L’ideale della libertà è senz’altro quello più celebrato e sbandierato dalla modernità, tanto che Benedetto Croce ha potuto parlare di «religione della libertà» come cifra riassuntiva della storia dell’Occidente moderno. La libertà è retoricamente esaltata, proclamata enfaticamente come principio e compimento delle aspirazioni del soggetto moderno, destino inalienabile dell’odierna società democratica ovvero, per l’appunto, liberale.
Secondo Angelini, però, l’inflazione retorica intorno all’ideale della libertà è direttamente proporzionale alla sua estenuazione effettiva. È quello che il teologo milanese – nel suo ultimo brillante saggio pubblicato nella collana Biblioteca di teologia contemporanea della Queriniana – definisce come il «passaggio dalla libertà singolare alle libertà al plurale» (p. 6). La proliferazione delle libertà al plurale è quella degli infiniti diritti soggettivi, della sottrazione a ogni tipo di vincolo, della sempre più rivendicata possibilità di esperimentarsi e di ricominciare. Insomma: le libertà al plurale consistono in libertà negative, definite rispetto a obblighi che progressivamente si rifiutano e si abbandonano: libertà come immunità, liberazione da ogni munus. La libertà è a rischio, come afferma il titolo del saggio, proprio perché viene pensata e di fatto esperita in questo senso plurale, nella forma cioè che assume nella coscienza dell’occidente liberale.
Occorre quindi tornare a pensare l’idea di libertà, al di là delle sue declinazioni concettuali piuttosto deludenti. Se è vero quello che Hegel affermava – e cioè che l’idea di libertà è entrata nel mondo ad opera del cristianesimo – bisogna tornare alle radici bibliche. Qui si dispone di un’idea di libertà alternativa a quella dominante: l’idea di libertà al singolare, che si riferisce «a una sovranità del soggetto agente sul proprio agire tale da consentirgli di disporre, mediante il proprio agire, addirittura di se stesso» (p. 6). Proprio a partire da questa contrapposizione Angelini struttura il proprio saggio, mostrando anzitutto il contributo che il cristianesimo ha offerto al sorgere dell’idea di libertà e, quindi, illustrando la distanza abissale che separa quell’idea rispetto a quella oggi apprezzata, ma che appare sempre più in crisi (cf. 21).
Riscoprire le radici bibliche dell’idea di libertà non significa però fermarsi a un’esegesi di scuola o appellarsi enfaticamente alla libertà dello Spirito. Significa invece – è la tesi fondamentale della proposta teologico-morale di Angelini – ripensare radicalmente l’identità del soggetto umano e la qualità del suo agire. L’uomo e il suo agire appaiono essenzialmente in debito verso un’origine: solo assumendo pienamente il compito di rispondere ad essa l’uomo si può davvero trovare. È nel «dramma» della sua vicenda che l’uomo scopre ed esercita la libertà, che non è affatto da pensare come una sorta di disposizione naturale (in tal senso va ben distinta dal libero arbitrio), ma come la possibilità, mediante l’agire, di volere davvero e quindi di disporre autenticamente di se stessi. La tesi appare provocatoria, perché scardina convinzioni diffuse e date per assodate: essa infatti implica quali corollari, solo per fare qualche esempio, la reciproca complementarietà di grazia e di libertà, la possibilità di comprendere il volere solo alla luce dell’obbedienza al dovere, la necessità del riferimento teologico per cogliere adeguatamente la natura dell’agire dell’uomo.
Non vi è dubbio che il testo di Angelini donne à penser, come direbbe Ricoeur. In particolare dovrebbe far riflettere il soggetto moderno, che riposa tranquillo sulle sue “conquiste di libertà” inquietandolo con una domanda radicale: è possibile promettere? Solo se si risponde affermativamente è possibile un’autentica libertà. Solo se posso disporre di me stesso pienamente, accettando di rispondere per sempre e davanti a tutti di quanto prometto, sono veramente libero. Infatti, ci ricorda Angelini con una pregnante definizione sintetica, «la libertà consiste non nella possibilità di far quel che si vuole, ma nella possibilità di volere davvero quel che si fa» (p. 24).
Giuseppe Angelini, La libertà a rischio. Le idee moderne e le radici bibliche, Queriniana, Brescia 2017.