Frédéric Manns (1942-2021), francescano, presbitero e biblista, è stato professore di Ermeneutica biblica ed Esegesi del Nuovo Testamento presso la Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia di Gerusalemme (Studium Biblicum Franciscanum), di cui è anche stato direttore dal 1996 al 2001. È stato uno dei massimi specialisti del rapporto tra giudaismo e cristianesimo nei primi secoli, con la pubblicazione di numerose opere di carattere scientifico e molti articoli di tenore più divulgativo.
Il volume su Saulo, pubblicato inizialmente nel 2008 e 2009, vede ora una nuova edizione, economica, che precede di otto mesi la morte del suo amatissimo autore, avvenuta il 22 dicembre 2021.
Rileviamo, per sommi capi, il contenuto dell’opera di Manns, che segue per lo più gli Atti degli Apostoli ma che si sostanzia anche dei contenuti di altri testi della tradizione cristiana ed ebraica, ma vogliamo accennare soprattutto all’intento che ha guidato l’autore nella stesura della sua opera.
Il suo scritto, steso secondo uno stile narrativo, si segue piacevolmente come un racconto che appassiona e che istruisce su usi, costumi, e molte notizie interessanti mentre presenta eventi e personaggi.
Criteri ermeneutici
Tre sono i motivi indicati da Manns all’origine di questo libro: riportare Shaul nel suo vero contesto giudaico, ricollocare la sua teologia in seno alle grandi correnti di pensiero giudeo-cristiane e rivalorizzare gli Atti degli apostoli come fonte autentica della vita di Shaul.
Saul si inserisce nel giudaismo ellenistico del I secolo d.C. e ha portato il messaggio evangelico ai popoli partendo sempre dalle sinagoghe. Egli avrà sempre l’assillo per il destino del popolo di Israele, e seguire la sua parabola di vita conduce al periodo in cui giudaismo e cristianesimo si sono separati, pur mantenendo una tradizione comune.
La sua figura si ricomprende a confronto con quella di Cefa, di Giacomo figlio di Giuseppe e di Giovanni figlio di Zebedeo. Manns segue la titolatura originale dei nomi propri dei vari personaggi e siti e segue la tradizione degli apocrifi giudeo-cristiani che presentano i fratelli di Gesù come figli di un primo matrimonio di Giuseppe. Solo più tardi Maria fu affidata a Giuseppe. Sono persone legate all’osservanza della Torah e Saulo è in disaccordo con questa pratica religiosa.
Il giudaismo del tempo era variegato. «Persecutore degli Ebrei messianici di Damasco – scrive Manns –, Shaul diventerà un ardente propagatore della fede tra i goyim. Egli annuncerà il Vangelo della croce, ma non cesserà per questo la diffidenza degli altri discepoli nei suoi confronti. La tensione è parte integrante del pluralismo cristiano delle origini. Shaul non è né l’inventore del cristianesimo, né l’inventore dell’universale, ma colui che trascende la divisione dei popoli sottolineando che Cristo risorto fa di due popoli un solo popolo di figli di Dio. Egli non è l’implacabile critico della Torah, ma colui che rilegge il suo ruolo di pedagogo all’interno di tutta la storia della salvezza» (p. 11).
Per illustrare la figura di Saulo e il suo rapporto con Kephas-Pietro, Manns dà la preferenza agli Atti degli Apostoli rispetto alle lettere paoline. (Va detto che oggi gli studiosi considerano le lettere come fonte primaria nel ricostruire la figura e il pensiero di Paolo).
Secondo Manns, Luca conosce bene Saulo ed è più distaccato di lui nel descrivere lo sviluppo della Chiesa primitiva. È affidabile nella sua opera e non ne ha tradito il messaggio.
Lo studioso parte dall’evento della Pentecoste descritta in At 2. Il suo intento però non è tanto quello di ricostruire una biografia classica di Paolo, quanto quello di illustrare il suo mondo spirituale.
