Non sempre usiamo le parole in modo preciso. Pensiamo siano solo funzionali a “nominare le cose” e, talvolta, le utilizziamo accostandole alla rinfusa e costringendole a essere lo specchio degli umori caotici che ci portiamo dentro. Eppure, la parola ha il potere di liberare la vita che ci abita, di evocare le immagini con cui interpretiamo noi stessi e il mondo, di proiettare scenari e indicare orizzonti che ci superano. Con le parole leggiamo la vita o la neghiamo, facciamo emergere il nostro io dal buio in cui si è ricacciato o lo mortifichiamo, salviamo gli altri oppure li uccidiamo.
Ci sono momenti nella vita in cui “mancano le parole”. Non sappiamo come declinare l’amore ma, ancor più, non sappiamo come parlare di quei passaggi traumatici che, per l’appunto, ci lasciano a bocca aperta. Se non fosse per altro, almeno per questo motivo vale la pena ritagliarsi un po’ di tempo per gustare il nuovo libro di Luigi Maria Epicoco La luce in fondo. Attraversare i passaggi difficili della vita, edito da Rizzoli
Più di un libro
Il brillante sacerdote, amato e seguito dal grande pubblico, già autore di numerose pubblicazioni e dotato di una rara capacità di comunicare il Vangelo, ci offre qui più di un libro; mentre si scorrono le pagine di questo testo, infatti, si ha la possibilità di entrare nella propria anima, di ritrovarsi e rispecchiarsi, di lasciarsi toccare e guarire. Il volume, infatti, si propone proprio di offrire “parole” che interpretano i passaggi difficili e traumatici della vita, aiutandoci a diventare protagonisti e non più vittime della nostra storia, specialmente quando siamo costretti ad attraversare sentieri oscuri o ad affrontare difficoltà che appaiono insormontabili.
Cinque piccoli capitoli, ciascuno affidato a una parola, da cui emerge l’estro letterario di don Epicoco, capace di tenere insieme la profondità drammatica dei temi trattati con un linguaggio caldo e coinvolgente, mai cattedratico, mai distaccato, evocativo di quanto scorre nel sottosuolo delle nostre esistenze. Le relazioni, la solitudine, il silenzio, il corpo e la morte rappresentano l’itinerario del viaggio da compiere, per trovare “la luce in fondo”.
Lo scopo del libro non è quello di spiegare, definire, dare risposta ma, piuttosto, di aiutarci a guardare ai passaggi e alle crisi della nostra vita con occhi nuovi, per scoprire che «in tutto è nascosto un significato» (p. 15), e che se anche non abbiamo potere sulle tempeste «possiamo approfittare delle onde per andare nella direzione sperata» (p. 16).
Così, l’autore ci propone una lettura prospettica su quanto la recente pandemia ha rivelato e portato alla luce, anzitutto l’importanza di coltivare le relazioni umane in un contesto globalizzato «che ha reso il mondo una rete commerciale più che una rete di persone» (p. 31). Ma vi è anche la possibilità e necessità di vivere una solitudine “positiva”, scelta per imparare sempre e daccapo una libertà interiore capace di consegnarci a una «postura interiore che ci strappa dalla tentazione di piangerci continuamente addosso, di essere ripiegati su noi stessi, di passare la nostra vita, il nostro tempo a salmodiare solo ciò che non va, a elencare il buio, a prendercela con qualcuno» (pp. 53-54).
Disarmare la morte
Non meno importanti le pagine dedicate al silenzio, dipinto come un respiro, una pausa tra una nota e l’altra della vita, un essere «scaraventati in modo traumatico dentro una folla interiore» (p. 76), che scalpita e grida dentro di noi e che proprio il silenzio ci permette di ascoltare, interpretare e guarire.
La riflessione tocca anche delle vette filosofiche quando le pagine dell’agile testo ci propongono una lettura del significato del corpo e della corporeità. Le ultime righe, invece, sono dedicate al tema della morte che il Coronavirus ha fatto ritornare sulla scena da protagonista, mentre la nostra società anestetizzata l’aveva resa un tabù. Dinanzi alla morte si può scegliere di affidarsi a un apparato religioso che plachi e addomestichi l’angoscia oppure — suggerisce l’autore — alla fede che, diversamente dalla religione, non serve solo a rassicurarci, ma «è un modo attraverso cui questa angoscia può essere affrontata, guardata negli occhi e allo stesso tempo essere superata» (p. 135).
Del libro rimane, però, anzitutto un messaggio fondamentale che è anche al cuore della fede cristiana ma che, ciascuno, può cercare di rintracciare anche nel personale lavoro con se stesso: non arrendersi al buio, disarmare la morte, cercare “la luce in fondo” che è la benedizione nella prova, un bene nascosto in ciò che ci ha destabilizzati. Con un tratto amichevole, semplice ma mai banale, l’autore ci prende per mano per accendere piccole luci nel cuore delle nostre notti. Alla sua penna, ma ancor più alla passione umana e spirituale che trasmette in queste pagine, non possiamo che essere grati.
Luigi Maria Epicoco, La luce in fondo. Attraversare i passaggi difficili della vita, Rizzoli, Milano 2020. La recensione è stata pubblicata su L’Osservatore Romano il 14 novembre 2020.