A oltre quarant’anni dalla prima edizione della raccolta curata da Lorenzo Bedeschi sotto il titolo Obbedientissimo in Cristo, e quale anticipo della prossima pubblicazione dell’intero carteggio (Un’obbedienza in piedi) fra don Primo Mazzolari e i suoi vescovi di Cremona (Geremia Bonomelli, Giovanni Cazzani, Danio Bolognini), don Bruno Bignami, presidente della Fondazione Mazzolari, ha mandato in libreria, alla vigilia della visita di papa Francesco a Bozzolo, una scelta di dieci lettere inedite di don Primo al vescovo (1914-1952, da11944 arcivescovo) Cazzani, di cui ricorre, il 26 agosto, il sessantacinquesimo anniversario della morte e del quale, parallelamente a quella per don Mazzolari, è stata introdotta la causa di beatificazione.
Il libretto di 126 pagine, pubblicato dalle Edizioni Dehoniane di Bologna e intitolato con un’espressione mazzolariana (La carità è sempre un po’ eccessiva) reca la prefazione del vescovo di Foligno Gualtiero Sigismondi e consente di ripercorrere, attraverso l’epistolario, le principali tappe dell’avventura umana e cristiana del celebre parroco cremonese.
Fin dalla prima lettera pubblicata, quella del 4 gennaio 1917 dal Seminario di Cremona, mentre don Primo è in servizio nella Sanità militare, emergono la libertà interiore e lo spirito critico del discepolo di Bonomelli rispetto a coloro che «abituati a un pacifico e poco costoso possesso della verità… non comprendono chi pur possedendo cerca ed esprime talora in una maniera diversa da quella imparata lo stesso convincimento, oppure reclama il diritto di servirsi della propria libertà dove l’uso di essa non offenda nessun diritto consacrato dalla fede o sancito dall’autorità». Sul finire dei suoi anni ribadirà con nettezza: «Posso tacere, per disciplina, le mie libere opinioni, non potrò mai parlare contro i miei convincimenti» (3 maggio 1951). Sottolinea don Bignami nell’introduzione che, rientrato dalla drammatica e mai dimenticata esperienza come cappellano nella Prima guerra mondiale, don Mazzolari domandò e ottenne dal vescovo Cazzani «di non finire di nuovo dietro a una scrivania o in cattedra nel seminario, ma in parrocchia, tra la gente».
Dopo l’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale, il 28 febbraio 1941, Mazzolari, in una lettera al vescovo si offrirà di nuovo come cappellano militare: «Ho cinquant’anni, ma sto bene come se ne avessi trenta. Odio la guerra, ma ho trecento ragazzi in guerra e altri stanno per partire. Bozzolo non ha bisogno di me. Chi resta ha meno bisogno di chi parte». Non sarà esaudito. La sua dimensione privilegiata restava la parrocchia. Fu a Cicognara dal 1922, a Bozzolo, definitivamente, dal 1932 (vi era già stato nel 1920 come amministratore alla SS. Trinità). E può sorprendere l’estrema franchezza, mai disgiunta dall’affetto e dall’obbedienza ancorché sofferta, con la quale don Primo replicava alle osservazioni e ai rimproveri che il suo vescovo, ora liberamente, ora «traducendo» direttive dei superiori (dal cardinale Schuster di Milano alla Santa Sede), gli indirizzava.
Quando ad esempio nel 1938 usci il volume I lontani con il quale Mazzolari aveva inteso addentrarsi, non senza difficoltà, «nell’anima e nel cuore moderno», e monsignor Cazzani, dopo averlo letto, lo invitava «a discendere un po’ al pratico e al concreto», don Primo rispondeva (5 agosto) che per lui «la pratica è fare l’animo dell’apostolo» mentre «purtroppo, oggi, ha preso piede un concetto di “pratica” non spirituale, con danno immenso dell’iniziativa e spontaneità personale». Ancor più, meno di un anno dopo, il parroco di Bozzolo prenderà le distanze dall’omelia pronunciata da Cazzani nella cattedrale di Cremona per l’Epifania 1939, che si era prestata ad essere strumentalizzata in senso anti-ebraico (due mesi prima erano state varate le leggi razziali) dal giornale Il Regime fascista di Roberto Farinacci. Proprio nella lettera del 14 gennaio 1939 Mazzolari, riferendosi alla coraggiosa auto definizione di papa Pio XI («spiritualmente semita») osservava: «Sono posizioni eccessive, lo riconosco, ma la carità è sempre un po’ eccessiva. Dove abbonda l’odio, sovrabbondi la carità».
Ritroviamo nelle lettere mazzolariane al suo vescovo, e in attesa di leggere anche le risposte di monsignor Cazzani, gli anni della Grande guerra e dell’immediato dopoguerra in Alta Slesia; la prima esperienza parrocchiale a Cicognara e quella di Bozzolo; i rapporti con le gerarchie ecclesiastiche e la condanna di alcune opere mazzolariane; il Mazzolari «politico» nei suoi reali rapporti con il fascismo e l‘antifascismo, con il comunismo e con la Democrazia cristiana; le critiche agli eccessi di burocrazia e di clericalismo nella Chiesa che possono distogliere dall’attenzione ai poveri: «Sta bene provvedere attraverso la carità della “plebe cristiana” alla povertà del sacerdote (…): ma non è più urgente provvedere alla fame della nostra gente? I segni li porta già in volto e l’inverno, che non ha né pane né legna, ve li fisserà paurosamente» (16 ottobre 1941).
Il testo ci offre un saggio delle tribolazioni morali che gli giungevano dalle autorità ecclesiastiche e che accompagnarono, ancora negli ultimi anni, il parroco di Bozzolo, soprattutto riguardo alla sua attività di scrittore e alla sua predicazione, fino alla famosa e «liberante» udienza privata concessagli, quasi alla vigilia della morte, dal nuovo papa Giovanni XXIII il 5 febbraio 1959.
Riprendiamo la recensione firmata da Gianpiero Goffi al volume di don Primo Mazzolari, La carità è sempre un po’ eccessiva. Con dieci lettere inedite al vescovo Giovanni Cazzani, a cura di Bruno Bignami, Prefazione di Gualtiero Sigismondi, EDB, Bologna 2017, pubblicata sul quotidiano La Provincia di Cremona lo scorso 18 agosto 2017 (p. 52).