Gesù di Nazaret – realizza uno studio pressoché esaustivo sull’importante tema delle forme e dei generi nel NT.

Nella Prima parte (pp. 11-102) egli offre una introduzione metodologica. “Forma” è l’insieme delle caratteristiche linguistiche di un testo… Per “genere” s’intende una categoria di testi dalle caratteristiche comuni… spesso fra loro in determinato rapporto gerarchico. Classificare e definire un genere significa… individuare l’elemento che per il lettore assolve com maggior efficacia la funzione di indicatore di riconoscimento” (p. 14). Berger confronta le caratteristiche della vecchia scuola della storia del forme con quella della nuova. Quest’ultima ritiene che la storia della tradizione sia da tener distinta dalla critica dei generi e della storia dei generi. Punto di partenza dello studio è la disanima della forma, intesa come la conformazione espressiva linguistica. La struttura dei generi si evince dal confronto testuale sincronico e diacronico. Qualsiasi storia dei generi deve essere storicamente attendibile e il suo campo abbraccia non solo la storia del protocristianesimo ma anche dell’ambiente del NT in generale.

Forma e contenuto dei segni linguistici stanno in un rapporto di corrispondenza reciproca. Anche la forma è un segno di valenza semantica tra gli altri. La nuova storia delle forme non ha origine dalla questione sinottica, ma dalla forma linguistica in quanto fulcro della comunicazione linguistica. Forme e generi sono i ponti più importanti fra attese e ricezione, fra autore e destinatari (cf. pp. 46-47). Berger traccia il rapporto tra oralità e scrittura ed espone le forme principali del nuovo indirizzo nella storia delle forme, fra cui emerge anche la nuova comprensione della “collocazione d’uso”, il famoso Sitz im Leben. Questa nozione viene ora estesa a qualsiasi situazione tipica di contatto fra testo e realtà sociale. Questa funzione è da ricostruire sulla base delle informazioni fornite dal testo stesso e dalla conoscenza della storia del cristianesimo. Discussa l’origine dei generi letterari e del rapporto tra retorica e storia delle forme ed esposto il significato e l’importanza dei macrogeneri (simbuleutico, epidittico, dicanico, cioè giudiziario/forense), egli conclude l’introduzione metodologica con una disanima della storia delle forme in rapporto ad altre metodologie esegetiche (il lavoro dello storico e del sociologo in primis).

Nella Parte seconda (pp. 103-212) Berger dà il via alla presentazione dei numerosissimi generi letterari presenti soprattutto nel NT, trattando dei generi misti: testi analogici e figurati, massime, discorsi, cria e apoftegma, argomentazioni (con lo studio dell’uso del all’AT nel NT).

La Parte terza (pp. 213-330) tratta dei generi simbuleutici: parenesi, tavole domestiche e codici dei doveri, cataloghi di vizi e di virtù, ammonizioni varie e beatitudini, invettive e annunci di sventura come ammonimento, discorso normatore e di ammonimento pretrattino ecc.).

La Parte quarta (pp. 331-500) è dedicata ai generi epidittici: confronto tra due modi di apparire synkrisis), catalogo di peristasi, inni e preghiere, chiosa e postilla, discorso con “io (si pensi a 2Cor 10), il dialogo e gli epistolaria (i personalia nelle lettere), vaticini e racconti di visioni, generi apocalittici, “racconti di prodigio” e il genere narrativo della epideixis/demonstratio, racconti paradigmatici e atti dimostrativi, racconti di dimostrazione di potenza e di eccezionalità, eziologia e indicazioni di base (sommari), racconti di martiri e di patimenti, encomio, vangelo e biografia ecc.).

La Quinta parte (pp. 501-510) studia infine i generi dicanici: apologie e testi apologetici, deplorazione, annunci di sventura e di salvezza motivati, giudizi e critiche, racconti testimoniali e uso dei testimoni. Una pagina (p. 511) delinea quale può essere il futuro della storia della forme.

Imponente l’apparato scientifico, che rende estremamente facile la consultazione del testo. All’elenco delle sigle (pp. 513-516) seguono la bibliografia essenziale sulla storia delle forme (pp. 517-524), l’indice delle situazioni e delle funzioni sociali tipiche dei genieri neotestamentari (pp. 525-540), e infine il monumentale indice dei passi citati (pp. 541-593: a una sommaria stima personale sono citati circa 650 passi dell’AT, quasi 5.500 passi del NT e all’incirca 1.500 passi riguardanti la letteratura giudaica, quella rabbinica, Qumran, il cristianesimo antico, la letteratura greco-romana). Chiude il volume l’indice degli autori moderni (pp. 594-598).

La conoscenza esatta della forma e del genere letterario di una pericope del NT è di somma importanza per la comprensione del suo contenuto, che fa corpo unico con la forma letteraria e la sua collocazione d’uso. Lo studio di uno sterminato elenco di genere letterari (con indicazione puntuale dei riferimenti biblici di esemplificazione) fa di questo volume un ottimo vademecum per la precisione del discorso dello studioso ma anche per la fatica del predicatore e per la gioia di ogni amante del testo biblico.

Klaus Berger, Forme e generi del Nuovo Testamento. Edizione italiana a cura di Cristina Esposto Collana «Biblioteca del Commentario Paideia», Paideia, Brescia 2016 (or. ted. Tübingen 2005), pp. 608, € 68,00.

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