Il grande studioso gesuita Michael de Certeau scrive in uno dei suoi testi più belli: «Ciò che è differente ci minaccia. Perciò facciamo di tutto per cancellarne le tracce. Gli altri, la morte, Dio: tutto ciò che designa una rottura dev’essere sfumato».[1]
Ciò che è altro da noi in un certo senso provoca la «rottura» del nostro io chiuso in se stesso, ci spoglia della presunzione di essere misura e centro della verità, ci apre all’incontro col diverso e, perciò, spesso ne ricaviamo la sensazione di una minaccia di cui vogliamo cancellare le tracce. E la nostra vita scorre dentro questa tensione mai sopita: da una parte siamo esseri in relazione chiamati all’amore e, dall’altro, ci spaventa il rischio che tutto ciò comporta.
Ci attira dentro questa tensione esistenziale il nuovo libro del teologo Antonio Mastantuono, Fraternità. La nuova frontiera del cristianesimo, edito dalle EDB. Sin dalle prime pagine di questo agile libro, infatti, l’autore – docente di teologia pastorale, già vice-assistente centrale dell’Azione Cattolica Italiana e oggi Consulente ecclesiastico dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti (UCID) – ci ricorda che «la fraternità è fragile e va sempre riaffermata» (p. 9), in tutta la sua profonda dimensione teologale, perché questo è l’unico antidoto alla crudeltà del mondo e a quell’individualismo sfrenato che continua a ferire la storia umana.
La visione realista della Scrittura
Sono tre i passaggi che Mastantuono ci consegna. Anzitutto, una lettura della fraternità a partire dalla Scrittura nella quale, molto realisticamente, «non troviamo una visione idealizzata dei rapporti fraterni: questi appaiono spesso segnati da gelosie, invidie, incomprensioni, persino dalla violenza del sangue versato, a riprova della faticosa tessitura delle relazioni fraterne» (p. 11). Si tratta di una storia che fa emergere le resistenze alla fraternità, che svela la violenza nelle relazioni, ma che, al contempo, nella storia di Giuseppe e i suoi fratelli raccontata da Genesi, mostra anche la bellezza di una fraternità ricostruita.
L’autore ci offre in queste pagine un’acuta riflessione su come trasformare in solidarietà i conflitti che spesso minano i legami; egli scrive che la ricostruzione di una fraternità lacerata è il frutto di un lungo percorso, nel quale un ruolo privilegiato è quello della parola. Infatti, «per curare la fraternità tradita servono parole che guardano diversamente il passato, lo amano, lo salvano. La parola, infatti, è capace di ricreare anche le nostre relazioni spezzate, farle risorgere dalle tombe-pozzo dove continua a gettarle la nostra cattiveria» (p. 31).
In questo contesto, si arriva alla pienezza del tempo in cui Dio invia suo Figlio Gesù, come segno e realizzazione compiuta della sua alleanza con l’umanità. E, Gesù, propone e realizza una fraternità universale che supera i soli legami di sangue o di appartenenza di popolo, ponendo la sua morte come un atto d’amore per gli altri, in cui chiede e dona a tutti la possibilità di essere, nel discepolato, suoi fratelli (cf. p. 37). Le prime comunità cristiane, poi, sono il segno di questa fraternità che va oltre il dato biologico in quanto generata dallo Spirito del Cristo.
La mistica della fraternità in papa Francesco
Il secondo passaggio che l’autore compie è quello relativo alla fraternità mistica contemplativa, che richiama la scelta programmatica del pontificato e del magistero di papa Francesco. Questa mistica dello stare insieme, del vivere insieme e del «mescolarsi», cui il papa ci esorta anche in Evangelii gaudium, non si rifà a qualche spiritualismo astratto o ascetico ma, afferma Mastantuono – si radica nello stesso mistero di Cristo: «Essa non propone un’idea, né un’ideologia, ma l’esperienza della fraternità insegnata e vissuta in prima persona da Gesù di Nazaret, nel richiamo al riconoscimento del volto dell’altro come appello alla responsabilità» (p. 50).
A partire da questo assunto, l’autore si sofferma sui verbi del lessico di Papa Francesco, che indicano una grammatica delle relazioni umane segnate dalla fraternità: contemplare, uscire, avvicinarsi, ascoltare, toccare, abbracciare. Si tratta di piccoli paragrafi in cui le pagine del testo acquistano respiro, non limitandosi ad essere un commento del magistero, ma offrendoci spunti di interessante lettura della società attuale e della vita umana.
Una comunità fraterna e ospitale
A chiudere il testo, una riflessione ecclesiologica, breve ma intensa, che tenta di declinare dal punto di vista teologico-pastorale la mistica della fraternità, con uno sguardo particolare all’esperienza di chiesa locale, che conosciamo col nome di parrocchia.
La fraternità ecclesiale, radicata nell’essere stati amati e scelti da Dio e declinata teologicamente e cristologicamente, ha il vantaggio di aiutarci a superare un’impostazione tridentina della parrocchia che riduce la Chiesa al solo clero, così come ci aiuta a recuperare il significato della sinodalità non come metodo organizzativo, ma, piuttosto, come scelta di essere e vivere, nella Chiesa, «il primato delle relazioni» (p. 82).
Tale primato fa sì che la comunità ecclesiale diventi lievito e fermento di due realtà: un’ospitalità ad intra e una chiamata ad extra. Anzitutto, la fraternità ecclesiale diventa il punto di partenza per una Chiesa intesa come luogo di ospitalità della vita e della storia delle persone, sullo stesso stile che fu di Gesù: «Una comunità ospitale sa accogliere senza giudicare; non guarda né all’abito, né alla condizione sociale e neppure al cammino incerto di fede» (p. 88). Ma, verso il mondo, una comunità fraterna e ospitale è capace di farsi compagnia degli uomini, di contribuire alla costruzione di legami umani, sociali e politici capaci di abbattere muri e diffidenze. Insomma, una Chiesa che – afferma l’autore citando Rahner – non è una stufa per riscaldarsi quando si ha freddo e stare bene con sé stessi, ma sa uscire verso la città degli uomini e incoraggiare i processi di umanizzazione del mondo.
Quello di Mastantuono è un testo breve e scorrevole, la cui scorrevolezza non oscura affatto la profondità e la bellezza della riflessione. Il tema della fraternità è affrontato in modo da evitare ogni riduzionismo sociologico e ideologico, ma, al contempo, l’autore non si perde in una teologia astratta; al contrario, con un linguaggio chiaro e coinvolgente, egli è capace di evidenziare la pertinenza antropologica, ecclesiale e sociale della mistica fraterna. Un libro da leggere, ma soprattutto dal quale farsi provocare, magari riflettendo – non solo personalmente ma anche nelle comunità ecclesiali – sulle domande finali che l’autore ci consegna: la fraternità, servirà a rimuovere la cenere accumulata nel tempo per far di nuovo brillare il fuoco del Vangelo? E, soprattutto: «Servirà a cambiare il volto della Chiesa e il volto del mondo?» (p. 100).
Antonio Mastantuono, Fraternità. La nuova frontiera del cristianesimo, EDB, Bologna 2020, 104 pp., 9,00 euro.
[1] M. de Certeau, Mai senza l’altro, Qiqajon, Mugnano (BI) 1993, 91.