Da anni il presbitero della diocesi di Lodi, professore emerito di linguistica inglese e pubblicista, si occupa di letteratura monastica medievale.
In questo volume egli edita in modo critico un’opera che, per parecchi secoli, fu il manuale classico dell’ascetismo monastico e, nell’ultimo Medioevo e nel primo Rinascimento, la sua diffusione fu seconda solo all’Imitazione di Cristo. Su di essa si formarono generazione di novizi francescani e semplici fedeli.
Nell’opera vengono riunite l’ascesi monastica e la spiritualità francescana; qui, a differenza di san Francesco, oltre a esaltare la povertà del Cristo, si sottolinea con forza il principio teologico non tanto della passione e della croce quanto l’incarnazione del figlio di Dio (K. Ruh). Questo lo avvicina ai cistercensi.
La povertà di Cristo è declinata nei termini meno radicali della “sobrietà” sull’umiltà da cui «scaturisce la propensione affettuosa per ciò che sta accanto e sotto di noi, per natura razionale e irrazionale, propensione che si traduce in mansuetudine, pazienza e misericordia. Questa è la pietas franciscana, intesa (come san Bonaventura) come dono dello Spirito Santo, che rende l’uomo capace di vedere nel proprio simile l’immagine di Dio» (ibid.).
Nato probabilmente ad Augusta fra il 1205 e il 1210, Davide si fece francescano nell’autunno del 1221 e studiò teologia probabilmente a Magdeburgo e fu maestro dei novizi probabilmente a Ratisbona, dove una casa di studi fu aperta nel 1250.
Nel 1246 è nominato, insieme ad altri tre confratelli, accompagnatore del legato di Innocenzo IV, Filippo da Ferrara, inviato quale visitatore papale delle abbazie di canonichesse di Obermünster e Niedermünster in Ratisbona. Morì ad Augusta, probabilmente il 15 novembre 1272, e fu sepolto il 19 dello stesso mese.
Il titolo completo dell’opera di questo predicatore, maestro dei novizi e accompagnatore spirituale, recita: La composizione dell’uomo esteriore e interiore secondo il triplice stato degli incipienti, dei proficienti e dei perfetti. Il titolo rimanda alle due parti dell’essere umano in cui all’epoca si suddivideva la persona e ai tre stati dei destinatari, indicati con le diverse tappe del cammino spirituale.
L’opera di Davide di Augusta si suddivide in tre libri.
Il primo è composto di due parti che, in 41 paragrafi, propongono ciò che i novizi devono continuamente considerare e tratta dell’insieme del comportamento che essi devono tenere: il rapporto con i superiori, coi confratelli, la disciplina da osservare in capitolo, alla mensa, nella celebrazione eucaristica, nella confessione, nella propria cella. Sono elencati vizi da evitare (ozio, ostentazione ecc.) e virtù da perseguire (parlare volentieri di Dio e meditare il Signore Gesù…).
Nella seconda parte, Davide si sofferma sulla necessità di rimanere costantemente sotto un buon rettore, essere attento alla falsa libertà, non peggiorare rispetto agli inizi, non possedere alcunché di eccentrico, non curarsi del giudizio umano, non conservare nel cuore né odio né rancore, esaminare spesso la condizione del proprio stato ecc.
Nel secondo libro (50 paragrafi) si susseguono una serie di istruzioni sulla riforma dell’uomo interiore, con l’illustrazione delle tre facoltà che rendono l’anima capace di Dio: la ragione, la memoria e la volontà. Queste tre facoltà vanno coltivate e fatte progredire.
Si spiega poi come tutti i vizi e i peccati nascano da una sola fonte, la superbia.
Nell’uomo esiste un quadruplice difetto che lo fa inclinare al male: l’ignoranza, la concupiscenza, la malizia e la debolezza. Questo difetto genera anche i sette vizi capitali.
Si dà la ragione, infine, del perché nell’uomo siano stati dati vari sentimenti: invidia, ira, tristezza, gioia, avarizia, insieme al desiderio del cibo. All’uomo sono stati dati anche l’amore, la speranza, il timore e il pudore.
Tre cose – fa notare l’autore nella seconda parte – espellono da noi i vizi e costruiscono le virtù: la grazia di Dio, l’industriosità propria e la necessità. Si descrivono, inoltre, i diversi rimedi speciali contro i vizi quali l’invidia, l’odio, l’ira, l’accidia, la gola e la lussuria.
Nel terzo libro (70 paragrafi) ci si sofferma dapprima sui primi tre progressi: il fervore, la fatica e la consolazione spirituale.
Il quarto progresso consiste nella fatica della tentazione, con le sue varie sottospecie: privazione della devozione, difficoltà di operare il bene, nausea per ogni bene, impazienza contro se stessi, cuore indolente, e altre quattro difficoltà (esser incerti nella fede cattolica, disperare della misericordia di Dio, spirito di bestemmia contro Dio e i santi, tentazione di colpire se stessi e di uccidersi).
Cinque sono i modi per resistere alle tentazioni: allontanare il pensiero impegnandolo in altro, scansare e fuggire ciò che è materia e occasione di tentazione, sopportare con pazienza e umiltà la verga del Signore, immergersi nell’orazione e impetrare l’aiuto delle virtù celesti, rimedi contro tutti i vizi.
Il quinto progresso comprende modalità con cui combattere i vari vizi, il sesto consiste nelle virtù pure e il settimo nella scienza.
Il volume si apre con un’ampia Introduzione (pp. 9-142) a La composizione dell’uomo esteriore e interiore, composta dal curatore Domenico Pezzini. Dopo un’analisi della figura di Davide di Augusta e delle sue opere (pp. 9-62), Pezzini traccia una “Guida per la lettura” (pp. 63-142) che segue libro per libro l’opera da lui introdotta, tradotta e annotata.
Concludono l’opera un’Appendice sulla ricezione de La composizione (pp. 541-558), l’indice scritturistico (559-569), onomastico (pp. 570-575) e analitico (pp. 576-600).
Edizione critica di un’opera molto nota nel Medioevo e con un’ampia fortuna ecclesiale. Era giusto un suo ricupero organico e scientificamente valutato e annotato.
Davide di Augusta, La composizione dell’uomo esteriore e interiore. Introduzione, traduzione e note di Domenico Pezzini (Letture cristiane del secondo millennio 59), Paoline Editoriale Libri, Milano 2018, pp. 616, € 48,00.