Sempre più spesso, appare evidente come il pettegolezzo, nelle sue forme più attuali e pervasive, possa determinare crisi di credibilità, in alcuni casi particolarmente intense e difficili da arginare.
Il pettegolo vive nella convinzione di essere soggetto dell’enunciazione, quindi fonte e veicolo; in realtà può essere anche bersaglio, perché il pettegolezzo non guarda in faccia a nessuno e – essendo reticolare – non prevede un inizio e una fine. Il suo innesco può essere pianificato in modo strategico, ma la sua diffusione e il suo esito sfuggono necessariamente a qualsiasi tentativo di controllo.
La dinamica della messa in discorso del pettegolezzo prevede una certa reversibilità dei ruoli: così «il pettegolo di oggi è l’oggetto del racconto di domani. Una reversibilità che […] ha il senso di un controllo sociale».1 Per questo motivo, il pettegolezzo ha un carattere pragmatico. Dal punto di vista sociale, l’avvertenza chiara è che il pettegolezzo può essere un’arma a doppio taglio. Ammettere che pettegolezzi e rumors non sono semplicemente dei passatempi o delle forme di comunicazione leggere – tutto sommato trascurabili e connaturate alle logiche dell’interazione che caratterizzano qualsiasi tipo di comunità –, significa ammettere la piena legittimità di una riflessione approfondita sulle conseguenze che derivano da una crescente mediatizzazione del discredito e sugli effetti di senso innescati dalle voci infondate e fuori controllo.
In ultima istanza, se ciò che caratterizza le logiche di funzionamento del pettegolezzo è l’impossibilità per qualsiasi soggetto di situarsi al di fuori della sua portata – garantendosi uno spazio «neutro» di osservazione –, diviene essenziale per la Chiesa approfondire il ragionamento sull’ambiguità costitutiva di un fenomeno che, persino a un’analisi articolata, si sottrae a una facile comprensione.
Arginare il pettegolezzo è certamente difficile, ma non impossibile, a patto di riconoscerne e inquadrarne la portata rispetto alla tenuta e alla rinegoziazione della propria credibilità. Se, nella prospettiva della pragmatica, «dire è fare», una mossa decisiva da approntare per affrontare le conseguenze di un incontrollato dilagare delle voci, è mettere, dunque, al centro della riflessione il funzionamento del passaparola. In fondo, semplificare la portata del pettegolezzo può rappresentare il primo indizio dell’incapacità o della scelta pienamente consapevole di farne a meno, per sottrarsi alla tentazione di legittimare le proprie posizioni danneggiando l’altro.
1 U. Volli, «Piacere e forme della maldicenza», in M. Livolsi – U. Volli, a cura di, Rumor e pettegolezzi. L’importanza della comuni-cazione informale, FrancoAngeli, Milano 2005, 30.
Dario Edoardo Viganò, Il Brusio del pettegolo. Forme del discredito nella società e nella Chiesa, Collana: «Lampi», EDB, Bologna 2016, pp. 80, € 7,00. 9788810567203
Descrizione dell’opera
«Il pettegolo ha i tratti del potente, del legislatore e del giudice. Si erge a custode dei valori della propria comunità, e la riuscita in tale impresa è fonte somma del suo piacere».
Per la sua capacità di includere e di escludere, oltre che di stabilire nei dettagli le regole dei giochi sociali, il pettegolezzo non risparmia nessuno ed è connaturato all’esercizio del potere. Diffuso in modo estremamente maggiore rispetto alle comunicazioni reali o ufficiali – e oggi amplificato dai social media – esso diviene strategia per comprendere posizionamento e legami dei singoli rispetto alle figure di leader emergenti.
Anche la Chiesa non è esente dal pettegolezzo, come testimoniano le Lettere di san Paolo e le severe critiche di papa Francesco rivolte ai brusii e alle voci che uccidono «il fratello e la sorella con la lingua».
Sommario
I. Oralità e delega di fiducia. II. Le pratiche di comunicazione virale. III. Rumors e contesto digitale. IV. Caratteristiche dei rumors. V. Il pettegolezzo. VI. L’impegno della Chiesa.
Note sull’autore
Dario Edoardo Viganò è prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede e direttore del Centro Televisivo Vaticano. Ordinario di Teologia della comunicazione alla Pontificia Università Lateranense, insegna Linguaggi e mercati dell’audiovisivo alla Luiss «Guido Carli». Tra le sue pubblicazioni: Il Vaticano II e la comunicazione. Una rinnovata storia tra Vangelo e società (Paoline 2013) e Etica del cinema (La Scuola 2013). Ha inoltre curato Telecamere su San Pietro. I trent’anni del Centro Televisivo Vaticano (Vita e Pensiero 2013) e per EDB ha illustrato l’Inter Mirifica per il volume 1 del Commentario ai documenti del Vaticano II (a cura di Serena Noceti e Roberto Repole, 2014).
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