Ci sono due cose che in questo libro di Morandini mi sono piaciute particolarmente. In primo luogo ho apprezzato la grande messe di dati, di citazioni, di rimandi, di fuori testo, che fanno di questo volume, pur nella sua brevità e concisione, un piccolo trattato di etica ambientale che per la sua chiarezza e concretezza può essere considerato un vero e proprio manuale di istruzioni per l’uso e la manutenzione del nostro pianeta. Un breviario privo di quei voli nell’empireo della filosofia o nella vacuità di molti slogan che il piú delle volte ci annoiano quando affrontiamo la lettura di un testo dedicato all’ecologia.
Il secondo motivo di piacere è dato dall’interesse che il libro ha risvegliato in me per tutte quelle forme di vita costrette da un destino inclemente a condividere con l’Homo sapiens l’ambiente in cui vivono. Cosí alle solite ambasce per l’effetto serra, il buco dell’ozono, l’alluvione dei rifiuti, la distruzione delle foreste tropicali, la sovrappopolazione, il libro aggiunge, sia pure un po’ di sfuggita, un cenno anche alla biodiversità e dunque a milioni di specie di piante e di animali che l’evoluzione e la selezione naturale hanno prodotto e non sono certo da considerare semplici arredi da salotto, ma veri e propri compagni di viaggio che interagiscono con noi e rimandano al grande problema che abbiamo in comune con loro e cioè la sopravvivenza su questo pianeta.
Drammatico ed epocale
Problema che non è piú, se mai lo è stato in passato, soltanto una moda culturale, ma diventa di giorno in giorno sempre di piú un’urgenza drammatica ed epocale che ci interpella sui rischi di una vita minacciata da una catastrofe ecologica. Di qui la forza di un titolo, Cambiare rotta, che si configura come un vero e proprio imperativo che non ammette ritardi. Di qui anche la pertinenza di un sottotitolo, Il futuro nell’Antropocene, che mette in chiaro la sventatezza di una generazione che guarda al presente, ma poco al futuro, ignara com’è del fatto che da decenni ormai siamo entrati in una nuova era biologica e geologica, di cui nel bene e nel male è l’umanità stessa a determinare l’evoluzione e il destino.
Non mancano certo nel nostro tempo sussulti di consapevolezza determinati da eventi metereologici eccezionali. Non a caso è proprio da uno di questi eventi, l’acqua alta a Venezia, che parte l’indagine di Morandini, fisico e teologo, docente di teologia della creazione all’Istituto di Studi ecumenici San Bernardino di Venezia e alla Facoltà teologica del Triveneto. Indagine scarna, essenziale, perfino impietosa, autorevolmente introdotta e raccomandata nella prefazione da un grande esperto di sviluppo sostenibile, Enrico Giovannini, professore di Statistica economica all’Università Tor Vergata e docente di Sviluppo sostenibile alla Luiss di Roma, il quale non solo ci avverte che sarebbe un grave errore sottostimare la potenza della trasformazione in atto, ma pone sotto i nostri occhi il compito ineludibile che ci attende in quanto «sta a noi decidere se tale trasformazione avverrà per il meglio o per il peggio» (p. 10).
Questo è anche il motivo per cui Morandini mette subito le carte in tavola e dopo i primi tre capitoli di carattere prevalentemente informativo, Ouverture: cartolina da Venezia (pp. 11-17), Il clima dell’Antropocene (pp. 12-36), Antropocene: comprendere la novità (pp. 37-52), nel quarto, Custodire la terra, coltivare l’umano: etica della sostenibilità (pp. 53-83), individua il nocciolo etico della questione, aprendosi poi la strada verso gli ultimi due: il quinto, Lo Spirito rinnovi la faccia della terra (pp. 85-127), che mette in sintonia dialogica e interreligiosa l’etica con i piú recenti contributi di varie religioni, e il sesto, Cambiare rotta (pp. 129-169), che recupera i problemi ambientali illustrati e denunciati nei primi tre capitoli e li avvia a soluzione attraverso una serie di proposte puntuali che rimettono in campo non solo l’etica in termini generali, ma anche l’esigenza di formulare norme concrete di comportamento, che corrispondano da una parte ai dati eticamente rilevanti raccolti nei primi capitoli e rispondano dall’altra alla domanda fondamentale di un’etica della sostenibilità all’altezza delle sfide:“Giustizia e diritti: di chi è la terra?”.
Già, di chi è la terra? E soprattutto come dipanare la complessità del rapporto tra giustizia e diritti? Solitamente quando abbiamo un problema dimentichiamo purtroppo che le risposte dipendono quasi sempre dal tipo di domanda che ci poniamo o ci viene posta. Annotazione questa di carattere generale, ma che si adatta molto bene anche all’etica nel senso che spesso in riferimento alla ricerca di uno sviluppo sostenibile molti si pongono domande prevalentemente, se non esclusivamente, economiche o tecnologiche. Con il risultato di considerare le politiche pubbliche per l’ambiente pure questioni esecutive in cui l’approccio etico appare superfluo, se non addirittura frivolo. Morandini ovviamente non la pensa cosí: il problema della sostenibilità ambientale nella sua prospettiva non è in prima istanza una questione economica, e nemmeno soltanto tecnologica, ma etica, anzi etico-politica.
