La misericordia divina si è imposta nell’ultimo decennio come la chiave ermeneutica e teologica principale per dire Dio al mondo di oggi.
L’Anno giubilare della misericordia, sull’onda di Deus Caritas est di papa Benedetto XVI, ha immesso nel circuito teologico e nel vissuto spirituale ecclesiale la categoria che sembra esprimere al meglio l’amore trinitario ad extra, il motore appassionato che ha messo in moto la Trinità economica, così da illuminare il mistero che, da sempre, vive nella Trinità immanente.
Il docente di teologia dogmatica all’Istituto superiore di scienze religiose “San Roberto Bellarmino” di Capua, affiliato alla Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale, traccia un bilancio teologico sul tema facendo risuonare in sintesi le proposte teologiche di alcuni grandi teologi italiani, intersecanti i temi della misericordia e della sofferenza di Dio e in Dio, rapportandola a quella della riflessione più metafisica imperante nei secoli incentrata sull’immobilità perfetta della Trinità, impassibile e immutabile.
La necessità di preferire le categorie storico-salvifiche rispetto a quelle puramente filosofiche di natura metafisica permette a Bordoni, Forte, Mancuso e Battaglia di articolare in modo accattivante e più aderente alla narrazione biblica questo tema fondamentale, mentre Canobbio si attesta per lo più ancora sulla posizione filosofico-teologica di san Tommaso.
Nel primo capitolo (pp. 13-78), Palumbo delinea il dibattito della teologia contemporanea circa la sofferenza e la compassione di Dio, partendo da Flick-Alszeghy, passando per il magistero conciliare e post-conciliare, per poi illustrare sinteticamente le posizioni di Moltmann, Jüngel, von Balthasar, Galot e C. Theobald. Viene emergendo sempre più come la passione e della risurrezione di Gesù Cristo siano opera di tutta la Trinità, che è presenta è partecipa (com-passio) alla passione del Verbo incarnato.
Nel capitolo secondo (pp. 79-132), viene studiata la proposta di Marcello Bordoni circa la partecipazione agapica del Padre alla croce del Figlio, nella potenza dello Spirito Santo. L’agape di Dio si manifesta nella kenosi-passione del Verbo incarnato e la pneumatologia va intesa soprattutto come pneumatologia crucis. Il mistero del grido di abbandono di Gesù sulla croce va rapportato alla presenza discreta, anche se non visibile, del Padre e dello Spirito Santo. La croce del Risorto è rivelazione dell’amore trinitario.
Forte (capitolo terzo, pp. 33-182) riflette soprattutto sulla sofferenza e sulla morte in Dio, “conditio sine qua non” per la salvezza. Dalla sofferenza dell’uomo si alza il grido e la domanda circa il mistero di Dio, che non può restare immobile e impassibile di fronte al male e alla sofferenza. Caratteristica del Dio della Bibbia non è l’impassibilità e l’immutabilità filosofiche, ma la “pateticità”, la capacità di patire-con l’uomo e per l’uomo. Nella sofferenza del Figlio soffre anche il Padre e, contemporanea al grido di abbandono sulla croce, vi è l’offerta totalmente gratuita e oblativa del Figlio. La sofferenza di Dio non è sofferenza per mancanza, ma sofferenza attiva di perfezione di amore, tipica di un Dio compassionato e appassionato. La speranza dell’uomo sta nel fatto che solo un Dio sofferente può salvare, perché ha assunto in toto la sofferenza dell’uomo e le conseguenze disastrose del male nel mondo e nell’umanità. La croce del Risorto è rivelazione dell’amore trinitario di Dio e il Crocifisso è la bellezza che salverà il mondo.
Canobbio (capitolo quarto, pp. 183-224), dal quale Palumbo prende quasi sempre le distanze, si attesta sulla riflessione filosofico-teologica di san Tommaso, ritenendo impossibile una sofferenza di Dio e in Dio, e vedendo nella sua impassibilità e immutabilità la “condizione senza la quale” non può aversi salvezza.
Vito Mancuso (capitolo quinto, pp. 225-270) vede nella croce l’icona della natura divina: il Padre è assente dalla storia del mondo, la sua presenza è spirituale. Egli si interroga sul dolore innocente, ripercorre le quattro teorie proposte per spiegarlo (Dio lo vuole come punizione, Dio lo vuole per insegnare, salvare; Dio non lo vuole; Dio non lo vuole, né lo permetterebbe, ma non può nulla sulla natura – posizione dello gnosticismo). La compresenza nel mondo del male e dell’amore divino è un dramma teologico, ma la croce è piantata ab eterno nel cuore di Dio, e non solo pensata come riparazione del male del mondo. Il principio di contraddizione nel cristianesimo trova l’unità nell’amore. Dio paga per primo il prezzo di sangue che la nascita della libertà richiede e il Padre, quale “principio impersonale” è assente dalla natura: la sua presenza è nello spirito umano.
Nel suo lavoro Palumbo cita spesso anche i magistrali e appassionati testi di Ladaria, con i quali si trova in piena sintonia teologica.
Non mancano le citazioni dell’ottimo lavoro di Rocchetta – Mainesw sulla tenerezza compassionevole di Dio.
Così pure vengono citati vario testi di Giovanni Paolo II, di papa Benedetto XVI (a cui è dedicato il libro) e di papa Francesco.
Nel capitolo sesto (pp. 271-310), Palumbo trae le conclusioni sintetiche circa la sofferenza e la compassione di Dio. Dio compatisce per amore la sofferenza e il dolore dell’uomo e la croce è l’unica sapienza che il NT propone per integrare positivamente tutti gli elementi del dramma teologico in campo. Il Dio di Gesù Cristo va pensato alla luce della croce, che rappresenta l’apice della dimensione kenotica del mistero dell’incarnazione. Per comprendere il rapporto tra l’immutabilità e la mutabilità di Dio occorre far ricorso all’analogia, e se, all’essenza di Dio appartiene l’immutabilità, ad essa appartiene anche il coinvolgimento appassionato che lo muove ad assumere e a redimere la sofferenza del male dell’uomo, portando in Cristo risorto l’umanità crocifissa all’interno della vita trinitaria. La Trinità economica è svelamento della Trinità immanente e il Crocifisso risorto rappresenta in modo insuperabile l’agape, la compassione e la misericordia di Dio.
Nella Conclusione (pp. 311-318), l’autore constata come una pastorale della compassione misericordiosa rappresenti l’unica strada che oggi può far incontrare il Dio di Gesù Cristo con l’umanità straniata e dimentica di lui.
Una bibliografia suddivisa secondo i capitoli della trattazione (pp. 320-340) precede l’indice dei nomi (pp. 341-345) che chiude l’ottimo e denso saggio teologico di Palumbo, che rappresenta una sintesi molto utile del pensiero teologico tutto italiano su un tema decisivo per l’umanità di oggi.
Vincenzo Palumbo, La misericordia di Dio tra sofferenza e compassione. La “via” della teologia italiana contemporanea, Collana «Studi e ricerche», EDB, Bologna 2018, pp. 342, € 35,00.