Sono preziose queste pagine scritte dal monaco benedettino fratel MichaelDavide e dal teologo spagnolo Andrés Torres Queiruga, curate da Francesco Strazzari, prete, giornalista e saggista, e concluse dalla postfazione del monaco benedettino francese Ghislain Lafont. Preziose perché affrontano alcuni problemi della Chiesa con coraggiosa lucidità. A cominciare dalla figura di papa Francesco, dal suo stile di condurre la Chiesa. Di lui viene sottolineata la sua dimensione di “pastore”.
Queiruga gli riconosce «una lunga esperienza di pastore, impegnato e realista», il suo proposito di «essere papa pastore», la volontà di dare al suo pontificato un «carattere specificatamente pastorale», il suo orientamento verso «decisioni pastorali della Chiesa».
Di papa Francesco si prende atto della volontà tenace di realizzare il concilio Vaticano II. Egli non si attarda «sull’ambiguità ermeneutica che gravava sul concilio Vaticano II». Ricordiamo tutti il lungo (e divisivo) dibattito fra “continuità” e “discontinuità”, tra spirito e lettera del Concilio. Per lui «l’evento conciliare è un punto di non ritorno» (fratel MichaelDavide).
Coraggiose le posizioni del santo padre nell’affrontare e superare la grave crisi conseguente all’emergere degli abusi nella Chiesa, nel riproporre per la donna nella Chiesa un ruolo di maggiore visibilità e responsabilità e nella ricerca di soluzioni per l’annoso problema dei divorziati risposati. Tutti temi che trovano ostacoli e resistenze in «una teologia tristemente preconciliare» (Queiruga).
Proprio la teologia – secondo il teologo spagnolo «ha bisogno di rompere il suo noto silenzio e di iniziare in modo efficace l’adattamento richiesto dal cambiamento culturale che si è prodotto nella modernità», uscendo dal «forte regresso» che ha colpito i teologi negli ultimi pontificati. L’invito di papa Francesco ai teologi è di «rinnovare l’immagine di un Dio di amore e di misericordia, rompendo con le teologie irrigidite nel legalismo e nel moralismo».
E anche la morale, spesso identificata tout-court con la religione, ha bisogno di essere rivisitata. Queiruga annota che «gli attacchi più gravi a papa Francesco hanno riguardato la morale matrimoniale», tanto che qualcuno ha tacciato il pontefice di “eresia”. L’atteggiamento aperto ed «evangelicamente generoso» del papa nei confronti dei divorziati risposati ha provocato – scrive il teologo spagnolo – «una delle reazioni più antievangeliche, più dolorose e più sintomatiche della crisi ecclesiale».
Fratel MichaelDavide, con il suo stile diretto, riconosce che, con l’arrivo di papa Francesco, «la Chiesa sembra aver ritrovato la strada della nostalgia del regno di Dio», instaurando «un tempo di grazia che richiede un di più di responsabilità. di generosità e di libertà».
Anche il monaco benedettino rileva come, di fronte ai gesti e alle parole del pontefice, si manifesti in un certo numero di persone «un crescente sgomento». Sono coloro che si aggrappano all’«impianto rassicurante di dogmi e di riti intoccabili». Ma, per chi guarda la vita della Chiesa dalle proprie ferite o da una diversa sensibilità umana e religiosa, l’atteggiamento di papa Francesco «è di conforto e di sollievo».
Fratel MichaelDavide elogia la denuncia di “clericalismo” più volte pronunciata da papa Francesco. «Il morbo del clericalismo – scrive – non solo ammala la Chiesa, ma indebolisce la sua carica testimoniale a favore di una sorta di autoconservazione, mascherata dalla pretesa di dover custodire i valori perenni e irrinunciabili». La Chiesa si umanizza «mano a mano che accetta di riconoscersi e di presentarsi nella fragilità della sua identità e della sua missione».
La Chiesa è chiamata a “de-clericalizzare” le sue strutture e il suo stile di vita. Deve rinunciare «alla mentalità di un potere ricevuto e da esercitare». Con papa Francesco «è guerra aperta al clericalismo». La Chiesa va “riformattata”, al fine di vivere più come una comunità di fede che come istituzione religiosa. Deve finire il tempo di una Chiesa “autoreferenziale”.
Nella breve postfazione, il teologo Lafont prende ad esempio la vicenda del Messale di Paolo VI, per mostrare l’incongruenza della celebrazione con il Messale di san Pio V. «Il rito straordinario – scrive – non crea niente, perché si batte per mantenere non solamente una liturgia, ma una cultura che non ritornerà più e forme istituzionali sorpassate». Se la Chiesa oggi vuole essere un segno nel mondo, non è certo ripristinando le teologie e le prassi trionfalistiche del passato: «La salvezza, per il momento, si trova senza dubbio nelle piccole comunità evangeliche, in dialogo a un livello elementare, in preghiera semplice, in ricerca di solidarietà concrete con “i santi della porta accanto”».
Preziosa e istruttiva la lettura di questo testo, sul quale aleggia tutta la simpatia per quel «pastore onesto e umile» che è papa Francesco.
FRATEL MICHAELDAVIDE – ANDRÉS TORRES QUEIRUGA, La semina del profeta, Papa Francesco e la Chiesa del futuro (a cura di Francesco Strazzari), Postfazione di Ghislain Lafont, EDB, Bologna 2019, pp. 98, € 10,00, ISBN 978-88-10-41305-0.