Il compito (urgente) delle religioni
Sotto questo profilo il suo discorso mira a sollecitare nelle persone che si dichiarano credenti una reazione ricordando a tutti, in particolare ai cristiani, che se l’uomo fa scempio del pianeta in cui vive e non si preoccupa della drammatica realtà che lascerà alle generazioni future, ciò non è dovuto soltanto a un vuoto di valori, come spesso si ripete, ma anche a una carenza di riflessione etica che a sua volta riflette l’urgenza di sviluppare a monte una teologia della creazione che sia non solo all’altezza di un’etica della responsabilità, ma pronta e disponibile a rielaborare in termini etico-politici il contributo e gli stimoli che provengono da alcuni importanti documenti e prese di posizione delle principali religioni del mondo.
Sia ben chiaro, la ricerca e la realizzazione di uno sviluppo sostenibile non ha solo una dimensione etico-politica, ma anche economica e tecnologica. Questo però non basta, scrive Morandini nelle sue Conclusioni: una rotta diversa è possibile: «Occorre cercare ancora, disegnando una sostenibilità possibile, nel dialogo tra tradizioni morali, culturali e religiose differenti, con intelligente creatività – politica, tecnica ed economica – da dispiegare nelle nostre città, negli ambiti della ricerca e della formazione. Il compito è arduo e il successo non è garantito, ma a sostenere la fiducia nelle umane potenzialità sta, una volta di piú, una potente parola dell’enciclica di papa Francesco Laudato si’: “Camminiamo nella speranza!» (p. 172).
Speranza che non è solo attesa, ma appunto impegno di riflessione etico-politica, che l’A. in prima persona si assume indicando la rotta da seguire nel gran mare dei modelli etici che la nostra cultura ci offre. Per alcuni il problema sarebbe da inquadrare nell’ambito di un’“etica della vita”, la cui ultima evoluzione è il benessere dei singoli viventi. E questo va bene. Guai però a dimenticare che non si arriva al benessere dei singoli viventi solo attraverso un progresso economico a oltranza, perché se è questo che si vuole allora è inevitabile sopportarne anche le conseguenze che stiamo subendo. Per altri il problema sarebbe da inquadrare nell’ambito di un’“etica della terra”, la cui ultima evoluzione è l’integrità dell’ecosistema. E anche questo va bene. Ma ancora una volta guai a dimenticare che non si arriva a garantire l’integrità dell’ecosistema solo attraverso un progresso tecnologico a oltranza, perché se è questo che si vuole è inevitabile sopportarne le conseguenze che giustamente denunciamo. Non ci vuole molto però a comprendere che né gli uni né gli altri giovano molto alla causa di quanti invece si preoccupano di trovare un giusto equilibrio tra il valore della vita su questa terra e il valore della terra per questa vita.
Equilibrio questo tutto da ricostruire all’insegna di un’etica politica della responsabilità che si configura attualmente in forme e modi ben piú complessi e articolati che rimandano ultimamente, per quanto concerne l’impegno dei cristiani, a due interrogativi fondamentali. Il primo: come atteggiarsi rispetto alla convinzione di molti ricercatori e studiosi di etica i quali ritengono che il cristianesimo sia intrinsecamente ostile al rispetto per la natura? A questo primo interrogativo l’A. risponde appellandosi all’enciclica Laudato si’ nella quale papa Francesco chiarisce definitivamente, si spera, che la signoria dell’uomo sulla natura o, come si esprime la Bibbia, sul creato non è da intendere nel senso del dominio, del potere assoluto, bensí della custodia e della responsabilità.
In quanto cristiani
Piú intricato e spinoso invece è un secondo interrogativo: che significa oggi in quanto cristiani essere custodi e responsabili nei confronti di una natura o di un creato che sempre piú viene percepito e interpretato come comunità biotica all’interno della quale gli esseri viventi si condizionano inevitabilmente l’uno con l’altro? A questo interrogativo, se comprendo bene, l’A. risponde delineando una prospettiva etico-politica in cui non si vede tanto la necessità di postulare nuovi diritti per piante e animali, ma è sufficiente insistere sui doveri dei soggetti umani estendendo l’ambito dell’etica fino a includere nel dovere fondamentale della custodia e della responsabilità il pianeta e quanti in esso vi abitano.
Tesi, questa, che magari non piacerà molto agli ambientalisti e animalisti piú accesi, fautori di una specie di rivoluzione metafisica, di trasvalutazione, se non di rovesciamento radicale dei valori morali consolidati. E tuttavia non si può non riconoscere che è supportata, oltre che dalle varie confessioni cristiane, anche dal consenso di quanti fra i ricercatori impegnati nella riflessione etico-politica invitano a distinguere piú accuratamente tra diritti/doveri prima facie, a prima vista, e diritti/doveri esistenti in termini generali, ma che in situazioni di conflitto e all’interno di ben precise circostanze non possono essere realizzati per via di altri diritti/doveri prioritari.
Simone Morandini, Cambiare rotta. Il futuro nell’Antropocene, EDB, Bologna 2020, pp. 176, € 17,50. Recensione pubblicata su Studia Patavina 68(2021)1, pp. 155-158.