I due autori del volume sono impegnati nel comune insegnamento nell’Università di Sheffield. Ottantatreenne il primo – grande esperto dell’AT –, di dieci anni più giovane il secondo, studioso per lo più di letteratura rabbinica e intertestamentaria, oltre che del periodo storico persiano ed ellenistico.
Il mondo antico è stato l’ambito in cui è nata la letteratura biblica, quella entrata nel canone ebraico e anche quella che ne rimasta fuori, accettata invece dai protestanti come “libri apocrifi” e come “libri deuterocanonici” dai cattolici. L’AT è frutto degli eventi e delle spinte culturali del mondo medio-orientale, ma, a sua volta, ha creato un influsso che perdura da duemila anni, più o meno accettato.
Il libro è stato adottato a Sheffield come testo di riferimento nel corso di introduzione generale alla Bibbia. Uscito nella prima edizione nel 1989, è stato ripreso e rielaborato nel 2005 (tredici anni prima della sua attuale traduzione in lingua italiana). Esso si presenta suddiviso in quattro grandi parti: I) L’ambiente (pp. 11-92); II) Storia e religione di Israele (pp. 93-158); III) Letteratura e vita (pp. 159-336); IV) La formazione dell’Antico Testamento (pp. 337-370). Chiude il volume l’indice dei nomi (pp. 371-376).
Nella parte riguardante l’ambiente, gli autori tracciano le linee essenziali della geografia e dell’ecologia della Palestina antica: la terra, il clima, l’uso della terra nei vari periodi storici, frontiere e confini, significato teologico della terra.
Purtroppo, il lago di Genesaret non è più situato alla profondità di180 m sotto il livello del mare ma a 213,46 (2018), mentre il Mar Morto non si trova più a m. 370 sotto il livello del mare ma, suddiviso in un “mare” e un bacino collegati da uno stretto canale, a meno 415! (2018) (p. 17).
Ci si sofferma quindi sull’organizzazione sociale (legami di sangue, fedeltà conflittuali, la funzione delle genealogie e l’organizzazione in gruppi sociali).
Il linguaggio usato nella Bibbia è fluido e interscambiabile nel descrivere le varie strutture familiari, claniche, tribali. Dalla più piccola alla più grande si incontra la bet’ab (nella duplice accezione di “famiglia” che vive insieme, composta di cinque-sei membri, e di “gruppo di discendenza” interpretabile meglio come “stirpe”; cf. Gen 24,38 Abramo invia il servo a cercare una moglie per Isacco all’interno della “casa del padre”); la mishpahah (spesso tradotto con “famiglia” ma interpretata dai due autori come “gruppo di discendenza”), la shebeth (“tribù”, inteso come “gruppo di residenza”), la nazione; la “casa dei padri-bet abot” di 1-2Cr è assimilabile invece ai clan scozzesi. Sono descritti, infine, i popoli del mondo dell’Antico Testamento.
La storia e la religione di Israele sono sintetizzate seguendo la falsariga del racconto biblico e suddivise in quattro periodi cronologici: 1) Fino all’epoca di Salomone; 2) Dalla morte di Salomone alle deportazioni babilonesi; 3) Giuda sotto i Persiani e i Tolomei e i suoi abitanti in Babilonia; 4) Dai Maccabei a Erode il Grande.
Un lettore che fosse interessato ad avere un conciso schizzo storico di un particolare periodo trova qui sintetizzata in modo egregio la narrazione biblica (integrata con notizie provenienti da fonti coeve).
La terza parte del volume studia la letteratura e la vita di Israele. Il primo capitolo si sofferma sulle storie della creazione e delle origini, analizzando il problema delle fonti e il significato di “mito”, per poi delineare i contenuti di Gen 1–11.
Nello studio delle narrazioni si distingue fra narrazioni “fattuali” o “fittizie”, il rapporto fra storie e storia, le narrazioni semplici e quelle complesse.
Accostando i testi legislativi, si descrive dapprima l’amministrazione della giustizia e poi si analizzano il Libro dell’Alleanza (Es 21,1–3,19), Lv 17–26, il Deuteronomio e il Decalogo.
Dopo i sacrifici e i Salmi, si descrivono la letteratura profetica, la letteratura sapienziale e quella apocalittica.
Si tenta, infine, una delineazione sintetica del giudaismo antico, con la sua variegata strutturazione, soffermandosi sulle sue caratteristiche esteriori: tempo, stagioni, sacerdozio, il rapporto tra Scrittura, Legge e scribi, il messianismo. Sono i tratti definiti da qualcuno come quelli di un common judaism – tesi considerata da altri studiosi come insostenibile nella sostanza –, consapevoli però della natura magmatica del giudaismo coevo di Gesù, che ha portato qualcuno a parlare più di “giudaismi” che di “giudaismo”.
L’ultima parte del lavoro tratta della formazione dell’AT, seguendo la raccolta progressiva delle tradizioni precedenti la deportazione babilonica e tratteggiando la formazione del canone scritturistico con i seguenti temi: la “storia primaria”, le raccolte “profetiche”, gli scritti, il canone, testi e versioni.
Il volume è un testo di studio universitario, ma scritto in linguaggio semplice, didattico, sul filo della narrazione biblica, senza troppe problematizzazioni. Non ci sono note a piè di pagina. Una breve bibliografia (non segnalata nell’indice generale) è riportata alla conclusione di ogni capitolo.
Si poteva pensare di corredare il testo con alcune mappe e cartine geografiche, storiche, genealogiche. Avrebbero impreziosito la didattica del volume, che resta pur sempre di pregio e valido nei contenuti.
John Rogerson – Philip Davies, Il mondo dell’Antico Testamento (Introduzioni e Trattati s.n.), Queriniana, Brescia 2018 (or. ingl. 2005), pp. 384, € 44,00.