Saulo-Paolo «renderà partecipi prima i Giudei, poi i goyim, della sua convinzione che Jehoshua è vivo, poiché Egli l’ha illuminato sulla via di Damasco. Dovunque, il suo messaggio proclamerà che Jehoshua e la Chiesa sono una cosa sola: il Risorto non gli aveva infatti rivelato che andando a incatenare i Giudei messianici di Damasco era Lui stesso che perseguitava? L’insegnamento di Shaul, come l’uomo stesso – prosegue Manns –, rimane comunque irriducibile. Più che l’annuncio di un’identità nuova, Shaul propone la revoca di qualsiasi identità: “Non c’è più Giudeo né goy; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna”. La triplice dialettica trova la propria sintesi nel Cristo vivente» (p. 12).
Kephas-Pietro porterà l’evangelo agli ebrei, Shaul-Paolo ai goyim-pagani. È un’impresa con due colonne e la Chiesa celebra in un’unica festa il loro martirio, ricordando la fondazione della comunità di Roma.
L’opera di Manns si inscrive nel nuovo clima di dialogo ebraico-cristiano. Dagli ebrei Saulo-Paolo è ritenuto un traditore. Allievo di Gamaliele e profondo conoscitore delle tecniche delle letture midrashiche, egli ritorce gli argomenti contro la Torah, riducendola a pedagogo. Saulo-Paolo è grande perché ha saputo acculturare il messaggio cristiano nel mondo pagano.
Saulo-Paolo è stato un grande viaggiatore e ha percorso migliaia di chilometri per terra e per mare, fra scomodità molto grandi. A lui però premeva soprattutto abbattere la distanza spirituale e il muro divisorio che allontanava ebrei e discepoli di Gesù, rendendoli estranei fra di loro. Per fare questo, Saulo-Paolo ha affrontato disagi e pericoli innumerevoli, distanze fisiche e spirituali. È stato l’apostolo delle genti, ma con il cuore sempre abitato dall’amore per i suoi antichi correligionari.
Struttura del testo
Con stile narrativo, dopo l’Introduzione, Manns descrive la lezione di Talmud, Shavuot e il pellegrinaggio degli ebrei della diaspora, la presenza di Kephas e Johanan al Tempio, la figura di Rabban Gamaliel, un saggio formatosi alla Torah.
Si sofferma quindi a illustrare la frazione del pane, un rito antico e nuovo, e la figura di Stephanos, un ellenista contestatore. Jacob ben Joseph, invece, è un giusto fedele alla Torah (chiamato «Giacomo il Giusto»), figlio maggiore di Giuseppe nel primo matrimonio.
L’illuminazione sulla via di Damasco
L’autore giunge così al momento cruciale dell’illuminazione sulla via di Damasco. Questa è la sua titolatura impiegata per descrivere l’evento di Damasco e il reset che questo fatto ha comportato nella vita spirituale e umana di Shaul-Paolo. Un capitolo molto interessante, da leggere con attenzione (pp. 79-93).
Manns fonde i tre racconti di At 9, At 26 («il pungolo») e At 22 («Che cosa vuoi che io faccia?»). A Saulo è dato un cammello, ma egli cammina a piedi… Nessun cavallo…
Dopo l’illuminazione, a Damasco, Saulo «confondeva i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù era il Messia. Per di più, citava loro la versione sinagogale della Scrittura che affermava che quando il Re Messia si sarebbe manifestato tutti i popoli, lingue e nazioni l’avrebbero confessato, come attesta il libro di Samuele [Manns cita 2Sam 22,32]. Tutti i re della terra obbediranno al discendente di Jesse, e sarà un segno per le nazioni, secondo il profeta Isaia [Manns cita Is 11,10]» (p. 86).
