Nell’arco di poco più di due settimane si sta scrivendo la storia della TV (Game of Thrones) e la storia del cinema (Avengers: Endgame).
The Long Night, terzo episodio dell’ottava ed ultima stagione di Game of Thrones, è stata la puntata più vista nella storia della televisione. L’episodio diretto da Miguel Sapochnik ha ricostruito un’epica battaglia tra i vivi e i morti, da molti considerata la più maestosa e impressionante scena di guerra mai realizzata per il mercato audiovisivo. Avenger: Endgame, invece, conclude un arco narrativo durato undici anni, che vede alcuni tra i più importanti e amati eroi dell’universo Marvel impegnati nello scontro finale con Thanos. La pellicola è già il secondo incasso globale nella storia del cinema.
Ad accomunare i due prodotti non c’era solo l’attesa dei fan per due titoli – che in diverso modo portano a compimento la loro storia – ma anche un importante tema narrativo: il potere e come l’uomo si rapporta ad esso.
La forza nella fragilità
Avengers: Endgame sublima e porta a definitiva maturazione il cammino dell’eroe, rivelando dove si celi la fonte del potere che è in grado di renderci capaci di compiere imprese impossibili, di combattere al di là di ogni ragionevole speranza. Più interessante e complessa è la questione del potere così come viene trattata nella serie TV tratta dai romanzi fantasy di J. R Martin. Complessa soprattutto alla luce del terzo episodio sopracitato, che ha riscosso allo stesso tempo un grande successo di pubblico e un enorme numero di critiche, vincendo così il premio di episodio più visto e insieme discusso nella storia della TV.
Questo perché The Long Night porta a termine – a metà della conclusiva stagione dello show – quella narrazione durata otto anni che aveva visto al centro del suo motore narrativo la lotta per il potere politico da una parte e dall’altra la vanità di questa stessa pretesa, rappresentata dall’avanzata inarrestabile di forze magiche e mitiche, portatrici di una vera e propria apocalisse. A sorpresa invece il terzo episodio della serie conclude la storyline più importante e densa di implicazioni anche spirituali, elevando ad importanza ultima, non la battaglia escatologica tra i vivi e i morti, ma quella per il potere politico, facendo invece tabula rasa di tutti gli elementi mitici e riducendo gli elementi religiosi – importanti per l’avanzamento della trama fino ad ora –, a semplici espedienti narrativi di carattere puramente strumentale.
Insomma sia Avenger sia Game of Thrones mettono al centro l’uomo nella sua fragilità e immanenza, sottolineando come sia proprio in quest’ultima che risieda anche la vera forza dell’uomo. Tuttavia tale condizione rimane per l’essere umano anche il suo unico e definitivo orizzonte di trascendenza.
Il ritorno di Shardik
Nel campo del fantasy cosiddetto politico sono però anche altre le opere che riflettono su questi temi prendendo in considerazione l’elemento religioso in maniera molto seria. In queste ultime settimane infatti è stato ripubblicato in Italia uno dei capolavori della letteratura fantasy tra più complessi e profondi del secolo scorso, un libro purtroppo poco conosciuto al quale Martin stesso ha certamente guardato per le sue Cronache del ghiaccio e del fuoco e che lo stesso Stephen King omaggiava nel suo opus magnum La torre nera. Parliamo di Shardik, romanzo di Richard Adams (noto per il più conosciuto La collina dei conigli) pubblicato nel 1974 e per la prima volta in Italia nel 1976, con il titolo di La valle dell’orso. L’ultima edizione italiana risaliva al 1998.
Se ne La collina dei conigli Adams descriveva il piccolo mondo quotidiano di alcune colonie di conigli selvatici nello scenario dell’Inghilterra rurale, ne La valle dell’orso l’autore crea invece un’intera civiltà, abitante di un continente remoto, descrivendo la vita e i culti di interi popoli . La vicenda si sviluppa intorno ad un evento di natura soprannaturale: il ritorno sulla terra del leggendario Shardik, un orso gigantesco, manifestazione vivente del potere di Dio. Profetizzata e al tempo stesso inattesa, la comparsa di Shardik getta nello scompiglio il popolo oppresso di Ortelga. Keldrek, un umile e schivo cacciatore, è il primo a riconoscere nell’animale un messaggero del volere divino. Ma quali sono gli scopi di Shardik e come deve essere interpretata la sua presenza sulla terra?
Per alcuni Shadrik è uno scherzo della natura e un illusione, per altri è il segnale di una riscossa che deve essere consumata a danno dei potenti, per altri è il portatore di un messaggio morale, per altri ancora rappresenta il terrore, l’angoscia e la morte. Adams descrive così le diverse idee che gli uomini hanno di Dio e del modo di esercitare il suo potere, idee che verranno smentite portando a terribili conseguenze, poiché ognuno a proprio modo cercherà di piegare Shadrik alla propria visione della divinità e della religione. Come dirà uno dei protagonisti del libro: “escogitare qualcosa noi stessi e servirci di Shardick ai nostri scopi, ciò sarebbe follia e sacrilegio. […] vi sono uomini la cui religione, se fosse un tetto da essi costruito, gli cadrebbe sulla testa alla prima pioggia. Shadrik in realtà è il potere di Dio, ma i suoi adoratori raccoglieranno solo ciò che avran seminato» (R. Adams, La valle dell’orso, Rizzoli, Milano 1976, 85-86).
Politica e trascendenza
Il romanzo di Adams torna sul mercato letterario italiano mostrando intatta la sua freschezza e attualità sopratutto per come tratta in maniera frontale la relazione tra religione e potere, la dialettica tra ambizione spirituale e realtà politica.
Opere come Avengers e Game of Thrones rappresentano bene alcune tendenze della nostra società, il volto disincantato del potere e delle ambizioni umane, ma non possiamo pensare che l’uomo sia solo la somma dei propri limiti, poiché su questi non è possibile fondare nulla che sia stabile e duraturo ma sopratutto giusto.
Salvaguardando il principio trascendente del potere, inteso come continua contraddizione e verifica del potere umano, Adams ci regala invece un’opera teologico politica che problematizza fino in fondo la relazione tra politica e trascendenza, ponendola come questione fondamentale per la vita dell’uomo sulla terra, al di là di qualsiasi sbrigativa liquidazione.