L’autrice, Vittoria D’Alario, è laureata in Filosofia e ha conseguito il dottorato in Teologia biblica, specializzandosi poi nel campo dei libri sapienziali, di cui è docente alla FTIM di Napoli e all’ISSR “Donnaregina” sempre di Napoli.
Il libro della Sapienza è stato scritto direttamente nella lingua greca; è quindi un libro deuterocanonico per i cattolici, apocrifo per protestanti e non è entrato nel canone ebraico.
Il genere letterario è quello dell’encomio o dell’elogio. È un discorso epidittico, finalizzato cioè a convincere l’uditorio sull’opportunità di praticare una determinata virtù o di imitare un personaggio. Nella retorica greca e latina si compone di tre elementi:
1) l’esordio, in cui si anticipa l’argomento dell’elogio e si confuta, nello stesso tempo, la tesi degli avversari;
2) l’elogio vero e proprio di una virtù o di un personaggio;
3) l’esemplificazione, che può avvenire attraverso il ricordo di uomini illustri paragonati all’eroe di cui si tesse l’elogio.
Il libro della Sapienza è molto compatto ed è strutturato da D’Alario in modo generale nei termini seguenti: 1) Esordio: sapienza e giustizia (1,11–6,21); 2) Elogio della sapienza (6,22–9,18); 3) Esemplificazione: sapienza e storia (10,1–19,22); 4) La nuova creazione (19,13-22).
Le linee teologiche fondamentali rintracciate dalla studiosa sono principalmente due: 1) Il rapporto tra la sapienza e la giustizia; 2) Il rapporto tra sapienza, creazione e salvezza.
Per l’autore biblico la sapienza è collegata alla conoscenza della volontà di Dio, dei suoi voleri, al dominio delle proprie passioni, alla fede. L’autore combatte la mentalità edonista e materialista del suo ambiente, specialmente dei giudei che hanno rinnegato la loro formazione e la spiritualità tradizionale. La giustizia non può essere un prodotto umano, ma è collegata alla conoscenza di Dio e dei suoi misteri.
Senza la sapienza il modo di governare dei potenti sarà totalmente negativo e si ritorcerà contro gli uomini. La figura di Salomone, dietro il cui nome l’autore del libro si nasconde, è elogiata nei cc. 6–9, perché egli sa coniugare sapienza-giustizia-regalità corretta.
Il rapporto tra sapienza e giustizia è illustrato attraverso esempi storici e con personaggi famosi che hanno incarnato questa virtù e sono stati protetti a Dio (i giusti, Giacobbe, Salomone ecc.). I malvagi, invece, sono sempre stati puniti. Le conseguenze della regalità dei governanti malvagi sono state l’idolatria ed esiti disastrosi a livello sociale.
La sapienza è collegata alla giustizia ma anche alla creazione. La giustizia non verrà mai meno, perché Dio ha operato con sapienza fin dai primordi della creazione. Nel libro della Sapienza c’è una cosmosoteriologia. A favore della giustizia intervengono infatti la sapienza, la creazione e la salvezza. Dio è orientato alla vita e all’immortalità, il malvagi che vi si oppongono puntano invece alla morte e alla distruzione totale.
Il creato si pone in piena obbedienza al creatore e diventa suo alleato al momento della punizione dei malvagi. Questo tema è illustrato soprattutto nelle sette antitesi (11,2–19,12), nelle quali si contrappone il diverso destino riservato agli ebrei fedeli a Dio e agli egiziani, malvagi e nemici del popolo eletto. Nell’insieme di tratta di un grandioso piano salvifico di Dio, in cui anche gli elementi del creato sono a servizio del creatore per assistere coloro che seguono le vie di Dio e per punire i malvagi.
All’interno dell’elogio vero e proprio della sapienza (6,22–9,18) è illustrato anche specificamente il tema della creazione, alla quale partecipa attivamente la Sapienza come technitis (Sap 8,6).
Data la presenza di alcuni vocaboli molto rari e ben datati, si fissa normalmente la datazione del libro della Sapienza nello spazio di tempo che va dal 30 a.C. al 14 d.C. È l’epoca augustea, e non ancora quella della persecuzione concreta attuata da Caligola (contro l’ipotesi di Scarpat che pensa a una data del 40 d.C.).
L’autore non è identificabile né con Ben Sira o Eupolemo o Aristobulo o uno dei discepoli del gruppo ascetico dei terapeuti o quello degli esseni.
L’autore implicito un personaggio colto, che conosce gli scritti biblici e la filosofia ellenistica, la teologia, gli elementi della retorica greco-romana, e appartiene all’ambiente alessandrino che ha visto la presenza di Filone e la traduzione della Bibbia in lingua greca (la traduzione detta dei Settanta).
I destinatari del libro non sono solamente i giudei apostati che hanno rinunciato alla fede e alla cultura tradizionale, ma anche i sapienti del tempo e dell’ambiente circostante. Con linguaggio appassionato egli cerca di istruire e di convincere della bontà della sapienza per poter vivere nella giustizia sociale, economica e politica.
Le sue riflessioni giungono fino ai nostri tempi, data la loro perenne attualità. La fondazione religiosa della giustizia non sembra togliere nulla alla laicità delle società, ma alluminarle con la radicazione ultima dell’agire retto degli uomini e di coloro che hanno il compito di governare.
Dopo l’introduzione generale, che abbiamo riassunto (pp. 9-36), D’Alario propone il testo originale in greco in un registro superiore della pagina; in uno medio pone le note filologiche e in quello inferiore le annotazioni di commento (pp. 37-252). Nelle pp. 253-259 il monaco camaldolese Matteo Ferrari sintetizzata infine gli elementi che si possono ricavare dall’uso liturgico del libro della sapienza nella liturgia cattolica.
Ottimo strumento di lavoro per il campo dei libri sapienziali, dove non abbondano i contributi seri e insieme accessibili.
Sapienza. Introduzione, traduzione e commento a cura di Vittoria D’Alario (Nuova Versione della Bibbia dai Testi Antichi 33), Edizioni San Paolo, Cinisello B. (MI) 2018, pp. 264, € 35,00, ISBN 97888892214767