Nel deserto di Petra medita nella notte e all’alba. Decide di non dire più la preghiera mattutina con cui l’ebreo ringraziava YHWH di essere stato creato giudeo e non goy, uomo, uomo libero e non schiavo, uomo e non donna… Tutti ora sono una cosa sola nel Messia risorto, in Gesù che era venuto a portare non divisione ma l’unità. Saulo si mise in cammino verso il Sinai.
«Gamaliel ripeteva che sul Sinai non solamente era stata data la Torah, ma che vi erano celate tutte le profezie e le visioni del futuro. È là che Shaul attendeva la visita dello Spirito di Dio. È là che desiderava con tutto sé stesso rivedere Jehoshua e rivolgergli tante domande. Non era forse il nuovo Mosè, che aveva dato la Torah definitiva? Shaul riprese il cammino» (pp. 88-89).
Al Sinai egli non sente alcuna voce, ma legge le Dieci Parole e, alla quinta, decide che non ucciderà più i discepoli di Gesù ma anzi che diventerà uno di loro, perseguitato dai sadducei. Al Sinai capisce di essere figlio non della schiava ma della donna libera (cf. Gal 4,21-31)…
Nel ritorno a Damasco medita e rivive l’esodo… A contatto con Anania comprende che Gesù è Figlio di Dio e non solo Messia di Israele. È il salvatore del mondo. E lo predica a Damasco, prima di fuggire a Gerusalemme e incontrare Kephas-Pietro, che resta sbalordito alle parole del “nuovo” Saulo, vecchio persecutore. La via che aspetta Saulo per ora è rifugiarsi a Tarso. Anche i goyim devono ricevere il vangelo di Gesù, il Redentore…
Dopo Damasco…
Manns descrive quindi Edom (= i romani) e gli ebrei – in pratica, le persone e le vicende riguardanti Caligola, Claudio ed Erode Agrippa.
Illustra l’attività missionaria di Pietro sul litorale della Giudea, Kaisarea Maritima, la nuova capitale da poco inaugurata con i suoi magnifici edifici (fra cui il palazzo del governatore e il tempio di Augusto) e il nuovo porto, la conversione del centurione Cornelio.
Un capitolo a sé riguarda la visita regale (o una parusìa) di Elena, regina di Abiadene, nella città santa. Era una convertita al giudaismo. È l’occasione per Manns di parlare del tempio e delle solenni feste ebraiche del mese di Tishri.
Si susseguono quindi la Passione di Kephas-Pietro in carcere (con citazione del Romanzo di Mosè di Artapano) e la sua liberazione pasquale. «La liberazione di Kephas annunciava profeticamente l’estensione dell’alleanza ai goyim. Tra il battesimo della casa di Cornelio a Kaisarea e la missione organizzata ad Antiokos, l’apertura della porta della prigione divenne un simbolo dell’apertura del Vangelo ai goyim: essa spalancava la porta alla missione di Bar Naba e di Shaul» (p. 128).
Il racconto prosegue con Shaul di ritorno a Tarso (e la sua accademia stoica), il suo recupero ad opera di Barnaba e l’illustrazione di Antiokos-Antiochia di Siria (o Antiochia sull’Oronte) come la comunità di riferimento delle missioni di Saulo. Egli iniziò con Cipro e alcune regioni dell’Asia Minore. Saulo cambia il nome in Paolo.
In tutti questi passaggi Manns ricostruisce le problematiche spirituali e teologiche che affollavano il cuore di Paolo (giustificazione per fede, conciliazione del pensiero di Gesù col monoteismo giudaico, l’elezione di Israele e il mistero della sua incredulità ecc.). Paolo si arrovellava: «Dio ha ripudiato il suo popolo? Impossibile. Ma, a causa della sua caduta, la salvezza è giunta ai goyim. Dopo aver fatto misericordia ai pagani, Dio farà misericordia a Israele. Paolo ritrovava la pace: egli non aveva tradito né il suo popolo né la sua fede» (p. 151).
