Un bravo giornalista e un famoso biblista si sono messi insieme per fare un «ribaltamento» e non una invenzione di un nuovo cristianesimo. Ribaltamento di quella religione a cui soprattutto l’uomo occidentale è sempre più indifferente o la cui percezione rimane quella di una religione del dio-tiranno, del dio-padrone che assoggetta l’uomo e ne castra il vissuto di ogni desiderio e anelito. Ribaltamento per recuperare il volto più autentico e l’intenzione originaria del Vangelo di Gesù di Nazareth: mostrare un Dio innamorato dell’uomo e del mondo, che non dimora in un tempio ma nell’intimo dell’uomo, nelle vicende della storia, nella complessità e unitarietà del rapporto tra uomo e universo.
Il vaticanista
Paolo Rodari è un giornalista «vaticanista» di Repubblica. Il suo blog[1] chiarisce molto del suo curriculum vitae e della sua ricerca religiosa. È sempre alla ricerca di personalità capaci di vivere nel mondo «tamquam scintillae in arundineto» (come scintille sparse in un canneto), come sosteneva il cardinal G. Danneels. È alla ricerca, cioè, di quei cristiani che aiutino a fare questo ribaltamento e a togliere il velo sulla verità perduta del cristianesimo.
E su questa strada coloro che lo hanno aiutato sono tanti. Alcune sono figure note, altre meno note hanno sorpreso Paolo Rodari per l’autenticità del loro messaggio. Fra queste c’è padre Giovanni Vannucci, un frate toscano dell’Ordine dei Servi di Maria, maestro e amico di David Turoldo, stimato da don Milani e da Ernesto Balducci che lo chiamava «il mandorlo solitario». Di Vannucci, che ha scritto alcune tra le pagine più innovative nel cammino spirituale del ventesimo secolo, «colpiscono la sua sensibilità anticipatrice, la sua lucida analisi dei problemi ecclesiali ed ecumenici, il rigore morale e la avversione innata per ogni forma di compromesso».
Leggendo Vannucci, Paolo Rodari arriva a padre Alberto Maggi, a padre Ricardo Pérez Marquez e alla loro piccola comunità di Montefano, dedicata proprio a Giovanni Vannucci. A Montefano il giornalista respira una spiritualità che non parte dal negativo ma è centrata sulla positività del creato e dell’esistere di ciascuno. Ed è naturale per Rodari iniziare una forte amicizia con Maggi e fare a lui la conseguente richiesta di una lunga intervista su varie tematiche religiose.
Il libro
Il libro, di 155 pagine, contiene 61 domande che Paolo rivolge ad Alberto, suddivise in cinque capitoli: Sull’essere religioso oggi (7 domande), Sulla figura di Gesù (19); Sulla nascita (15); Sul male (12); Sull’omosessualità (8). I temi, come emergono dai titoli dei capitoli, sono complessi e su di essi sono state scritte intere biblioteche. Le novità vanno ricercate nelle risposte di Maggi. In esse emergono la chiarezza dell’argomentare senza mai svirgolare rispetto alla domanda, la sintesi rigorosa e documentata di ciò che si afferma, la semplicità del linguaggio accessibile a tutti e una novità che chiamiamo «profezia», perché quando le parole sono didascalie di una vita, sono il solo modo per parlare con autenticità a questo tempo.
Il titolo del libro La verità ci rende liberi [2] è sintesi perfetta del messaggio che gli autori intendono trasmettere. La verità non è da identificare con le verità astratte che molti cristiani pensano di conoscere perché apprese dalla tradizione o perché codificate in dogmi, in verità assolute, che qualcuno sostiene ricevute direttamente da dio. La verità assoluta non esiste né per l’uomo e tantomeno per il cristiano. Quelle dottrine che si ritengono «sciolte», «slegate» (cioè da ab-solutus) dal vincolo di critica e dal dubbio propri della ricerca non appartengono alla «verità che libera».
