Se Gesù dice «Ho sete» (Gv 19,28), esprime qualcosa di più di un mero bisogno esistenziale, perché il termine “sete” è uno di quelli sui quali si può riflettere a lungo. Del resto, il tema è ampiamente trattato nelle Scritture, sia nell’Antico quanto nel Nuovo Testamento, e possiede una incontestabile intensità spirituale. In questo senso, un’esperienza assolutamente trasversale, che collega gli umani ad ogni altra creatura, può costituire un’opportunità non indifferente per la ricerca e giungere a cogliere il mistero di ciascuno, quasi una leva per l’esistenza che rilancia la vita in profondità.
Sono quindi diversi i motivi che possono indurre un teologo a raccogliere negli anni parecchio materiale sul tema, in vista di riflessioni future. Per José Tolentino Mendonça, poeta e teologo portoghese, noto per alcuni testi tradotti in italiano dall’editrice Vita e Pensiero (come La mistica dell’istante, 2015) un anno fa il momento è arrivato con una telefonata di papa Francesco che lo invitava a guidare, nella primavera 2018, gli esercizi spirituali suoi e della Curia romana: era l’occasione, del tutto inaspettata, per tirar fuori dal cassetto e scegliere il tema della sete.
A partire da quella frase di Saint-Exupéry: «Se vuoi costruire una barca, non radunare i tuoi uomini e donne per dare loro degli ordini, per spiegare ogni dettaglio, per dire dove trovare tutto quel che serve. Se vuoi costruire una barca, fai nascere nel cuore dei tuoi uomini e donne il desiderio del mare».
Ne è scaturita una settimana di esercizi particolarmente apprezzati da Francesco e dall’intera Curia, ora sistemata e raccolta nei 10 capitoli di un testo appena tradotto da Vita e Pensiero, la casa editrice che l’ha pubblicato nell’anno del suo centenario (1918-2018) e che, in collaborazione con la Chiesa di Milano, l’ha invitato per la presentazione, lo scorso 17 ottobre, nella chiesa di Sant’Ambrogio a Milano, nell’ambito del Ciclo culturale in occasione dell’anniversario, dal titolo Sapienza dell’umano. Quattro parole per ricominciare.
Noi tutti, come la Samaritana, siamo “cercati” da Dio
La riflessione del teologo – chiamato a Roma da Bergoglio come archivista e bibliotecario presso la Biblioteca Apostolica Vaticana – non poteva che partire dall’episodio dell’incontro di Gesù con la Samaritana, raccontato nel vangelo di Giovanni e da quel «Dammi da bere» (Gv 4,4-7). [I catechisti sanno bene che non manca mai il bambino che, davanti a questa lettura, fa notare che non avrebbe detto “per piacere” e qualcuno spiega che l’avrà detto di sicuro, ma era così scontato che l’evangelista non ha ritenuto opportuno ricordarlo…].
Una semplice richiesta, di fronte ad una donna stupefatta, si rivela molto di più: «Dammi quello che hai. Apri il tuo cuore. Dammi quello che sei». In altre parole: «Ho bisogno di te», perché il suo corpo, umano, segnato dalla fatica del viaggio, è quello di un corpo mendicante, dell’uomo. Ribaltando così il concetto assodato che sia solo l’uomo mendicante di Dio. Il Signore stesso prende l’iniziativa. Con la sua debolezza è Dio che, nel Figlio, viene a cercarci, come aveva scritto esplicitamente il teologo Dietrich Bonhöffer: «Cristo non aiuta in forza della sua onnipotenza, ma in forza della sua debolezza!».
E ci fa sentire il suo abbraccio, a ciascuno personalmente: «Dio sa che noi siamo qui. Ovunque noi ci troviamo esistenzialmente, egli sa incontrarci e rincontrarci. Dio sa riconoscere i nostri fragili passi felpati, gli interminabili corridoi solitari dove la notte ci insegue, la paura che a certe ore si legge nei nostri occhi indifesi. Dio sa decifrare il filo di voce che ci abbandona quando dobbiamo dirci, e sa raccogliere con amore ciascuna delle parole che lasciamo nel silenzio».
A noi non resta che rispondere «Signore, io sono qui in attesa di niente» che significa: sono solamente in attesa di te, di tutto ciò che mi dai e di quello che tu sei.
Un testo che lascia aperta la riflessione personale
Sono capitoli brevi, ma densi e incisivi, quelli che l’autore fa scorrere con una straordinaria leggerezza. Sono riflessioni appena accennate, così da lasciare spazio al lettore di continuare con le sue. La narrazione procede lentamente quasi in punta di piedi per non distrarre la contemplazione e le digressioni, sempre misurate e scelte con cura (di natura prevalentemente filosofico-teologico-letteraria, tratte da ieri e da oggi), costituiscono solo un aiuto per approfondire. È la volta di Platone, Kierkegaard, Hegel, Tolstoj, Massimo Recalcati, Ionesco, Saint-Exupéry, Milan Kundera, Clarice Lispector, Simone Weil, Elmar Salmann e poi i Padri della Chiesa e la Scrittura fino al magistero di Francesco.
Alla presentazione a Milano hanno dialogato con lui don Cesare Pagazzi, teologo di Lodi, e lo scrittore Davide Rondoni. «Se impermeabilizziamo l’esistenza, la vita vera si fossilizza e non la percepiamo più nei suoi sussurri e grida. Quanto più il terreno diventa spesso, tanto più la pioggia farà fatica a penetrare. Non dobbiamo avere paura della nostra secchezza. Ci diamo il tempo di misurare la nostra sete? Facciamo una scuola di vera conoscenza nostra e di Dio?» ha detto in quella sede Mendonça, aggiungendo che non esiste nulla «che possa indebolirci, così come la sete nella Bibbia, una dura esperienza che mette alla prova, secondo quanto si legge nel Libro di Giuditta durante l’assedio degli Assiri», tuttavia «parlare della sete è parlare dell’esistenza reale e non della fiction di noi stessi».
La sete come metafora del desiderio e della carenza di qualcosa di essenziale, come scrive Platone nel Simposio (l’amore è figlio di Penia, indigenza, e di Poros, gli espedienti dell’ingegno) e, sulla stessa lunghezza d’onda, ma in chiave mistica, Simone Weil scriveva: «L’infinito di un desiderio è sempre un desiderio di infinito» (cap. III “Mi sono accorto di essere assetato”).
Chiara la conclusione del teologo portoghese: «Forse noi cristiani dobbiamo valorizzare di più la spiritualità della sete». Significativa la preghiera finale: «Insegnami, Signore, a pregare la mia sete».
Ma non si può dimenticare il commento del papa al termine della settimana: «Grazie Tolentino, per questa chiamata ad aprirci senza paure».
(Il Ciclo di Incontri per il Centenario di Vita e Pensiero si concluderà il prossimo 7 novembre alle ore 21.00 presso la basilica di Sant’Eustorgio a Milano: relatore Giuliano Zanchi della Fondazione Bernareggi di Bergamo sul tema “Riaprire i passaggi. Il futuro della tradizione”. Interventi di don Sergio Massironi e Chiara Giaccardi).
José Tolentino Mendonça, Elogio della sete, Editrice Vita e Pensiero, Milano 2018, pp. 152, € 14,00 (in pdf € 9,99 e in e-book € 7,99).