Manns ricostruisce il pensiero di Paolo in modo essenziale: fede in Gesù Figlio di Dio, che giustifica per la fede che agisce nella carità. «Fiducia nella parola del Messia, la fede comportava il pentimento degli errori e il proposito di cambiare la propria vita. Era la morte dell’uomo vecchio che doveva fare posto all’uomo nuovo. Il gesto decisivo della fede, con tutto ciò che essa comportava, germogliava nella domanda del battesimo e in una radicale conversione che faceva del cristiano una creatura nuova. Il ritorno alla Scrittura illuminata dal Messia si imponeva» (p. 152).
Dall’Anatolia a Gerusalemme
In un flashback notturno di Paolo, viene descritta l’Anatolia (con le aspre solitudini, l’immenso lago di Egridir, Antiochia di Pisidia con l’importante predica sinagogale missionaria, Iconio, Listra, Derbe).
Arriva il tempo decisivo dell’assemblea di Gerusalemme, con una svolta importante per quanto riguarda il rapporto dei pagani convertiti al vangelo (i cosiddetti etnico-cristiani) con il mondo dei giudeo-cristiani.
Si decide che la circoncisione e tutte le leggi di Mosè non sono necessarie per la salvezza per i goym venuti alla fede.
Quattro regole noachidi da osservare permetteranno la comunione a tavola fra le due anime dei discepoli di Gesù, i giudeo-cristiani e gli etnico-cristiani. «La Chiesa aveva tagliato il cordone ombelicale che la collegavano al giudaismo» (p. 167). Commenta Manns: «L’autore siriano dell’insegnamento degli apostoli, la Didachê, riassumerà il messaggio dell’assemblea di Gerusalemme: “Se puoi portare tutto quanto il giogo del Signore, sarai perfetto. Altrimenti fai quello che ti è possibile. Quanto agli alimenti, prendi su di te ciò che puoi portare, ma astieniti dalle carni sacrificate agli idoli: è un culto degli dèi morti”» (ivi).
Paolo poteva riprendere la via della missione in Asia Minore. Manns riserva a questo punto un’attenzione particolare ad Atene, la città dei sapienti greci, e a Corinto, la città dai due porti.
Da Antiochia ripartì per il terzo viaggio missionario, con al centro Efeso (e il magnifico tempio dell’Artemision). Manns approfitta di questo lungo soggiorno di Paolo a Efeso per accennare ai contenuti delle lettere ai galati, ai filippesi e ai corinzi.
Concluso il viaggio, Paolo viene arrestato a Gerusalemme. È l’occasione per presentare il contenuto della Lettera ai Romani: la giustificazione per fede, l’elezione per grazia, la promessa partecipata ai goym, l’integrazione già iniziata di Israele per ora non credente in Gesù nella sua salvezza. Quando tutti i goym avranno creduto, allora tutto Israele sarà salvato. Il Redentore annunciato dai profeti è già venuto e il ritorno di Israele già iniziato. La Torah mostra il peccato, la grazia sovrabbonda tramite la morte di Gesù.
Il viaggio verso Roma gli fece ripensare a tutta la sua vita e alla salvezza portata da Gesù con la sua croce e risurrezione. «Accettare la fede in Cristo era morire della morte di Cristo in croce per risuscitare con lui» (pp. 184-185). «Il cristiano è ora liberato dal suo legame con la Torah giudaica. Egli è sotto l’azione della grazia. L’affrancamento dalla Torah era una conseguenza del suo incontro con il Vivente, sulla via di Damasco» (p. 185). «La promessa fatta ad Abramo non riguarda quindi che uno solo: il Messia» (p. 186).
Verso Roma… Johanan ed Efeso
Il viaggio in nave verso Roma – dove risiedeva l’imperatore a cui Paolo aveva fatto appello in qualità di cittadino romano – offre lo spunto a Manns di riportare alcune meditazioni notturne di Paolo e ripercorre tutta la sua vita, l’insegnamento vario della tradizione ebraica sui proseliti e le richieste fatte a loro per la conversione, il rapporto tra Israele e i goyim.
