Originaria del 2013, quest’opera ponderosa viene da uno studioso americano, certamente molto esperto in studi biblici e storici, oltre che abilissimo comunicatore anche per non specialisti. In sostanza si tratta di un’introduzione abbastanza ampia a tutti i libri del NT, alla loro origine, al loro valore letterario e storico, al loro messaggio.
In particolare, l’autore studia i Vangeli (eterno problema molto intrigante), a partire dalla questione della loro origine e del loro rapporto con il Gesù della storia. Egli effettua questa ricerca soprattutto e innanzitutto alla luce delle probabili tradizioni orali precedenti, collocate abilmente nel loro contesto specialmente greco-romano, pur senza ignorare quello giudaico antico.
In questa ricerca, ovviamente, abbondano ipotesi e contro ipotesi, ben note anche all’autore. Ne può derivare, almeno per i non esperti, un senso di disagio, di perplessità, di dubbi circa il valore storico – o anche storico – dei quattro Vangeli.
A nostro parere, sarebbe meglio sfruttare i pur pochi segni di tradizioni preevangeliche già scritte (ad esempio, nelle lettere paoline) e innanzitutto ricordare che, pur variegate, quelle tradizioni prima orali e poi scritte sono comunque scaturite da un «maledetto» ebreo crocifisso, proclamato da altri ebrei risorto, Signore, Figlio di Dio, salvatore anche più della divina Torah. Su questo fondamentale punto l’autore tace a lungo, prendendone atto e valorizzandolo solo dopo molte pagine. A nostro parere sarebbe meglio cambiare percorso (come, ad esempio, abbiamo fatto nel nostro volume Credere ai Vangeli? Perché?, Elledici); così anche il lettore avrebbe una buona e valida àncora nel mare magnum delle ipotesi.
Non condividiamo nemmeno la datazione dei Vangeli: tra il 65 e il 95. È infatti forte l’impressione, in tutti e quattro, che Gerusalemme e le strutture giudaiche siano ancora in piedi. E ciò vale anche per quasi tutto il resto del NT.
Altro motivo di dissenso: l’eccessiva enfasi sull’attesa apocalittica (un imminente o vicino regno di Dio e di Israele e della Chiesa) condivisa e mantenuta sia da Gesù sia da san Paolo. In parte l’autore ha delle ragioni, ma ignora troppo anche l’aspetto e il valore del «già», delle realtà già nuove gesuane e paoline, ben chiare anche nei Vangeli, accanto a quelle del «non ancora».
Anche per altre questioni l’autore potrebbe sfruttare pure il metodo dell’«e… e» accanto o al posto di quello dell’«o… o».
Con queste riserve possiamo tutti ascoltare e servirci di questo volumone, se non altro per la sua abilità nell’illustrare il contesto religioso-sociale-politico-culturale in cui è sorto il NT.
Bart D. Ehrman, Il Nuovo Testamento. Un’introduzione, Carocci, Roma 2015, pp. 568, € 35,00.