Lo scopo del volume del quarantasettenne laico anconetano – sposato, risiedente a Perugia, dottore in teologia fondamentale, laureato in filosofia e docente di teologia fondamentale nell’Istituto teologico di Assisi – è quello di sfatare tre pregiudizi duri a morire, riguardanti le caratteristiche della Galilea meridionale nel I sec. d.C.
Con dettato semplice, sintetico e documentato, egli demolisce la convinzione maggioritaria anche ai nostri giorni, che la Galilea fosse gentile, rurale e rivoluzionaria.
L’autore sostiene la necessità di far interagire maggiormente i risultati dell’archeologia con le attestazioni letterarie del tempo coevo di Gesù, spesso sovrastimate e utilizzate in modo unilaterale e talvolta ideologico.
Nella prima parte del volume (pp. 15-56), attraverso l’analisi dei risultati delle opere di Horsley, Zvi Gal, Reed, Chance, Leitner e Robot, Testaferri ricostruisce il percorso che ha portato ai nuovi risultati.
Se, nel periodo immediatamente posteriore all’esilio, ci fu una diminuzione degli abitanti, progressivamente – specie con gli asmonei – si avviò un ripopolamento della Galilea meridionale. Essa era circondata da popolazioni gentili, ma rimase fondamentalmente di cultura e religione giudaica.
Il clima, le precipitazioni piovose tra i 600 e 700 mm annui favorirono le coltivazioni agricole, ma la Galilea meridionale conobbe anche una discreta urbanizzazione, con una rete stradale apprezzabile che permise il commercio del pesce e dei prodotti della ceramica.
La presenza di varie cittadine nuove o ricostruite (Sefforis, Tiberiade ecc.) testimonia una certa agiatezza di alcune classi sociali.
La monetizzazione attuata dagli asmonei, specie di monete di piccolo taglio, attesta la presenza di cambi commerciali di discreto volume.
La cultura e la religione giudaica sono testimoniate dalla presenza di sinagoghe – recentissima la scoperta di quella di Magdala/Tarichea –, l’assenza di motivi iconici nei sarcofagi, la presenza massiccia di contenitori di pietra, l’assenza di ossa di maiale nell’insieme dei residui rinvenuti.
Magdala testimonia la presenza di ambienti edilizi pubblici, strade larghe e ben pavimentate, un porto con il molo che attesta il commercio del pesce (salato).
La Galilea non era una regione sonnolenta, da immaginare bucolicamente attestata su un’economia di pura sussistenza e di baratto, ma una regione collegata con il sud, praticante le osservanze religiose della Torah, collegata al tempio di Gerusalemme (con pellegrinaggi ecc.), con la presenza di farisei.
La regione non fu agitata da moti rivoluzionari, ma godette con Erode Antipa di un lungo periodo (4 a.C. – 39 d.C.) di relativa tranquillità e prosperità. Moti politici violenti si ebbero a sud, in Giudea, e dopo la fine del regno di Antipa.
L’occupazione romana, pur tra mugugni immancabili, portò stabilità politica, che permise l’attività ordinata delle persone. L’attivismo edilizio procurò lavoro a molti cittadini, e con questo la tranquillità delle famiglie e della società in genere.
La Galilea non fu pagana, rurale e rivoluzionaria. Gesù fu in contatto con la cultura religiosa del sud e non fu un giudeo marginale (polemica con John P. Meier, mai citato).
Giusta la causa per cui si batte Testaferri e ben presentata e documentata la sua via per una Quarta ricerca su Gesù, che tenga maggiormente conto dei risultati dell’archeologia.
Francesco Testaferri, Galilea al tempo di Gesù. Nuove scoperte archeologiche e prospettive (Orizzonti biblici – Nuova serie s.n.), Cittadella ed., Assisi 2018, pp. 100, € 10,90.