«Israele e i goyim. Sì, Jehoshua aveva ragione di dire: Un Padre aveva due figli… Bisognava avere il coraggio di trarne tutte le conseguenze. E poi c’era stato quell’incontro inatteso sulla via di Damasco, ove aveva compreso che il Risorto e la Chiesa sono tutt’uno» (p. 190).
E il ricordo di tutti i viaggi e le persone incontrate. «Tutti questi ricordi gli rammentavano che l’unico comandamento che rimaneva valido era quello dell’amore: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. L’amore è il compimento della Torah» (ivi).
Il penultimo capitolo è riservato a Johanan-Giovanni ad Efeso: la preghiera e la missione, il rapporto con Myriam-Maria e il Vangelo del Rivelatore, il Verbo incarnato. In lui si compiono le Scritture. Sul Calvario si sono compiute le nozze. E a queste sono invitati Israele e i goyim. L’universalità del Logos fatto carne avvinghiava l’animo di Johanan-Giovanni. Anche lui voleva essere missionario ed Efeso gli parve un ottimo luogo per approfondire l’insegnamento già offerto da altri apostoli.
A Efeso, Manns immagina anche l’incontro di Lukas-Luca con Maria, nella sua ricerca sugli anni dell’infanzia di Gesù. Manns fa ritornare Maria a Gerusalemme dopo un anno di permanenza a Efeso. Lì incontra Matai, discepolo che aveva accompagnato Gesù in Galilea. Anche lui voleva raccogliere le parole e i gesti di Gesù, compimento delle Scritture di Israele.
Manns conclude la sua fatica con la descrizione di Roma, la nuova Babilonia, le figure di Seneca, Nerone e il culto imperiale, le innumerevoli divinità venerate in molteplici culti.
Roma era un mosaico culturale ed etnico. Vi regnava un clima di universalismo. Una comunità ebraica numerosa si era insediata al di là del Tevere e sulla Via Appia e il giudaismo aveva esercitato un fascino immenso su Roma.
Manns immagina il dialogo tra Paolo e Seneca e ricostruisce i tragici giorni dell’incendio di Roma e delle sue conseguenze, con la colpa addossata ai cristiani. Dedica alcune pagine alla figura di Kephas-Pietro e alla sua lettera ai Romani. Pietro e Paolo si incontrano e si abbracciano. Li attenderà il martirio.
«L’apostolo dei Gentili non aveva rinnegato il suo giudaismo. La spada di Edom era stata più forte del braccio di Jacob. In realtà, lo Spirito di Dio aveva già vinto il potere di Edom. Shaul, il primo re di Israele, sotto la cui protezione l’avevano posto i genitori, aveva conosciuto una fine tragica. Shaul di Tarso, il portatore del kerygma che annunciava la salvezza di goyim, fu consacrato dal martirio. Il suo sangue divenne seme di una cristianità numerosa. Il seme gettato nella terra diede un raccolto abbondante. Kephas e Paolo avevano corso nello stadio di Cristo ed avevano entrambi conseguito la vittoria. L’opera di riconciliazione delle due colonne era stata sigillata nel loro sangue» (pp. 216-217).
La postfazione precede un utile glossario dei termini ebraici, aramaici e greci ricorrenti nel testo.
A p. 63 r. -5 dal fondo leggasi «Greci» e non «Ebrei».
Tutti i discepoli di Gesù (e anche gli ebrei) devono essere riconoscenti a p. Manns per la sua opera instancabile di studio, di predicazione e di facilitazione del dialogo ebraico-cristiano. Egli ha messo in luce le radici ebraiche del cristianesimo, che sono irrinunciabili.
Caratterizzato da un linguaggio semplice e narrativo, il volume è godibile da una vasta platea di lettori.
Frédéric Manns, Vita di Saulo, Edizioni Terra Santa, Milano 2021, pp. 224, € 12,00, ISBN 978-88-6240-908-7.