Già papa Francesco nella lettera a Eugenio Scalfari[3] aveva precisato che «la questione anche per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza» perché «su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire»; e aggiungeva «io non parlerei, nemmeno per i credenti, di verità assoluta» perché «assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di relazioni… e la verità è una relazione».
La verità che ci libera, sostiene il libro di Maggi, non è altro che la scoperta di una relazione di amore: l’amore universale del Padre. La lettura del libro è una riscoperta, pagina dopo pagina, di questa verità perduta o meglio incompatibile, ieri, come sostiene il Vangelo, con la visione della verità della tradizione religiosa ebraica, e oggi, con i metodi e le strutture ecclesiastiche che l’hanno resa senza vita. Tutte le risposte di Maggi sono varianti di quest’unico tema: la verità che ci libera è la scoperta dell’amore.
Tenere sempre la «testa alta»
Maggi si lascia guidare nelle risposte da tre linee guida tratte dal Vangelo: non usare mai reticenze, né un linguaggio ambiguo o diplomatico ma onestà, sincerità e chiarezza; non lasciarsi condizionare dal potere dottrinale ma tenere sempre la «testa alta» anche quando la risposta può provocare feroci critiche o colpire gli interessi di qualcuno; essere cosciente che la verità che libera è un’esperienza incompatibile con qualunque sottomissione a istituzioni o persone. Tutte le 61 risposte tengono fede a queste linee guida.
Per quanto riguarda i contenuti, nelle risposte si trovano: il meglio degli studi biblici aggiornati, che hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni; lo sforzo costante di vivere in strettissima unione con gli uomini di questo tempo e di penetrare perfettamente il loro modo di pensare e di sentire, per comunicare, con un linguaggio adatto, l’originario messaggio evangelico agli uomini della nostra epoca.
Oltre alla novità della ricerca biblica e al nuovo linguaggio, trovo nel libro un terzo elemento che mi sento di esplicitare: la convinzione che nel corso dei secoli la religione e la Chiesa si sono allontanati dal messaggio originario del Vangelo. Allontanamento che ha diversi nomi: sempre dimenticanza, a volte tradimento, spesso cattiva interpretazione, più volte nascondimento o, per dirla con lo stesso Vangelo, un metterlo «sotto il moggio». Questa constatazione nel libro è fatta con serenità e semplicità, che nascono dalla forza della argomentazione, senza acredine o denunce distruttive.
Nel ritardo della Chiesa italiana
Non anticipiamo nessuna risposta perché sono tutte interessanti e il libro va letto.
A lettura avvenuta, con mia moglie ci siamo detti che dobbiamo regalarlo a Natale ai nostri nipoti adolescenti. Sentiamo il dramma di una Chiesa italiana nella quale da trent’anni, a partire dalla «svolta ruiniana» (che gli studiosi fanno decorrere dal terzo convegno della Chiesa italiana, a Palermo nel 1995, promosso dal cardinale Ruini), si è sostanzialmente interrotta la trasmissione del Vangelo alle nuove generazioni. E così da sette anni, di fronte a papa Francesco che, con parole e con fatti, grida: «Ci basta il Vangelo», la Chiesa italiana si trova non solo impreparata ma anche imbambolata, quasi stordita.
La conversazione tra Rodari e Maggi, ma soprattutto l’esperienza della piccola comunità di Montefano, siano, per quanti più giovani possibile, scintille sparse nel canneto forse secco della Chiesa italiana.
- Articolo ripreso dal blog «Manifesto 4 ottobre», 8 ottobre 2020.
[1] https://www.paolorodari.com/
[2] Alberto Maggi, La verità ci rende liberi, Conversazioni con Paolo Rodari, Garzanti, Milano 2020, pp. 155, € 16,00.
[3] “Dialogo fra credenti e non credenti” Einaudi – la Repubblica, 2013.
Ho letto tutti i suoi libri e lo conosco personalmente. Grazie a lui la potenza del Vangelo è entrata nella mia vita e non mi ha più abbandonato.
Grazie Alberto per il bene che hai fatto e fai senza risparmiarti a tante persone.
Famoso biblista, chi?